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Pescatori di uomini 05/05/2019

PESCATORI DI UOMINI

5 Maggio 2019

Il tempo di Pasqua è segnato dalle apparizioni del Risorto. Gesù si presenta agli apostoli più volte. Mentre essi ancora dubitano e sembrano voler tornare sui loro passi Gesù continua a cercarli e ad indurli a credere.
Gli apostoli sono tornati a casa loro e hanno ripreso il loro mestiere di pescatori. Ma il lavoro di pescatori non sembra più fatto per loro; sono svogliati, delusi e non pescano nulla. Viene in soccorso un personaggio misterioso che li invita a fidarsi e a gettare, anche questa volta, la rete dalla parte destra della barca. Solo dopo il miracolo della pesca miracolosa Gesù viene riconosciuto.
La pesca è straordinaria: 153 grossi pesci. Il numero è simbolico e assume un significato universale: Pietro e gli apostoli sono destinati a essere ovunque pescatori di uomini.
E’ proprio strano questo Gesù che decide di chiamare i suoi apostoli, di istruirli, di farli crescere nella fede, di metterli alla prova per poi tornare in mezzo a loro. E’ l’immagine del Pastore che si prende cura delle sue pecore, sempre, sino alla fine.
Dopo la pesca Gesù si ferma sulla spiaggia per mangiare con gli apostoli un po’ di pane e un po’ del pesce appena pescato. Vi è silenzio e Gesù si rivolge a Pietro dicendo: “Mi ami tu più di costoro?” (Gv 21,15).
Siamo certi che Gesù fa la stessa richiesta a ciascuno di noi.
Quando Gesù interroga Pietro, interroga anche me: Sì, Signore, tu lo sai che ti voglio bene, non oso dire che ti amo, però, come Pietro, voglio esserti amico. Avrò la forza, con te vicino, di essere pastore del mio piccolo gregge composto dai familiari, amici, vicini ….
Spesso abbiamo difficoltà a cambiare e ci ritroviamo a pescare sempre dalla stessa parte della barca. Amare Gesù, seguire Gesù, testimoniare Gesù, come è stato per Pietro, significa vivere la nostra vita con amore ogni giorno e metterci in cammino sulla strada che Lui ci indicherà.

Credere è lasciarsi sorprendere 28/04/2019

CREDERE E’ LASCIARSI SORPRENDERE

28 Aprile 2019

         Oggi è la domenica della Divina Misericordia di Dio.
L’iniziativa è di San Giovanni Paolo II che ha accolto il desiderio di Gesù, apparso nel 1931 in una visione privata ad una suora polacca, oggi santa, suor Faustina Kowalska. Gesù stesso chiese l’istituzione della festa.
Gesù dona il suo perdono agli apostoli e chiede loro di esercitare il ministero del perdono nella comunità cristiana.
Oggi incontriamo gli apostoli smarriti, confusi, pieni di paura. Le porte dove si trovano sono chiuse. Temono di fare la stessa fine del loro maestro.
Gesù si presenta a loro, mostra le mani, i piedi, il costato trafitti e ridona loro la fiducia.
Agli apostoli dice:Perché siete turbati e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi, sono proprio io! Toccatemi e guardate”. Chissà quali sentimenti avranno provato gli apostoli che avevano visto Gesù crocifisso, morto e sepolto. Ora lo incontrano di nuovo, lo toccano con le loro mani, mangiano e bevono con lui! A questi apostoli, poco affidabili, Gesù varcando le soglie chiuse dei loro cuori, offre il saluto della pace, che è riconciliazione e perdono.
Gesù afferma che l’autentico privilegio consiste nel non aver presenziato all’evento della risurrezione e, ciononostante, nel decidere di credere.
E’ anche la domenica di Tommaso, l’apostolo che più rappresenta l’uomo moderno, sempre alla ricerca di prove convincenti.
Tommaso volle toccare, ma poi di fatto non toccò, seppe arrestarsi e cadde in ginocchio dicendo: “Mio Signore e mio Dio”.
Di fronte a Dio che si manifesta, si può reagire in modi diversi. C’è Tommaso che poi lo testimonierà. Ma ci sono anche quelli che, come i discepoli di Emmaus, non si sentono abbastanza convinti e preferiscono fuggire.
Tommaso diventa figura della incomprensione e della necessità di una verifica che aiuti la fede. Siamo lontani dal condannare Tommaso per tale atteggiamento; dobbiamo piuttosto riconoscerlo quale fratello nel dubbio.
Lui vuole vedere e toccare, ha una fede critica ed esigente.
Anche noi vogliamo toccare.
Tommaso viene esortato ad essere fiducioso e non diffidente.
E’ un appello rivolto a tutti noi.

Gesù è Risorto 21/04/2019

GESU’ E’ RISORTO !

21 Aprile 2019

E’ Pasqua, domenica delle domeniche. Cessano i colori quaresimali e la liturgia si veste a festa. Fin dalle origini la risurrezione rappresenta il cuore della fede cristiana. “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” (1 Cor 15,14) dice Paolo.
Gesù nella sua vita “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo… ha amato con cuore d’uomo.. si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi, fuorchè nel peccato”. (Gaudium et Spes,22).
Ha provato la stanchezza, la fame e la sete, è stato sottoposto a terribili torture, crocifisso come uno schiavo. Infine è morto ed è stato sepolto come ogni uomo. Gli apostoli lo hanno rivisto vivo dopo la crocifissione e la sua morte in croce. Questo fatto i cristiani lo ripetono da oltre venti secoli.
E’ la fede della Chiesa.
Dopo averlo rivisto gli apostoli tornano a Gerusalemme e per parlare di lui apertamente “rischiano la pelle”. Qualcosa è dunque cambiato perché quando Gesù fu arrestato tutti vigliaccamente lo abbandonarono.
Gli apostoli non si sono dimostrati facili a credere, Tommaso non crederà, Paolo lo incontrerà sulla via di Damasco. Tristi divennero felici. Paurosi, furono presi per mano dal coraggio. Delusi, divennero profeti di speranza.
La nostra fede si regge sulla risurrezione.
E noi crediamo alla risurrezione di Gesù? Celebrare la pasqua ci deve ricordare che dobbiamo impegnarci ogni giorno a cercare le “cose di lassù”.
Commenta il Cardinale Martini: Quando Gesù diceva, alla fine del Vangelo di Matteo: “ Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” intendeva questa presenza di risorto, questa forza di Dio operante in Gesù che ciascuno può sentire dentro di sé, purchè apra gli occhi del cuore
Ogni uomo, ogni uomo di questa terra può vedere il Risorto, se acconsente a cercarlo e a lasciarsi cercare.
Credere è il salto più difficile, ma anche il più bello di tutta la vita.
Qualunque sia il venerdì santo, di passione, che stiamo attraversando nella nostra vita, viviamo la speranza. Oggi Cristo è risorto !
                                            BUONA PASQUA

Fate questo in memoria di me 14/04/2019

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME

14 Aprile 2017

Da cinque settimane ci prepariamo alla Pasqua. Sono stati giorni scivolati veloci che non hanno lasciato una traccia nella nostra vita?
Ci rimane l’ultima settimana, la “settimana santa”, quella che ci farà rivivere i momenti più drammatici della vita di Gesù, momenti umani e tragici che non mancano ancor oggi di emozionarci.
All’inizio del Vangelo odierno, che va sotto il nome di Passione di Cristo, Gesù, giunto solennemente a Gerusalemme, capisce che la minaccia che viene dai potenti e dai sacerdoti è concreta e che il pericolo è imminente.
E’ il momento di sconforto e di disorientamento per Gesù e per tutti coloro che lo hanno seguito: c’è chi non ha capito, chi si perde in chiacchiere su chi sia il più grande tra loro, chi ha paura, chi usa la spada, chi è pronto ad andarsene. E’ il momento in cui Gesù fa la sintesi di una vita.
In questo momento difficile, di fronte alla paura e alla violenza del potere, Gesù, in pochi gesti e in poche parole, sembra dire ai suoi: “Ciò che davvero conta, ciò che potete fare se davvero mi faranno fuori e se volete proseguire la mia opera è vivere insieme da fratelli, è affrontare le difficoltà senza escludere nessuno, è condividere il pane e il vino, è condividere ogni aspetto della vita.”
I gesti sono quelli del mangiare insieme a tavola e le parole sono:
Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Queste parole significano vivere senza che vi siano né padroni né servi, dove non ci sia chi ha troppo e chi non ha nulla, dove non ci sia chi mangia e chi rimane senza, dove non ci sia chi guadagna una fortuna e chi non ha lavoro. Oggi non possiamo celebrare la cena di Gesù senza stare dalla parte di tutti coloro che sono soli, nel dolore, malati, che fuggono dalla guerra in cerca di pane, lavoro, diritti e dignità.
Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, raccontano le sofferenze di Cristo. Nessuno, prima di Cristo, aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli, tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, Ebrei e non Ebrei, neri e bianchi… Questo dice il crocifisso”

(Natalia Ginzburg)

Il perdono 07/04/2019

IL PERDONO

7 Aprile 2019

Al centro di questa domenica vi è l’episodio della donna adultera che molti uomini vorrebbero lapidare in nome della legge. Essi sono venuti insieme, in branco, e si sentono forti. Del resto una donna è, da sempre, il bersaglio più facile da deridere, colpire, annullare. E’ chiaro vedere un tentativo per incastrare Gesù ed accusarlo.
Le parole rivolte a Gesù, “Tu che ne dici?” sono una trappola. Si cerca di inchiodare Gesù, il profeta scomodo. Se, infatti, Gesù condannasse la donna tradirebbe le sue parole sulla misericordia, se non lo facesse andrebbe contro la legge. Gesù sceglie di abbassarsi: sta con i piedi per terra per affrontare il problema, lo guarda dal basso e riesce a conciliare giustizia, verità e misericordia con un gesto silenzioso e una domanda.
Non scrive né verdetti, né decreti, non vuole regole fisse ma incrocia lo sguardo di tutti i presenti indicando alla donna un cammino: “Và … e non peccare più”. Non condanna, restituisce fiducia, rimette in moto la vita.
Ai presenti Gesù propone di riflettere sulla propria coscienza, sul perché di quella condanna, sulla responsabilità delle azioni. A chi si aspettava il segnale della lapidazione Gesù propone una domanda alternativa: Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra. Sono parole che hanno richiesto una buona dose di coraggio e tanta semplicità per non cadere nella trappola.
Evidentemente gli uomini che volevano lapidare la donna non erano a posto con la loro coscienza e le parole di Gesù non lasciano scampo.
Li costringe, in questo modo, a diventare umani, a riflettere su se stessi, a riconoscere il loro peccato. Essi si allontanano, tutti, “cominciando dai più anziani”. Gesù resta così solo con quella adultera. La chiama “donna” come aveva chiamato sua madre Maria.
Qualcuno ha scritto che i peccati Dio li scrive sulla sabbia e basta un’ondata di pentimento per cancellare tutto. Così avviene per la donna umiliata.
In ogni tempo, anche ai giorni nostri, c’è chi lancia giudizi con severità per chi commette adulterio o qualsiasi altra debolezza. Oggi non si tirano le pietre ma la critica è forte, la maldicenza, l’emarginazione, la mancanza si umanità e il rigore sono diffusi.
Oggi Gesù ci insegna a perdonare: Il figlio, il coniuge, il fratello, l’amico.
Perdonare è amare, dare una mano, aiutare a correggere, capire… carezzare con misericordia. Ogni persona può cambiare, diventare nuova.

Le braccia aperte del Padre 31/03/2019

LE BRACCIA APERTE DEL PADRE

31 Marzo 2019

In questa pagina odierna del Vangelo leggiamo di un padre che aveva due figli. Nessuno dei due era degno di essere chiamato figlio.
Il padre, al centro della parabola, nominato ben quattordici volte, è solo padre. E’ padre prodigo perché si dimostra molto generoso. Dà tutto sin dall’inizio e, alla fine, offre un banchetto.
Quando il figlio minore vuole andarsene si fida di lui, non cerca di contrastarlo, di ragionarci, di trattenerlo. Permette a suo figlio una nuova nascita. Questo figlio potrebbe aver avuto il desiderio di maturare, di respirare aria di libertà, di sentirsi responsabile, di non voler più dipendere dal padre e dalle sue attenzioni soffocanti…Ben presto la vita gli presenta il conto; sperpera tutto. Quando il padre vede suo figlio tornare, corre incontro a lui, non lo giudica, non gli lascia tanto tempo per accusarsi. Aveva sperato ogni giorno nel suo ritorno!
Svelti” disse ai servi, “Portate il vestito più bello e rivestitelo. Mettetegli un anello al dito e calzari ai piedi”.
Il figlio maggiore non ha mai affrontato il padre. E’ un bravo figlio, sottomesso, senza storia. E’ tristemente fedele, è rimasto vicino a suo padre senza essere veramente con lui. Quando scopre che suo fratello è tornato e si fa festa in suo onore è troppo. Si arrabbia e non vuole partecipare. Getta la maschera, inizia una nuova vita quando il padre gli dice: Tu, figlio mio, sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”.
La parabola non ci dice cosa ha fatto il figlio maggiore. E’ entrato nella sala del banchetto per incontrare il fratello e festeggiare con tutti? Oppure è testardo nel suo rifiuto? Noi non lo sappiamo. E non importa. Essenziale è sapere com’è il nostro comportamento. Siamo come il figlio maggiore?
Siamo servitori fedeli, sottomessi? Forse non ci siamo mai chiesti se siamo felici. Possiamo sempre, come ha fatto il figlio spendaccione, decidere di tornare a casa sapendo che, da lontano, nostro padre ci vedrà e ci verrà incontro.
Se invece ci consideriamo come il figlio maggiore forse è giunto il momento di cambiare vita, di gustare una nuova vita, di amare nostro padre non come un padre padrone ma come un padre affettuoso che vuole il nostro bene.
E’ proprio per questo che la Chiesa, da qualche anno, ha deciso di chiamare questo Padre con il titolo di Padre Misericordioso, un padre che ci accoglie a braccia aperte ogni volta che decidiamo di ritornare da Lui.

L’infinita pazienza di Dio 24/03/2019

L’INFINITA PAZIENZA DI DIO

24 Marzo 2019

Oggi, giunti alla terza settimana, siamo invitati a domandarci se abbiamo iniziato quel cammino di conversione a cui siamo chiamati in questo tempo Quaresimale.
L’Evangelista Luca ci narra due eventi tragici: quella dei Galilei che Pilato aveva massacrato e quello delle 18 persone uccise dalla caduta della torre di Siloe. Immaginiamo le reazioni: perché? Perché loro e non noi? Erano lì nel momento sbagliato? Nel posto sbagliato? Si meritavano questa terribile punizione? Gesù risponde chiaramente “No”. Non pensate che quei Galilei fossero peggiori di voi, più colpevoli di voi. E non sono stati puniti da Dio.
Gesù rivela il vero volto di Dio: quello del bene, quello che si prende cura degli altri, che guarisce le nostre ferite per farci vivere, liberi, responsabili, creativi… Gesù conclude dicendo: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,5).
Oggi ci rendiamo conto che moriremo tutti se continueremo a depredare e maltrattare il pianeta come stiamo facendo oggi. Se continueremo a produrre tanta anidride carbonica, ad inquinare i mari, ad avvelenare i fiumi con i nostri rifiuti… andremo incontro al disastro e moriremo tutti.
Oggi, quando accadono disastri, cicloni, tempeste, inondazioni… non dubitiamo più di Dio. Quello che accade riguarda noi che siamo responsabili per il pianeta e il suo futuro.
Oggi è urgente cambiare la nostra vita, mettere l’essere umano prima del profitto, la sicurezza davanti ai nostri interessi. Il poco che possiamo fare lo dobbiamo fare.
La parabola odierna del fico ci parla dell’infinita pazienza di Dio.
La pazienza, per noi tutti, significa “amare i tempi lunghi”, vuol dire saper guardare lontano, significa coltivare i semi del futuro, significa piantare alberi i cui frutti saranno raccolti o goduti da altri.
L’amore stesso cresce lentamente! Amare è più di un sentimento: esige intelligenza, cura, educazione, allenamento. Gesù, oggi, con la parabola del fico ci insegna a pazientare, a lavorare sodo, a zappare, a concimare e… saper attendere. Vedremo se porterà frutto per l’avvenire”. (Lc 13, 8-9).
Paziente è quella persona che sa sopportare il peso delle sconfitte, dei fallimenti, dei momenti difficili, che rimane fedele a se stessa e non permette che la propria identità venga frantumata.
Ci sarà il tempo necessario per cambiare strada? Dio è dalla nostra parte !

Guardiamo in alto 17/03/2019

GUARDIAMO IN ALTO

17 Marzo 2019

Ogni anno nella seconda domenica di Quaresima ci viene proposto il Vangelo della Trasfigurazione. Gesù ci presenta, sin da ora, il suo volto luminoso che preannuncia la risurrezione. A lui guardiamo per dare un significato pieno al nostro cammino quaresimale.
Gesù è salito sul monte a pregare. Lo fa spesso, lo fa a lungo, soprattutto prima di compiere un gesto importante, per esempio prima di scegliere i dodici apostoli.
Oggi l’Evangelista Luca racconta che mentre Gesù sta pregando sul monte, luogo dell’incontro con Dio, il suo volto cambiò d’aspetto. (Lc 9,29).
Accanto a Gesù compaiono due personaggi dell’Antico Testamento: Mosè ed Elia, due esperti di esodi. Mosè ha guidato Israele nel deserto per quarant’anni verso la terra promessa. Elia ha camminato quaranta giorni e quaranta notti per raggiungere il monte di Dio.
Sono presenti anche Pietro, Giovanni e Giacomo quando da una nube uscì una voce, quella del Padre, che diceva:Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo” (Lc 9,35).
Nella sua vita Gesù compie miracoli sensazionali, ma lo fa sempre con discrezione, senza dare spettacolo. Prende ciechi e sordi in disparte, dice ai miracolati di non diffondere la notizia, sparisce e si tuffa nella preghiera.
Tutti noi abbiamo l’esigenza di avere forti ragioni per credere, chiedere o addirittura pretendere di vedere Dio, di avere con lui un’esperienza personale.
Anche a noi, qualche volta, sarà venuto in mente: “Se Dio esiste, perché non si fa vedere? Perché non fa giustizia e non cambia il mondo?
Oggi è più difficile credere, si vuol capire. La quaresima può essere un’occasione per metterci alla ricerca e considerare la vita con occhi più aperti. Pur tra tanto benessere manchiamo oggi di tante cose. La fede è la più importante perché è l’unica che dà senso al resto, colore a tutto.
E’ il momento, è il periodo giusto per rinnovare la nostra vita, cancellare le esperienze negative vissute e camminare in fretta verso la vita nuova.
La sua parola guarisce, cambia il cuore, fa gioire, dona bellezza, è luce nella notte.
Smettiamola coll’essere intenti solo alle cose della terra e apriamo spazi di cielo nella preghiera, nella carità, nella sobrietà di vita.

Tempo di Quaresima 10/03/2019

TEMPO DI QUARESIMA

10 Marzo 2019

Mercoledì scorso è iniziata la Quaresima con un rito suggestivo, tradizionale, quello delle Ceneri, che invita alla penitenza per entrare in un atteggiamento di conversione.
Iniziamo un periodo forte, quello dei quaranta giorni della Quaresima, un tempo abbastanza lungo destinato a farci vivere nel modo più pieno la Pasqua. Quaranta giorni e quaranta notti dura il diluvio. Israele, in fuga dall’Egitto, trascorre quarant’anni nel deserto prima di entrare nella terra promessa. Per quaranta giorni fanno penitenza gli abitanti di Ninive, la città corrotta, per ricevere il perdono di Dio. Quaranta giorni e quaranta notti cammina il Profeta Elia per raggiungere il monte di Dio ecc…
Fin dai tempi antichi la Quaresima fu considerata un periodo di rinnovamento della vita. Le pratiche consigliate erano soprattutto la preghiera, il digiuno, la solidarietà, l’elemosina, la carità.
Quaresima dunque come esperienza di deserto per l’intera Chiesa e per i singoli cristiani.
Il deserto riduce l’uomo all’essenziale, lo libera dal superfluo, dalla vanità, gli fa riscoprire le cose indispensabili: l’acqua, il cibo, l’importanza di un sentiero, di un’orma da seguire, di una stella per orientarsi.
Anche Gesù ha voluto provare l’esperienza del deserto dove ha abbracciato le tentazioni. Le tentazioni di Gesù sono praticamente le tentazioni a cui sono soggetti gli uomini di tutti i tempi.
E’ facile illudersi che il grande problema della vita, o i piccoli problemi quotidiani siano superabili con un po’ di denaro, con la sicurezza economica, cambiando automobile.
Ma è tentazione anche ricercare il successo, desiderare di stupire, di farsi battere le mani, di colpire, di fare buona impressione, diventare simpatici.
Sono tentazioni perché chi si affida a queste cose attende in qualche modo la salvezza da esse, mentre la salvezza è qualcosa di più profondo e di più personale.
Gesù, uomo nuovo, superando le tentazioni, diventa per noi sicurezza e possibilità di vittoria. Gesù, infatti, non si limita ad indicarci la strada, ma ci sostiene nei momenti difficili, della prova.
Ritagliamoci, in questo inizio di Quaresima, qualche spazio di silenzio e di solitudine, lontani dalla TV, da Internet, dal solito ritmo assordante.
Gusteremo pace e serenità.

Tutto nasce dal cuore 03/03/2019

TUTTO NASCE DAL CUORE

3 Marzo 2019

Gesù si fa per noi maestro di vita e ci invita a trasformare la nostra fede in fatti concreti, in gesti vissuti, significativi, trasparenti. A guardare con occhio buono, a non farci severi ed incoerenti giudici degli altri.
Gesù ci esorta a riconoscere le nostre incoerenze e debolezze prima di condannare quelle degli altri; a dimostrare coi fatti la bontà del nostro cuore.
Talvolta, in noi tutti, si insinua una sottile volontà di farci padroni della vita degli altri. “Può un cieco fare da guida a un altro cieco”? Non cadranno tutti e due in un fosso?” (Lc 6,39). Gesù ci dice: Non ritenetevi superiori agli altri, non cercate di condurli dove volete voi.
Gli uomini, continua Gesù, sono sempre pronti ad indicare la strada agli altri, ma poi fanno fatica a riconoscere la propria cecità, che si nasconde facilmente nella loro presunzione, nell’arroganza, nel senso di superiorità, nell’invidia, nella voglia di dominare.
Anche in famiglia, nell’ambiente di lavoro o parrocchiale, spesso cerchiamo di dominare quelli che si trovano al nostro fianco.
Gesù propone di vivere semplicemente nella fraternità, nella comunione, nella condivisione e nell’amore.
La bontà è qualcosa che nasce dal di dentro; è una disposizione dell’animo, è un atteggiamento mentale, un orientamento di vita.
Se l’intimo dell’uomo è buono, saranno conseguentemente buone anche le sue scelte, perché è dal cuore dell’uomo che nascono la bontà e la cattiveria.
La bontà è una virtù trasparente e rivela lo stato d’animo di chi agisce.
Ciò che noi siamo parla prima e più forte di ciò che noi facciamo.
Una persona buona è anche una persona saggia. La sua bontà d’animo l’ha aiutata a migliorare, a praticare la misericordia, a chiudere un occhio.
Gesù stesso ci prende per mano e ci fa vedere e capire che tutto parte dal nostro cuore capace di amare, di apprezzare, di stimare ciò che fanno gli altri.
Con lo stesso cuore noi siamo anche in grado di odiare, di denigrare, di condannare altri uomini.
La Parola ci dice: “ Togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Lc 6,42).