CHIESA DELLA BEATA VERGINE MARIA
Complesso monumentale costituito da chiesa, campanile, chiostro e canonica ha sicuramente una storia molto antica.
Facendo riferimento a certi ritrovamenti archeologici, potrebbe aver sostituito un tempietto dedicato a qualche divinità delle acque o della caccia. Il culto dell’acqua veniva proposto con diverse immagini di devozione alla Vergine o ai Santi, come modello di purificazione e trasparenza. Nei culti attuali dell’acqua si incrociano lontani echi magico sacrali risalenti al paganesimo con più freschi ricordi del miracolo di Lourdes. L’immaginario devozionale popolare riafferma il bisogno di luoghi di culto vicini, semplici in cui il rapporto tra divinità, ambiente e persone sia ben stretto. Nell’antichità il complesso situato su un’isola più alta rispetto ai terreni adiacenti boscosi e vicinissimo a tante pozze create da sorgive era collegata alla Postumia con “callis S.Mariae”, che formava un bivio con la “callis Brendullarum” presso l’attuale bivio Lonigo – Brendola. I primi documenti che parlano di questa costruzione risalgono al 1200 circa e la documentazione storica si può trovare negli archivi dei monaci Lateranensi che avevano ereditato l’archivio benedettino. Questa chiesetta ebbe un eccezionale momento di gloria all’inizio del 1600 con uno straordinario concorso di popolo non solo del paese e del contado, ma anche del territorio attratto da un’immagine antica ivi custodita e che si rivelò allora miracolosa: Madonna con Bambino e Cardellino, attribuito alla scuola toscana del XV secolo. Nel 1606 venne incorporata in un edificio più grande, affidata ai Carmelitani che vi rimasero fino al 1658. Costoro contribuirono alla diffusione del culto della Madonna del Carmine, ma non soppressero la venerazione della Madonna Annunciata e della immagine della Vergine con il Bambino che accarezza un cardellino. La chiesa ed il conventino furono di proprietà della famiglia Ferramosca e di seguito passarono ai Da Schio, ai Da Porto, ai Trento, ai Garzadori, ai Zacco La chiesa in seguito fu retta da sacerdoti secolari e mantenuta dalle offerte dei fedeli e dalla famiglia Revese. La chiesa subì il saccheggio delle truppe napoleoniche. Dal 1950 è divenuta parrocchia col titolo di Madonna dei Prati.
Il campanile iniziato nel 1611 fu completato dopo il 1620 come testimoniato dall’inventario del priore padre Enrico Tura che lo descrive come “di mediocre altezza fatto a pigna con due campane mediane”.
Esternamente la chiesa si presenta come una costruzione semplice, ma di belle proporzioni. Meritano di essere osservati il portale d’ingresso e la porta laterale con caratteristiche che si possono ricondurre alla cultura del Cinquecento.
L’interno è armonioso: degno d’interesse il soffitto ligneo dipinto a lacunari; l’imponente altare maggiore sottolineato da sculture opera certa di GianMaria Comun da Grancona.
Ai lati delle pareti del presbiterio si trovano due dipinti di Francesco Maffei: S. Alberto degli Abati: vestito coll’abito marrone ed il mantello bianco porta in una mano il libro e con l’altra tiene un giglio, sopra la testa un angelo; S. Angelo di Gerusalemme: il santo raffigurato con coltello sulla testa e sul petto, con un libro in mano e con un angelo sopra la testa che tiene le tre corone ed è vestito alla carmelitana.