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II Domenica di Pasqua 08/04/2018

Credere!

08 Aprile  2018

Sarebbe molto bello poter aderire ad una fede “facile”, senza rischi, credere “dopo aver visto”, non avere mai i dubbi, i ripensamenti, le crisi, la mancanza di certezze assolute dell’oscurità. Tommaso, nostro fratello… La Chiesa ha – ha sempre avuto – una paura ossessiva del dubbio. Per molti uomini e donne di Chiesa il cristiano dovrebbe avere solo certezze, mai dovrebbe lasciarsi sfiorare dal benché minimo tentennamento… Ne andrebbe della sua fede! Pensiamo alla vicenda umana di Santa Teresa di Gesù Bambino. Giovanissima, ma già alla fine della vita, questa fragile sorella che per noi resta uno dei modelli più luminosi ed inimitabili di vita cristiana, vive momenti di oscurità, di dubbio, di autentica perdita della fede. “…E se tutto ciò per cui prego e soffro non fosse vero? Che terribile inganno…”. Un dubbio atroce, che essa vive come una tentazione, ma che non le impedisce, esalando l’ultimo respiro di dire… “Non so se credo… ma… Jésus, je vous aime… Gesù, ti voglio bene. Sì, la fede non viene eliminata dal dubbio, ma cresce con esso, diventa adulta solo quando sa sopportare i dubbi e convivere con essi.Tommaso non c’era quel giorno e non crede. Non basta il ricordo a rendere viva una persona, ci vuole la presenza. Quante volte anche noi non ci siamo! Gesù è presente nel nostro cuore, ma noi chissà dove girovaghiamo, errabondi qua e là e non lo vediamo, non perché non ci sia lui, ma perché non ci siamo noi! Siamo altrove, chissà dove. Quando ritorneremo dal nostro vagabondare, Gesù dirà anche a noi: “Metti qua il dito nelle mie piaghe e non essere più incredulo ma credente.” E Gesù ciò che dice, fa! “Per le sue piaghe siete stati guariti”. Ecco che le sue piaghe guariranno le nostre, purché nel nostro cuore non ci sia più l’incredulità. Perché le piaghe del risorto, “non grondano più sangue, ma irradiano luce” (A. Louf).
Ma oggi è anche la festa della Divina Misericordia, quella che procede appunto dalle piaghe aperte di Gesù, e si riversa su di noi come un fiume che lava ogni colpa, ogni dolore e ogni pena.

Pasqua 01/04/18

Cristo è la Risurrezione e la vita

01 Aprile 2018

Maria di Magdala esce di casa quando è ancora notte, buio nel cielo e buio nel cuore. Non ha niente tra le mani, non porta aromi come le altre donne, ha soltanto il suo amore che si ribella all’assenza di Gesù: «amare è dire: tu non morirai!» (G. Marcel).
E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente, nel fresco dell’alba. E fuori è primavera. Il sepolcro è aperto come il guscio di un seme. Il segno è un corpo assente dalla tomba. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita.
Il Signore Gesù non è semplicemente il Risorto, l’attore di un evento che si è consumato una volta per tutte nel giardino fuori Gerusalemme, in quell’alba del primo giorno dopo il sabato. Un evento concluso? No. Se noi tutti insieme formiamo il corpo di Cristo, allora contemporanea a me è la croce e contemporanea a me è anche la Risurrezione. Chi vive in lui, chi è in lui compreso, è preso da lui nel suo risorgere.
Cristo è il Risorgente, adesso. Sorge in questo momento dal fondo del mio essere, dal fondo di ogni uomo, dal fondo della storia, continua a risorgere, a immettere con la mano viva del creatore germi di speranza e di fiducia, di coraggio e libertà. Cristo Gesù risorge oggi, energia che ascende, vita che germina, masso che rotola via dall’imboccatura del cuore. E mi indica la strada della pasqua, che vuol dire passaggio ininterrotto dall’odio all’amore, dalla paura alla libertà, dall’effimero all’eterno. Pasqua è la festa dei macigni rotolanti via, adesso, dalla bocca dell’anima. E ne usciamo pronti alla primavera di vita nuova, trascinati in alto dal Cristo Risorgente in eterno.

Palme 25/03/18

Sei tu il Cristo, il figlio del Benedetto?

25 Marzo 2018

Oggi la Chiesa legge e medita la Passione del Signore, così come essa è raccontata dal Vangelo secondo Marco. Noi di essa prendiamo solo un brano, il cuore e da esso trarremo fuori quelle verità che sono necessarie alla nostra natura, essenza, sostanza di discepoli di Gesù. Infatti il mondo potrà essere trasformato, rinnovato, elevato solo dalla nostra essenziale verità, vissuta però in Cristo, con Cristo, per Cristo.

Qual è l’essenziale verità di Cristo Gesù che rende unica la sua vita? Essa è questa: in ogni momento, circostanza, dinanzi ad ogni uomo, anche sotto sentenza sicura di morte, Gesù è il testimone della sua verità. È testimone non solo con la parola, ma anche con i frutti che sgorgano dalla sua Persona che è verità. Cristo Gesù è verità nella Persona e di conseguenza lo è anche nelle opere e nelle parole. La sua Persona è verità e i frutti che produce sono tutti verità, misericordia, carità, compassione, grande amore verso tutti, sempre. Gesù è verità nella sua natura divina ed umana.

Oggi Gesù è dinanzi al sommo sacerdote, nel sinedrio. Lo si vorrebbe accusare, servendosi di falsi testimoni. Dinanzi a Gesù nessuna falsa testimonianza potrà mai reggere, neanche se questa fosse il frutto della mente più perversa, cattiva, malvagia, maligna, perfida, diabolica. Le opere di Gesù sono così chiare, evidenti, sante, giuste, perfette che nessuna falsità potrebbe reggere dinanzi alla storia. Cristo Gesù potrà e dovrà essere condannato solo per la verità, ma questa dovrà uscire solo dalla sua bocca.

Qual è la nostra verità di cristiani? E tra i cristiani, qual è la verità del Papa, del Vescovo, del Presbitero, del Diacono, del Cresimato, del Battezzato, dello Sposato, del Catechista, del Professionista, di ogni altro uomo che è divenuto corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito Santo, figlio adottivo di Dio nel suo Figlio Gesù Cristo? Se tutti ed ognuno rendesse testimonianza alla sua verità, con le parole, le opere, l’intera sua vita, il mondo non sarebbe più illuminato da un unico sole, ma da milioni e milioni di soli dalla luce più radiosa e luminosa di galassie di stelle. Purtroppo oggi è proprio la testimonianza alla nostra verità che fa difetto.

Sei tu il Cristo, il figlio del Benedetto?

Quaresima V 18/03/2018

Il chicco di grano, icona di una vita che si fa feconda

18 Marzo 2018

Alcuni stranieri chiedono agli apostoli: Vogliamo vedere Gesù. Una richiesta dell’anima eterna dell’uomo che cerca, che arriva fino a noi, sulla bocca di molti, spesso senza parole e ci chiede: Mostrami il tuo Dio, fammi vedere in chi credi davvero. Perché Dio non si dimostra, con alte catechesi o ragionamenti, ma si mostra attraverso mani d’amore e occhi limpidi e attraverso una vita abitata da Lui. Gesù risponde portando gli interlocutori su di un altro piano, oltre il suo volto, proponendo una immagine indimenticabile: Volete capire qualcosa di me? Guardate un chicco di grano. Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. La verità del chicco consiste nella sua storia breve e splendida.
È bellissimo che Gesù adoperi il paragone del seme di frumento: non si tratta di un’allegoria esterna, lontana, separata, ma significa che ciò che Gesù sta dicendo, ciò che con la sua vita sta mostrando è inscritto nelle leggi più profonde della vita. La vita delle creature più semplici risponde alle stesse leggi della nostra vita spirituale: Vangelo e vita sono la stessa cosa, reale e spirituale coincidono. E come il chicco di grano è profezia di pane, così Gesù afferma: anch’io sono un pane per la fame del mondo. Se cerchiamo il centro della piccola parabola del seme, la nostra attenzione è subito attratta dal forte verbo «morire»: Se il chicco non muore… se invece muore… Ma l’accento logico e grammaticale della frase cade invece su due altri verbi, sono loro quelli principali: RIMANERE solo o PRODURRE molto frutto. Il senso della vita di Cristo e quindi di ogni uomo, si gioca sul frutto, sulla fecondità, sulla vita abbondante che lui è venuto a portare (Gv. 10,10). Non è il morire che dà gloria a Dio, ma la vita in pienezza. Fiorire non è un sacrificio. Il germe che spunta dal chicco altro non è che la parte più intima e vitale del seme; non uno che si sacrifica per l’altro, ma l’uno che si trasforma nell’altro; non perdita ma incremento. Seme e germe non sono due entità diverse, ma la tessa cosa: muore una forma ma per rinascere in una forma più piena ed evoluta. In una logica pasquale.

La seconda immagine che Gesù offre di sé, oltre al chicco, è la croce: Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me. Io sono cristiano per attrazione, sedotto dalla bellezza dell’amore di Cristo. La suprema bellezza del mondo è quella accaduta sulla collina fuori Gerusalemme, quando l’infinito amore si lascia inchiodare in quel niente di legno e di terra che basta per morire. E poi risorgere, germe di vita immortale. Perché ciò che si oppone alla morte non è la vita, è l’amore.

Quaresima IV 11/03/2018

Ognuno di noi è il figlio prediletto del Padre

11 Marzo 2018

Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, punto sorgivo e perno attorno al quale danza la storia di Dio con l’uomo. Dio ha amato, un passato che perdura e fiorisce nell’oggi, verità che assorbe ogni cosa: tutta la storia biblica inizia con un “sei amato” e termina con un “amerai” (P. Beauchamp). È la lieta notizia da ripeterci ad ogni risveglio, ad ogni difficoltà, ad ogni sfiducia. Il nucleo incandescente del Vangelo è la bellezza dell’amore di Dio (E.G. 36) che Gesù ha mostrato, vissuto, donato. È questo il fuoco che deve entrare in noi, la cosa più bella, più grande, più attraente, più necessaria, più convincente e radiosa (E.G. 35). Tanto da dare suo Figlio.

Nel Vangelo “amare” si traduce sempre con un altro verbo, umile, breve, di mani e non di emozioni: “dare”. Dio altro non fa’ che eternamente considerare ogni uomo più importante di se stesso. «Il mondo sappia che li hai amati come hai amato me» (Gv 17,23), il Padre ama me come ha amato Cristo, con la stessa passione, la stessa fiducia, la stessa gioia, con in più tutte le delusioni che io so procurargli. Ognuno è il figlio prediletto di Dio. Cristo, venuto dal Padre come intenzione di bene, nella vita datore di vita, ci chiama ad escludere dall’immagine che abbiamo di Lui, a escludere per sempre, qualsiasi intenzione punitiva, qualsiasi paura.

L’amore non fa mai paura. E non solo l’uomo, è il mondo intero che è amato, dice Gesù, la creazione tutta. E se Egli ha amato il mondo e la sua bellezza fragile, allora anche tu amerai il creato come te stesso, lo amerai come il prossimo tuo. Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato. A Dio non interessa istruire processi contro di noi. La vita degli amati non è a misura di tribunale, ma a misura di fioritura e di abbraccio. Dio ha tanto amato e noi come lui: quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di Dio, spalanca una finestra sull’infinito. Dio ha tanto amato e noi come Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l’ha già salvato Lui, ma per amarlo; non per convertire le persone, lo farà Lui, ma per amarle. Se non c’è amore, non c’è più il ponte che ricollega la terra al cielo, il motore che fa ripartire la storia, una storia con sapore di Dio.

Quaresima III 04/03/2018

L’AMORE BRUCIA E PURIFICA DENTRO E FUORI

4 Marzo 2018

L’uomo al massimo può trasmettere la vita, ma non dare la vita. Quando a Gesù chiedono di dove proviene la sua autorità, Egli risponde esattamente il contrario di come avrebbe risposto ogni altro essere creato. Nessuno per quanto imperatore e potente, ha mai benché minimamente avuto nemmeno per un secondo il potere di dare la vita a qualcun altro, ma solo il potere di dare la morte.

Gesù risponde come solo Dio può fare:” Voi distruggete il tempio, io lo rifarò risorgere”

Il tempio non è una costruzione, è il luogo sacro dell’incontro rigenerante del morire dell’uomo con il vivere di Dio.

La risurrezione di Gesù non libera solo dalla morte ma libera dalle peggiori delle morti, quella più subdola, invisibile, non conosciuta e non pianta: il morire dentro, il morire del cuore, la necrosi della fede e della gioia.

Gesù caccia a frustate il morire dell’anima, sfacciatamente perpetrato e commesso nel cuore del tempio. Ecco il perché della dura reazione di Gesù, solo Lui sapeva esattamente cosa stava cacciando con quella frusta, quel giorno, nel cuore del tempio.

Trasfigurazione 25/02/2018

ESPERIENZE DI TRASFIGURAZIONE

25 Febbraio 2018

SARÀ POSSIBILE?…. FORSE SÌ….PROVIAMOCI!
Infatti tutti noi abbiamo una particolare immagine di noi stessi, un proprio modo di presentarci agli altri così come definiamo gli altri con una “figura” che identifichiamo con alcune caratteristiche; con queste, a cui aggiungiamo pregiudizi e stereotipi comuni, presumiamo di conoscerli, fino a catalogarli come estranei, amici o nemici, stranieri, immigrati… Però la vita ci insegna che, sia in noi stessi che negli altri, ci sono dimensioni sconosciute o non espresse che possono riguardare sia aspetti negativi che positivi.
Come non preoccuparci in questi giorni della marea di parole, atteggiamenti, gesti di aggressività che sembrano travolgere tutto e tutti tanto da chiederci: “Come è possibile che un essere umano possa diventare così disumano?”
Altrettanto, come non meravigliarci di tanti gesti di amore e disponibilità, di dedizione gratuita e perseverante fino a toccare a volte l’eroismo, di vite donate a fare il bene?
È su questi ultimi che ci soffermiamo perché è proprio lì che ci viene offerta la possibilità di vivere profonde e importanti esperienze di TRASFIGURAZIONE: quando riusciamo a superare l’immagine che abbiamo di una persona, magari conosciuta solo superficialmente e andare oltre le apparenze, realizzando una conoscenza più profonda, più significativa e arricchente. Questo può avvenire nella rivelazione reciproca di amicizia e di condivisione di ideali, cioè in situazioni positive, ma anche di sofferenza nelle quali si è portati ad esprimere con più intensità la vicinanza e l’amore. Quando sappiamo che un immigrato riconsegna al proprietario il portamonete appena smarrito… Quando scopriamo che un giovane carcerato offre un proprio rene ad uno sconosciuto sofferente dializzato… Quando vediamo che una famiglia apre le porte ad altro nucleo familiare sfrattato e impoverito….: sono queste TRASFIGURAZIONI FERIALI offerte al nostro sguardo per cambiare i nostri giudizi, convertire e migliorare le nostre relazioni interpersonali illuminandole di nuova luce.

Il Vangelo di questa domenica ci racconta l’esperienza dei tre discepoli che partecipano alla Trasfigurazione di Gesù: lì intuiscono con maggiore profondità chi Egli è veramente: Il Figlio Amato da ascoltare! Il fatto presentato è ricco di riferimenti simbolici e linguistici del tempo: La luminosità anche della veste di Gesù, lo stordimento dei discepoli, lo stupore, gioia e timore… dimensioni che si provano quando si è coinvolti dal mistero! E mentre scendono dal monte Gesù raccomanda di non diffondere ora quell’esperienza quasi a dire di custodirla nel profondo del cuore perché possa diventare riferimento di luce, forza interiore e coraggio nei momenti oscuri. Così noi siamo invitati a custodire le personali trasfigurazioni positive che viviamo come patrimonio interiore cui attingere nei momenti difficili.

Prossimità 18/02/2018

P R O S S I M I T A`

18 Febbraio 2018

ECCO, IO FACCIO UNA COSA NUOVA:
PROPRIO ORA GERMOGLIA, NON VE NE ACCORGETE? (Is.43,19)

Come a chi affronta alte cime, capita a volte, nel nostro cammino, di accorgerci di aver forse smarrito la strada e di sentire il bisogno di fermarci per confrontarci con chi ci guida e avere nuova luce, per verificarci, guardarci un po’ dentro e ripartire poi con nuova energia e fiducia.
Anche Gesù oggi si ferma, nel deserto, quaranta giorni: un tempo lungo, significativo, necessario per leggere in profondità il progetto del Padre su di Lui e sull’umanità.
A questa umanità, cioè a noi, offre un programma di vita: Convertitevi e credete al Vangelo: una PAROLA che, come dice Papa Francesco, “entra dalle orecchie, arriva al cuore e va alle mani, alle opere buone”.
Abbiamo così davanti a noi un tempo buono (quaresima = 40 giorni) per: – aprire uno sguardo impegnato sulle profondità del nostro essere, dei nostri sentimenti e del nostro operare; – lasciare che la Parola arrivi al nostro cuore e si trasformi in gesti di fraternità, di gratuità, di amicizia e solidarietà, donati e ricevuti.

Nella nostra Unità Pastorale comincia oggi la SETTIMANA DELLA PROSSIMITÀ: sarà un tempo utile e ricco di proposte stimolanti con cui vogliamo aiutarci ad allargare e approfondire lo sguardo su noi e sulle nostre relazioni con gli altri nostri compagni di viaggio, per andare insieme verso una nuova vita da RI- SORTI.
Insieme, il nostro cammino, sarà più bello e anche le difficoltà che incontreremo saranno più leggere perché condivise.

Quaresima 11/02/2018

QUARESIMA: Un tempo per riaccendere in noi la SPERANZA

11 Febbraio 2018

Un noto teologo disse alcuni anni fa: “Il problema della fede all’inizio del terzo millennio è …. la speranza”. Riflettiamo, aiutati anche dal racconto qui sotto riportato.
Le quattro candele, bruciando, si consumavano lentamente.

Il luogo era totalmente silenzioso, che si poteva ascoltare la loro conversazione.
La prima candela diceva: “IO SONO LA PACE… Gli uomini non riescono a mantenermi. Penso proprio che non mi resti altro da fare che spegnermi”. Così fu, e, a poco a poco, la candela si lasciò spegnere completamente.
La seconda candela disse: “IO SONO LA FEDE… Purtroppo non servo a nulla. Gli uomini non ne vogliono sapere di me e per questo motivo non ha senso che resti accesa”. Appena ebbe terminato di parlare, una leggera brezza soffiò su di essa e la spense.
Triste, triste, la terza candela, a sua volta, disse: “IO SONO L’AMORE… Non ho la forza per continuare a rimanere accesa. Gli uomini non mi considerano a non comprendono la mia importanza. Odiano perfino coloro che più li amano, i loro familiari”. E senza attendere oltre, la candela si lasciò spegnere.
Inaspettatamente… Un bimbo, in quel momento, entrò nella stanza e vide le tre candele spente. Impaurito per la semi-oscurità, disse: “Ma cosa fate! Dovete rimanere accese. Io ho paura del buio!”. E scoppiò in lacrime.
Allora la quarta candela, impietositasi, disse: Non temere, non piangere, finché io sarò accesa potremo sempre riaccendere le altre tre candele. IO SONO LA SPERANZA”. Con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime, il bimbo prese la candela della speranza e riaccese le altre tre. Che non si spenga mai la speranza dentro il nostro cuore… E che ciascuno di noi possa essere lo strumento, come quel bimbo, capace di riaccendere, con la sua speranza, in ogni momento, la fede, la pace e l’amore!

Mercoledì 14 febbraio, GIORNO DELLE CENERI, inizia il tempo liturgico della QUARESIMA. Si entra in quaresima non con la faccia triste, quasi che si profili un tempo penitenziale pesante e penoso. Lo stesso segno dell’imposizione sul capo delle ceneri va accolto alla luce delle parole che lo accompagnano: Convertiti e credi al vangelo! Il cammino quaresimale è un cammino di fede caratterizzato da tre modi tradizionali di esprimere l’impegno di conversione: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Non si tratta di indicazioni poste a caso, dal momento che ciascuna di esse permette di verificare una delle relazioni che ci costituisce: relazione col prossimo (elemosina), relazione con Dio (preghiera), relazione con noi stessi (digiuno-sobrietà- dominio di sé).
Buon cammino di Quaresima

CELEBRAZIONE DELLA 40° GIORNATA PER LA VITA 04/02/2018

CELEBRAZIONE DELLA 40a GIORNATA PER LA VITA

4 Febbraio 2018

“IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO”
“Punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità.
Il credente divenuto discepolo del Regno, mentre impara a confrontarsi continuamente con le asprezze della storia, si interroga e cerca risposte di verità.
In questo cammino di ricerca sperimenta che stare con il Maestro, rimanere con Lui lo conduce a gestire la realtà e a viverla bene, in modo sapiente, contando su una concezione delle relazioni non genetica e temporanea, bensì cristianamente limpida e incisiva.
La Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza della vita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo.
Un annuncio dell’amore paterno e materno che sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni tristezza.”
(Dal messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della CEI per la 40a Giornata Nazionale per la Vita)
CRISTIANI SERVITORI DELLA VITA
Continua nel vangelo di Marco la descrizione della giornata di Gesù a Cafarnao. Dopo essere uscito dalla sinagoga dove la sua parola autorevole ha stupito i presenti e dopo aver liberato un uomo posseduto dallo spirito del male, Gesù è condotto nella casa di Pietro per incontrare la suocera che era malata. “Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”. Guariti per servire…
Sono molto belli i gesti compiuti da Gesù:
– “si avvicinò”: toglie le barriere, toglie ciò che impedisce all’altro/a di consegnarsi in piena verità
– “la fece alzare”: è il verbo della risurrezione, servire è esperienza di risurrezione
– “prendendola per mano”: nel contesto ebraico significa assumersi il peso dell’altro (la malattia era considerata una punizione, il malato era uno lontano da Dio… Gesù rompe queste barriere, si fa vicino, si fa prossimo e ci prende per mano). Quante situazioni evoca questo prendere per la mano: la mamma con il suo bambino, una coppia di innamorati, il gesto di un aiuto offerto… Oggi ti chiediamo Signore di aiutarci a prendere per mano la vita delle giovani generazioni, in modo particolare di quanti stanno per cominciare l’avventura della vita.