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Santissimo Corpo e Sangue di Criato 03/06/2018

SANTISSIMO CORPO E SANGUE di CRISTO

3 Giugno 2018

Oggi festeggiamo il dono del corpo e del sangue di Cristo. Gesù ce li dona come segno della sua volontà di rimanere con noi e di aiutarci con la sua presenza fedele. La chiesa vuole dare solennità, anche pubblica ed esteriore, dell’ Eucaristia che Gesù ha fatto il Giovedì santo. (Oggi 3 giugno, alle ore 19 ci sarà la S. Messa con processione che partirà da Via Mascagni per giungere alla Chiesa di Madonna dei Prati).
Un tempo tale festa era vissuta di giovedì con processioni, addobbi alle finestre, canti suggestivi, fiori sparsi sulle strade…
L’Evangelista Marco oggi ci parla di Gesù che consuma con i suoi apostoli il tradizionale pasto ebraico e pronuncia le parole che danno origine all’Eucaristia. Tradito e abbandonato Gesù si consegna nelle mani dei carnefici, trasformando il pane ed il vino nel suo corpo e nel suo sangue.
“La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda, Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 46-58).
Dopo il Concilio Vaticano II si “partecipa” alla celebrazione eucaristica in modo più attivo e personale. Nessuno dovrebbe pensare di “assistere alla Messa” o “prendere Messa” ma tutti dovrebbero pensare di “celebrare l’Eucaristia” insieme al sacerdote e alla comunità. Al sacerdote o al Ministro straordinario dell’Eucaristia che ci offre il pane dicendo: “Il Corpo di Cristo” noi siamo invitati a rispondere “Amen”.
Questo Amen riassume tutta la nostra fede, tutto il nostro condividere i piani di Dio su di noi e sull’umanità.
E’ bello ricordare Gesù che, dopo tre anni di cammino insieme, consuma la sua ultima cena con gli amici. Il suo è stato un gesto d’amore!
Vuole camminare con noi e ci dà una mano a trainare quell’aratro che, comunque anche da soli, dovremmo trainare. Meglio essere in due. Da quanti anni facciamo la comunione magari camminando distrattamente, verso l’altare? Cosa significa cibarsi di quel pane?
Siamo noi che ci accostiamo all’altare o non è piuttosto Dio che cammina verso di noi? Siamo uomini con le nostre storie di dolore, bisognosi di cure, soli, sfiduciati ma pur sempre desiderosi di trovare un compagno di viaggio pronto ad aiutarci e ad ascoltarci. Molto spesso restiamo in silenzio e ci sentiamo indegni di ricevere il Corpo di Cristo. Ma Lui è lì, pronto a donarsi di nuovo, per trasmetterci un po’ di coraggio, un po’ di fiducia per continuare il cammino. Abbiamo fiducia!
Dopo tante giornate di deserto e di privazioni, con l’aiuto di Dio, arriveremo ad un’oasi verde dove troveremo Qualcuno pronto a darci un po’ di ristoro e farci ripartire più motivati di prima.
“Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore: volgiti a me nella tua grande tenerezza. (dal salmo 68).

S.S. Trinità 27/05/2018

IO SONO CON VOI….. (Mt 28,20)

27 Maggio 2018

Oggi la liturgia ci invita a riflettere su uno dei misteri principali della nostra fede: la Santissima Trinità. Un mistero che accompagna ciascuno di noi nell’arco dell’esistenza: dal Battesimo – siamo stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo – fino al momento in cui, al termine della nostra vita, verremo affidati al Padre che ci ha creati, al Figlio che ci ha redenti, allo Spirito che ci ha reso forti e santificati.
Ma perché Dio è Trinità? Dio è Trinità perché è amore e l’amore non può essere solitudine o individualismo.
Dio che ama ha, per così dire, bisogno di un altro da amare e questi è il Figlio suo Gesù. E lo Spirito è il testimone, la presenza feconda e consolatrice di questo amore.
Il mistero della Trinità noi lo esprimiamo ogni volta che facciamo il segno della croce. Questo accade quando entriamo in una chiesa, quando passiamo vicino ad un capitello votivo, quando vediamo passare un carro funebre, quando affidiamo i nostri pensieri, i nostri affanni, i nostri cari a Dio Padre, quando …..
Gesù ci ha detto che Dio Padre ci ama, che c’è un progetto all’origine della nostra vita, che c’è un padre provvidente che vigila su tutto.
La parola di Dio ci parla di Gesù come punto finale a cui converge l’universo, la pietra di paragone a cui saremo tutti confrontati al termine della nostra vita.
La parola di Dio ci parla dello Spirito, che è la nostra forza, la nostra consolazione, colui che ci spinge a non misurare le nostre fatiche, ad andare oltre, a non fermarci nel costruire il futuro, a non fermarci su progetti meschini. A volte viviamo come se Dio non esistesse. Non ci facciamo troppe domande, non vogliamo complicarci la vita. Ci basta quel po’ che facciamo, ci bastano quattro preghiere e la Messa alla domenica.
Ma lo Spirito ci chiede di metterci nelle mani di Dio e di lasciarci convincere nei suoi progetti, di entrare nel suo meraviglioso gioco d’amore, di fidarci di lui e di lasciarci portare dove ci vuole condurre.
In questo nostro mondo pieno di storture, di problemi e di affanni chiediamo la forza di scorgere i tanti, piccoli, talvolta difficili progetti di amore.
Quante persone si sono complicate la vita, perso la vita, animate dal desiderio di donare, arricchire, migliorare, guarire le tante storie di dolore.
Pensiamo ai tanti missionari, ai martiri della fede, a coloro che gratuitamente spendono le loro forze e la loro vita a vantaggio dei più bisognosi.
Le ultime parole di Gesù sono state: “Andate dunque e fate discepoli in tutto il mondo…” Da allora intere generazioni di uomini non hanno ancora smesso di camminare! In tutti loro risuonano le parole di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Domenica di Pentecoste 20/05/2018

GIORNI PIENI D’ AMORE

20 Maggio 2018

A conclusione del tempo pasquale celebriamo oggi la solennità della Pentecoste. E’ in questo giorno che nasce la Chiesa attraverso la fede nuova degli apostoli e la loro testimonianza.
Gesù assicura gli apostoli che manderà lo Spirito. Spirito che aprirà i loro occhi, li guiderà alla conoscenza piena dei progetti di Dio e li renderà testimoni coraggiosi.
Nel giorno di Pentecoste gli apostoli si trasformano. Finora paurosi e incerti, addirittura vili e traditori, adesso sono pieni di entusiasmo e annunziano la risurrezione di Gesù con grande coraggio. Si spalancano le porte che tenevano chiuse per la paura e ora predicano con convinzione.
La gente venuta a Gerusalemme li sente parlare lingue diverse e tutti comprendono le loro parole. E’ utile ricordare che, per cambiare il cuore degli apostoli, non bastarono la predicazione di Gesù, i miracoli, l’entusiasmo delle folle e la sua stessa morte in croce e risurrezione.
Ci volle lo SPIRITO SANTO. “Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 15,13). La verità non è una realtà che viene dal passato e che dobbiamo conservare; non sta alle spalle ma di fronte, come Dio cammina innanzi al suo popolo e ne chiarisce il futuro di libertà, di pace, di giustizia.
I segni che accompagnano la Pentecoste – il fuoco e il vento – sono ricchi di simboli: il fuoco purifica, riscalda e illumina i nostri passi. Il vento crea movimento, permette di navigare, di volare e di attraversare il mare della vita.
La Pentecoste è la celebrazione di una speranza: dà anima ad ogni progetto di felicità e si realizza in ogni atto di amore.
E’ certo che nel bilancio finale ci sono più dispiaceri che gioie, ma il nostro compito è quello di non cessare mai di voler bene. Chi è più in là con gli anni, chi ne ha viste di tutti i colori ed è rimasto in piedi, va ascoltato perché conosce tanti segreti. Un proverbio dice:”Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”. Amori e dolori camminano mano nella mano in questa vita. Eppure quante persone hanno attraversato o stanno attraversando strade deserte, senza incontrare un sorriso, uno sguardo, una parola di incoraggiamento.
Romano Battaglia ha scritto: Nella vita ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia, ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore, ci sono giorni pieni di lacrime; ma poi ci sono i giorni pieni di amore che ci danno il coraggio di andare avanti per tutti gli altri giorni”.
Signore, abbi pietà di noi e non stancarti mai di mandarci il tuo Spirito.

Ascensione del Signore 13/05/2018

ANDATE IN TUTTO IL MONDO

13 Maggio 2018

Dopo la Pasqua Gesù rimane con gli apostoli per quaranta giorni, poi sale al cielo dal Padre. Gesù abbandona visibilmente la terra ma lascia alla chiesa e agli apostoli il compito di renderlo presente e di continuare la sua opera..
Cosa significa ascensione al cielo di Gesù?
Dopo la terribile prova della passione e morte Gesù è tornato al Padre, siede alla “destra del Padre”, pienamente glorificato.
Gli apostoli appaiono increduli, dubitano, faticano ad accettare i nuovi fatti che riguardano Gesù, tanto da meritare il suo rimprovero: “li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore” (Mc 16,14).
Dopo l’ascensione si fermano a guardare il cielo. Ma due uomini, in bianche vesti, dicono loro:” Perché state a guardare il cielo? Andate ad annunciare il Vangelo!”
Queste poche parole rivolte agli apostoli ora sono indirizzate anche a noi.
Non dobbiamo vivere guardando il cielo ed attendere, senza far nulla, il ritorno glorioso di Gesù. Il nostro compito è ora, qui, su questa terra, abitata dagli uomini che attendono le nostre parole, i nostri gesti, i nostri atti di amore e misericordia.
Gesù ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20). Coraggio! Anche noi, come gli apostoli, siamo chiamati a un profondo cambiamento di vita. Abbiamo bisogno di buone notizie, specialmente di questi tempi.
Dopo aver ricevuto questo compito gli apostoli tornano a Gerusalemme “Pieni di gioia” (Lc 24,52). Da quel momento si diedero una mossa e cominciarono a camminare, a camminare, e ancora camminare.
Anche noi facciamo parte di questa “ondata missionaria” con i nostri pochi mezzi, le nostre povere parole, i grossolani errori, le tante cadute.
Cristo agisce con noi quando offriamo un bicchiere d’acqua, quando doniamo un pezzo di pane, quando regaliamo un sorriso, quando guardiamo lontano.
D’ora in avanti sarà presente ovunque nella storia, fino alla fine dei tempi.
Gli apostoli per primi sono stati dei grandi testimoni della fede, seguiti poi da una schiera luminosa di cristiani generosi, tante storie di amore e di sacrificio.
Oggi è una giornata di fede che ci sollecita a mettere ordine nella nostra vita, ad aprire gli occhi su come viviamo, su dove siamo incamminati.
San Giovanni Bosco prometteva a chi lavorava con lui per il bene dei giovani, “pane, lavoro e paradiso”. Questo infattii è il nostro destino ultimo: un’eternità felice, una gioia senza fine per la quale sentiamo di essere creati.

VI Domenica di Pasqua 06/05/2018

COSA E’ VERAMENTE L’ AMORE ?

06 Maggio 2018

Amore, amicizia, gioia: sono i messaggi che Gesù ci consegna in questa domenica del tempo pasquale. Il Vangelo odierno riporta alcune parole confidenziali che Gesù ha detto ai suoi apostoli durante la cena pasquale.
Gesù si trova alla vigilia della sua passione. Eppure parla di gioia.
Gioia che nasce dall’amore, dal sentirsi amati e dall’amare a nostra volta.
Dio non è estraneo ed indifferente alla nostra vita, Dio non è responsabile del male che c’è nel mondo, Dio non manda i terremoti e le inondazioni perché “Dio è amore” (1 Gv 4,9) e ci ama.
Gesù ci invita ad osservare i suoi comandamenti e prende a paragone il buon samaritano, cioè uno che ama anche chi non è della sua famiglia, della sua terra, della sua razza. Uno che ama senza attendersi nulla.
Gesù ci chiama amici. L’amicizia vera nasce spesso da un amore che genera rapporti di libertà, di rispetto, di condivisione. Ogni amore genuino dovrebbe colorarsi di amicizia per diventare più autentico e profondo, anche nel rapporto di coppia.
L’amore non ha bisogno di spiegazioni, di giustificazioni, L’amore è come la libertà: esiste, deve esserci, non se ne può fare a meno.
Quali sono le regole di un amore vero?
– l’amore non è abbandonarsi agli istinti ma impegno a far felici gli altri.
– l’amore non si ferma davanti alle difficoltà, non si arrende.
– l’amore, anche se costa fatica, non è mai inutile. Anche quando, lì per lì, non si vedono i risultati. Dobbiamo essere sicuri che qualcosa rimane e trasforma l’animo di tutti: di colui che ama, ma anche dell’altro che resta sorpreso dei gesti d’amore.
– l’amore non teme le difficoltà, le resistenze, le incomprensioni.
– l’amore ha come effetto la gioia. – l’amore è fedele, accetta la fatica.
– l’amore si sforza di apprezzare l’altro, di vedere gli aspetti positivi, di gioire dei piccoli passi.
– l’amore richiede infine la “reciprocità”. L’esperienza ci dice che l’effetto di un amore donato si ha perché chi ama ottiene facilmente amore.
– l’amore chiede ascolto. Quando si ama una persona si sta attenti a quanto dice e si ricordano a lungo le sue parole.
– l’amore è anche concretezza quotidiana, fatica, fedeltà, sofferenza.
L’amore cambia e ci cambia.

V Domenica di Pasqua 29/04/2018

“CHIEDETE QUEL CHE VOLETE…” (Gv 15,7)

29 Aprile 2018

Oggi Gesù, nel parlare della vigna, trova un esempio forte per esprimere il rapporto profondo che egli vuole avere con ciascuno di noi.
Che legame c’è tra il tralcio e la vite? Staccato dalla vite il tralcio non può portare frutto e non serve ad altro che a essere bruciato.
La vite nutre i tralci con la sua linfa solo se si “rimane” in Gesù.
Il Padre, l’agricoltore, brucia i tralci che non rimangono attaccati alla vite e “pota” il tralcio che rimane “perché porti più frutto”. Noi cristiani siamo portati a vivere questi momenti come qualcosa di faticoso, di imprevisto e poco gradevole.
Molto spesso, nel corso delle giornate, quando incontriamo qualcuno in difficoltà, sentiamo dire: “Non prego più, o per lo meno non prego come vorrei”.
Come fa una mamma con figli a non pregare’ E come fa un papà che ha paura di perdere il lavoro non rivolgere una preghiera al Dio della vita?
In realtà tutti noi ci troviamo ad affrontare tante preoccupazioni, a rimuginare sulle cose da fare, a decidere i passi da compiere.
Cosa ci sostiene in tali situazioni?
Chi interviene a darci una mano, una parola di conforto, un ascolto, senza giudizi?. Solo la preghiera, il rivolgerci a Qualcuno, l’affidarci al Dio della vita possono e hanno il potere di allentare le nostre ansie e dare serenità ai nostri passi. La verità è che, finchè viviamo, avremo sempre un po’ di voce per chiedere e implorare aiuto e pace.
Un monaco orientale ha scritto: “Puoi sfuggire al rumore del fiume, al tuono di un temporale, al vento che scorre tra le foglie ma il vero rumore è dentro di te: per trovare la pace e il silenzio affidati a Dio”.
In questo stesso istante ci sono mamme preoccupate per i figli, adolescenti alle prese con i primi amori, anziani che temono la solitudine e la vecchiaia:tutti insieme a dirigere una sinfonia di lamenti, invocazioni, suppliche, grida di dolore.
Il Vangelo di oggi è come una carezza sulla guancia: Dio rimane sempre la grande speranza dell’uomo, qualsiasi cosa capiti nella vita.
“Rimanete in me e io in voi. Chi rimane in me porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla”.
Anche i più grandi santi, tuttavia, hanno vissuto la notte oscura, il buio totale, il silenzio più lungo. San Basilio ci dice: “E se non hai nulla da dirmi, parlami lo stesso, anche solo per dirmi che non hai nulla da dire”.
E, se talvolta, ci viene voglia di pregare ma non ricordiamo le parole imparate sin da piccoli non scoraggiamoci. Sarà sufficiente esprimere, con parole nostre, semplici, spontanee e dire: “ Signore Gesù ti voglio bene e ho bisogno del tuo aiuto “.

IV Domenica di Pasqua 22/04/18

L’ UOMO E’ ASSETATO DI DIO

22 Aprile 2018

Oggi, quarta domenica di Pasqua, ci viene proposta la figura del Buon Pastore che conosce, ama e difende le sue pecore fino a dare la vita per esse. Non così agisce il pastore mercenario che, di fronte ai pericoli, non difende il suo gregge ma fugge.
A nessuno, tuttavia, fa piacere far parte di un gregge, o essere identificato con una pecora. Gesù, con questo paragone, intende sottolineare il rapporto fra il buon pastore ed il suo gregge.
A Gesù interessano tutte le pecore, quella che si è smarrita e le novantanove che sono nel recinto, E’ un pastore bravo, accorto e zelante.
Ma, come il pastore non può stare bene finchè non sta bene ogni sua pecora, così ogni uomo non può stare bene finchè non sta bene suo fratello.
Chiunque abbia un compito di governo, nella società e nella chiesa, nella scuola e all’interno della stessa famiglia non può non fare un esame di coscienza e chiedersi: Ho anch’io a cuore il bene degli altri, di coloro che mi circondano e mi cercano?
E’ di conforto sapere che Gesù è un pastore che vuole bene sempre, Non solo alle pecore che appartengono all’ovile, ma anche a quelle selvatiche, che hanno brancolato chissà dove e che non sono riuscite a trovare la strada che porta a casa. “Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita”.
Fintanto che gli uomini abiteranno questa terra avranno sempre, nel loro cuore, un’inquietudine che li porterà a cercare Dio. Può anche darsi che gli uomini, talora, facciano fatica a trovarlo: questo è un incidente che può capitare nel lungo vagabondare della vita. Ma la fede, o almeno il barlume di essa, è l’anima della nostra condizione umana.
Dio aspetta, ci aspetta sempre, misericordioso e paziente.
Noi, ancor oggi, abbiamo la gioia di avere fra noi sacerdoti che spendono la loro vita per condurci, guidarci ed accompagnarci al seguito di Gesù.
Ma, Gesù, il Buon Pastore, al suo ritorno su questa terra, troverà ancora la fede?
La nostra risposta, personale e collettiva è: “Certo che la troverà”. Perché? Perché Dio ci ama tutti, ci aspetta tutti.
“Ci hai fatti per te. E il nostro cuore rimane inquieto, finchè non riposa in te” (Sant’Agostino).
La Chiesa tutta, oggi, dedica la giornata detta del Buon Pastore, alla preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose.

III Domenica di Pasqua 15/04/18

COME E’ DIFFICILE CREDERE !

15 Aprile 2018

Gli apostoli, sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma.
La gioia parve eccessiva; troppo bello per essere vero!
Come comportarsi di fronte a Gesù che, dopo aver augurato “Pace a voi”, dice: “Guardate! Vedete! Toccate! Mangiamo insieme!.
Gli apostoli, i discepoli di Emmaus e noi tutti siamo alla continua ricerca di un Dio vestito di umanità, che pianga le nostre stesse lacrime, che cammini lungo le nostre stesse strade. E non abbiamo forse bisogno anche della Pace? Pace che non esclude momenti di sconforto, di dubbio, di rabbia e che va accolta come dono.
Potessimo anche noi, come i due discepoli di Emmaus, esclamare: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto?”.
Come sarebbe bello avere sempre un cuore che arde, che non si spegne, che non si piega al dolore e alla vecchiaia, capace di dare sempre nuova vita!
Avere Dio nel cuore per diventare ciò che dobbiamo e possiamo essere: persone amate che amano.
Gesù, con la sua presenza fisica, reale, costringe gli apostoli, dubbiosi e paurosi, a ritrovare la fede in Lui e li conferma nella missione di essere suoi testimoni.
E’ una missione semplice e nello stesso tempo più coinvolgente di ogni altra.
Perché non si tratta tanto di trasmettere notizie o cose scritte, quanto di presentare e testimoniare un’esperienza personale vissuta.
“Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono… di ciò diamo testimonianza e lo annunciamo anche a voi” (Gv 1,1-3).
Testimoniare è raccontare ciò che anima le nostre convinzioni e le nostre scelte.
Diventare testimoni: non tanto per convincere, quanto per essere segno.
Ogni cristiano che sia approdato alla fede, potrebbe raccontare che all’origine del suo incontro con il Cristo c’è stato un testimone che gli ha trasmesso un modello di vita.
Diventare testimoni è un impegno che coinvolge tutti, sacerdoti, consacrati e laici. Anzi, sono proprio i laici che possono offrire la testimonianza più convincente e credibile sapendo che ogni discepolo di Gesù deve sentire, in forma personale, il compito di portare a termine la missione di Gesù.
I momenti di angoscia, talvolta lunghi, ci sono, ma occorre avere la certezza di una Presenza che sta alla porta e bussa!

II Domenica di Pasqua 08/04/2018

Credere!

08 Aprile  2018

Sarebbe molto bello poter aderire ad una fede “facile”, senza rischi, credere “dopo aver visto”, non avere mai i dubbi, i ripensamenti, le crisi, la mancanza di certezze assolute dell’oscurità. Tommaso, nostro fratello… La Chiesa ha – ha sempre avuto – una paura ossessiva del dubbio. Per molti uomini e donne di Chiesa il cristiano dovrebbe avere solo certezze, mai dovrebbe lasciarsi sfiorare dal benché minimo tentennamento… Ne andrebbe della sua fede! Pensiamo alla vicenda umana di Santa Teresa di Gesù Bambino. Giovanissima, ma già alla fine della vita, questa fragile sorella che per noi resta uno dei modelli più luminosi ed inimitabili di vita cristiana, vive momenti di oscurità, di dubbio, di autentica perdita della fede. “…E se tutto ciò per cui prego e soffro non fosse vero? Che terribile inganno…”. Un dubbio atroce, che essa vive come una tentazione, ma che non le impedisce, esalando l’ultimo respiro di dire… “Non so se credo… ma… Jésus, je vous aime… Gesù, ti voglio bene. Sì, la fede non viene eliminata dal dubbio, ma cresce con esso, diventa adulta solo quando sa sopportare i dubbi e convivere con essi.Tommaso non c’era quel giorno e non crede. Non basta il ricordo a rendere viva una persona, ci vuole la presenza. Quante volte anche noi non ci siamo! Gesù è presente nel nostro cuore, ma noi chissà dove girovaghiamo, errabondi qua e là e non lo vediamo, non perché non ci sia lui, ma perché non ci siamo noi! Siamo altrove, chissà dove. Quando ritorneremo dal nostro vagabondare, Gesù dirà anche a noi: “Metti qua il dito nelle mie piaghe e non essere più incredulo ma credente.” E Gesù ciò che dice, fa! “Per le sue piaghe siete stati guariti”. Ecco che le sue piaghe guariranno le nostre, purché nel nostro cuore non ci sia più l’incredulità. Perché le piaghe del risorto, “non grondano più sangue, ma irradiano luce” (A. Louf).
Ma oggi è anche la festa della Divina Misericordia, quella che procede appunto dalle piaghe aperte di Gesù, e si riversa su di noi come un fiume che lava ogni colpa, ogni dolore e ogni pena.

Pasqua 01/04/18

Cristo è la Risurrezione e la vita

01 Aprile 2018

Maria di Magdala esce di casa quando è ancora notte, buio nel cielo e buio nel cuore. Non ha niente tra le mani, non porta aromi come le altre donne, ha soltanto il suo amore che si ribella all’assenza di Gesù: «amare è dire: tu non morirai!» (G. Marcel).
E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente, nel fresco dell’alba. E fuori è primavera. Il sepolcro è aperto come il guscio di un seme. Il segno è un corpo assente dalla tomba. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita.
Il Signore Gesù non è semplicemente il Risorto, l’attore di un evento che si è consumato una volta per tutte nel giardino fuori Gerusalemme, in quell’alba del primo giorno dopo il sabato. Un evento concluso? No. Se noi tutti insieme formiamo il corpo di Cristo, allora contemporanea a me è la croce e contemporanea a me è anche la Risurrezione. Chi vive in lui, chi è in lui compreso, è preso da lui nel suo risorgere.
Cristo è il Risorgente, adesso. Sorge in questo momento dal fondo del mio essere, dal fondo di ogni uomo, dal fondo della storia, continua a risorgere, a immettere con la mano viva del creatore germi di speranza e di fiducia, di coraggio e libertà. Cristo Gesù risorge oggi, energia che ascende, vita che germina, masso che rotola via dall’imboccatura del cuore. E mi indica la strada della pasqua, che vuol dire passaggio ininterrotto dall’odio all’amore, dalla paura alla libertà, dall’effimero all’eterno. Pasqua è la festa dei macigni rotolanti via, adesso, dalla bocca dell’anima. E ne usciamo pronti alla primavera di vita nuova, trascinati in alto dal Cristo Risorgente in eterno.