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Misericordiosi come… 24/02/2019

MISERICORDIOSI COME…..

24 Febbraio 2019

La liturgia odierna ci invita a ritornare sul tema delle Beatitudini. Oggi il discorso si fa un pò più difficile perché ci viene chiesto di amare i nemici e di essere generosi e misericordiosi com’è misericordioso Dio nei nostri confronti.
Siamo dunque invitati a non seguire più l’antica legge “occhio per occhio, dente per dente” ma ad abbracciare una logica nuova. Ancor oggi in noi prevale la logica del dare e dell’avere, della giustizia dura, del farla pagare. Se vogliamo essere seguaci di Gesù dobbiamo invece adottare un comportamento diverso, che non divida, non discrimini, non separi. Ci viene richiesto di superare ogni barriera e di far cadere le differenze di classe, razza, religione.
Nella nostra società sono frequenti i casi di irriducibili e dolorose rotture famigliari, nate non di rado, da questioni di eredità. Quanti fratelli, dopo la morte dei loro genitori, chiudono il cuore, il contatto, il saluto!
La vita della gente è piena di questo tipo di rancori. Non di rado è questo il clima che si respira anche nell’ambiente di lavoro, nei condomini, coi vicini.
E’ difficile perdonare, è grande la voglia di vendicarsi. C’è chi vede nemici dappertutto. Se non proprio nemici, sovente ci sono gli scocciatori, i maldicenti, gli attaccabrighe, gli insopportabili.
Come regolarsi? Gesù dice: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36).
Il Cardinale Martini ha detto: “ Se uno ti percuote una guancia, porgigli anche l’altra. Sorprendi il tuo nemico e sta a vedere cosa succede. Una concessione, una sorpresa, una cortesia fa sì che qualche inimicizia si spenga da sola”.
Leggendo la Bibbia scopriamo che ogni uomo cova un desiderio d’onnipotenza, la volontà di primeggiare. Per conseguire questo traguardo noi lottiamo contro ogni forma di minaccia o di possibile attentato ai nostri desideri. Così accade che ogni uomo veda nell’altro un concorrente, un nemico da cui doversi proteggere e difendere. Gesù conosce queste realtà, le ha conosciute personalmente quando i concittadini lo rifiutano e tentano di ucciderlo, le sperimenta tra i Samaritani che gli impediscono di attraversare il proprio territorio. Gesù, il nostro Maestro, non si ribella. E’ venuto per amare e amare vuol dire non pretendere che l’altro ti capisca, ti accolga, ti mostri riconoscenza.

Beati voi che.. 17/02/2019

BEATI VOI CHE …

17 Febbraio 2019

L’Evangelista Luca racconta che Gesù, dopo essere salito su di un monte e aver passato tutta la notte in preghiera, raduna i suoi discepoli e ne sceglie dodici. Sceso dal monte guarisce gli ammalati e proclama le “ Beatitudini” agli apostoli ed alla folla venuta da lontano.
Gesù annuncia la sua simpatia verso le categorie più umili e in difficoltà; le sue beatitudini esprimono un programma di vita pieno di speranza.
Gesù parla a persone senza peso sociale; sono loro i “beati”. Le sue parole sono una risposta alla loro fatica di vivere, all’emarginazione in cui essi da sempre vivono, presi dalla povertà, dalla inevitabile sofferenza, non di rado vittime della prepotenza.
Gesù vede queste persone “Come pecore che non hanno pastore”.
(Mc 6,34). Gesù si rivolge a loro, che sono i miti, i poveri, gli affamati, coloro che hanno motivo di piangere e attendono con il cuore puro l’arrivo del Messia. A tutte queste persone è destinata la salvezza. Gesù manifesta attenzione verso chi ha fame ed è nel pianto, a chi patisce l’odio e il disprezzo a causa del Vangelo.
Presso il popolo ebraico, per lungo tempo, la ricchezza venne considerata una benedizione di Dio e la povertà un castigo. E’ il povero, tuttavia, che si trova a maggior ragione in diritto di attendere il messia per un futuro migliore.
La sua povertà è una grande occasione per essere più libero per Dio e per le cose che contano. Gesù, che ama e preferisce i poveri per la loro indigenza, rivolge parole dure, di rammarico, nei confronti dei ricchi e dei sazi. Anche tra i cristiani c’è chi sente il fascino abbagliante del denaro, ostenta il lusso e l’abbondanza, c’è chi è ingordo e vive per accumulare possesso su possesso.
Inchieste e sondaggi rivelano che i giovani, collocano la ricchezza al primo posto della scala dei valori; assistiamo ad una corsa affannosa verso il successo, alla ricerca di professioni sempre meglio remunerate e di amicizie sempre più interessate.
Le Beatitudini di Gesù, in particolare quella della povertà, hanno ancora un senso? Certamente sì! Gesù ci dice chiaramente che la ricchezza non può riempire il cuore di un uomo. Anche chi è ricco, sazio, potente, sempre in bella mostra può provare, nel suo intimo, solitudine, amarezza, non senso.
Oggi, noi tutti, popolo che Egli pasce, siamo invitati a prendere coscienza della nostra realtà, alzare lo sguardo e ad avere fede perché “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito”. (Sal 34,19).

Dio ha bisogno degli uomini 10/02/2019

DIO HA BISOGNO DEGLI UOMINI

10 Febbraio 2019

Il Signore Gesù parla alla folla che lo segue e lo ascolta. Pietro, pescatore, che nella notte non aveva preso nulla, riceve l’invito di Gesù a gettare di nuovo le reti. Pietro, da uomo di mare, sa bene che il momento non è propizio per la pesca ma si fida di Gesù e, forse con un po’ di scetticismo, cala le reti. Pietro e i suoi uomini “presero una quantità enorme di pesci e le reti quasi si rompevano… che riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano” (Lc 5,6-7).
Da quel momento Gesù non sarà più solo, chiamerà altri uomini, Giacomo e Giovanni, che cambieranno mestiere e lo seguiranno.
Da sempre Dio chiama gli uomini a realizzare i suoi progetti sull’umanità.
Lo ha fatto anche con Paolo, che da persecutore della chiesa è stato chiamato all’apostolato. Paolo stesso esprime con sicurezza la sua fede nella risurrezione di Gesù e a chi esprime qualche incertezza di fronte alla risurrezione dei morti dirà con chiarezza: “Gesù è risorto, e dunque anche noi risorgeremo”.
Di fronte alla chiamata di Gesù la prima reazione, spesso, non è quella del “perché proprio io ?”, del rifiuto o del menefreghismo, ma piuttosto quello del disagio, dell’inadeguatezza.
Non sono io l’uomo giusto – si pensa – non sono la donna giusta, non sono all’altezza, sono inadeguato. Sono frequenti i casi di chi afferma che prima di essere chiamato era orientato su altre strade.
C’è chi risponde: “Eccomi, manda me”. Altre volte la risposta positiva è molto più faticosa. Gesù ha chiamato Pietro e gli altre mentre stavano pescando, Matteo mentre si trovava al banco delle imposte, E questi hanno messo a disposizione tutto ciò che avevano: il loro mestiere, le competenze, le proprie idee, fidandosi unicamente della parola di Gesù che invita.
Il discorso sulla vocazione riguarda tutti da vicino; non dobbiamo pensare necessariamente alle vocazioni sacerdotali e religiose.
La vocazione è accogliere la vita, mettendo in gioco le qualità che abbiamo, vivendo per qualcosa e per qualcuno. E’ sempre un vivere con, un vivere per.
Gesù ha chiamato Paolo, che perseguitava i cristiani, ha chiamato il giornalista Follerau mentre faceva un safari in Africa, ha chiamato Don Milani che aveva la madre ebrea e il padre indifferente alla religione.
Gesù ha chiamato….. e anche oggi chiama.

Essere profeta 03/02/2019

ESSERE PROFETA

3 Febbraio 2019

La liturgia odierna ci racconta che la gente di Nazareth passa dalla meraviglia alla delusione e al rifiuto di Gesù. Si aspettano qualcosa di diverso, vogliono assistere a miracoli che Gesù ha già compiuto in terra pagana.
Probabilmente ogni cristiano ha vissuto, almeno qualche volta nella vita, l’esperienza del rifiuto, quella di non essere capito, accettato, magari dalla stessa famiglia, dagli amici, sul lavoro, dalle persone care.
Come spiegare, però, il fallimento nel caso di Gesù a Nazareth? Perché passano dalla meraviglia all’odio? Gesù sa che nessun profeta è ben accetto nella sua patria, tra i suoi, eppure torna a Nazareth spinto dall’amore verso quelli che ha conosciuto da sempre, con cui ha condiviso tanti momenti vissuti insieme nella sinagoga e nelle piazze.
Gesù porta un lieto annuncio, dice parole nuove, parole di speranza. Sono quelle che essi attendono da tempo; hanno un estremo bisogno di credere in qualcuno, in un liberatore dall’oppressione dei Romani.
Non hanno bisogno di parole, di sole parole; si aspettano altro, pretendono da lui i miracoli. Non sono guidati dalla fede ma dalla curiosità. Gesù prova solitudine, tipica dei profeti, di chi ha il coraggio di comunicare messaggi impegnativi, scomodi, e non trova cuori aperti, generosità.
Guardiamoci dentro! Spesso anche noi rifiutiamo il volto di Dio come si presenta, pretendiamo altro, ci aspettiamo un Dio a nostro uso e consumo, che ascolti sempre le nostre preghiere e assecondi i nostri desideri.
Dovremmo invece fidarci di questo Gesù che annuncia un messaggio d’amore e di verità destinato a cambiare il mondo, ascoltando fino in fondo ciò che sta dicendo. Come tutti i profeti Gesù sarà un profeta scomodo, chiamato a disturbare i sonni di quelli che incontra e finirà perseguitato e rifiutato.
Anche noi cristiani siamo chiamati a vivere una esistenza profetica. Il rischio è che la nostra testimonianza non sia efficace e coraggiosa, oppure rifiutata perché siamo incapaci di farci capire, perché ci presentiamo poco credibili o perché usiamo “parole vecchie” che non fanno presa sugli uomini del nostro tempo.
Anche il profeta Geremia dice: “Io non so parlare perché sono giovane”.
Avrà paura ma il Signore gli assicura la protezione: “Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti” (Ger. 5,19).
La profezia si può ostacolare, ma non ucciderla. Essa ha una vitalità forte e incontenibile perché viene da Dio.

Il nostro pensiero rivolto a Dio 20/01/2019

IL NOSTRO PENSIERO RIVOLTO A DIO

27 Gennaio 2019

Gesù inizia la sua attività e la sua predicazione in Galilea. Non parte da Gerusalemme, centro politico e religioso, ma dalla periferia della terra, da quanti sono esclusi, dai deboli, dai poveri, dagli emarginati, da coloro che non ce la fanno.
Oggi incontriamo Gesù nella sua Nazareth, di sabato, nella sinagoga, mentre legge un brano del profeta Isaia che dice: “ Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, per proclamare ai prigionieri la libertà e ai ciechi la vista… “(Lc 4,18).
Dopo aver letto queste parole Gesù dice a chi lo ascolta: Oggi si è compiuta questa Scrittura”. La gente capisce chiaramente che Gesù applica a sé quelle parole, che questo è il programma della sua missione di inviato di Dio.
Negli abitanti di Nazareth, tuttavia, non c’è alcuna disponibilità ad aprirsi alle parole nuove e rivoluzionarie proclamate da Gesù. Non c’è in loro una vera apertura alla verità, né desiderio di conversione. Non nasce nulla; per loro Gesù è semplicemente il figlio di Giuseppe, il falegname, e cercano addirittura di ucciderlo.
L’OGGI di cui parla Gesù diventa l’OGGI di tutti noi, chiamati a continuare la sua missione. Un OGGI affidato ora alla Chiesa, destinata a prolungare nel tempo l’azione di Gesù, fino alla realizzazione del Regno di Dio.
Chiesa chiamata ad essere lievito, punto di riferimento per tutte quelle persone, coraggiose e generose, che vogliono dare una mano al mondo perché diventi come il Signore lo ha pensato.
CREDERE O NON CREDERE ? Qui si gioca la vita di ogni uomo.
Fidarsi della Luce o cadere di fronte alla forza del buio?
Le vie di accesso alla fede sono sempre personali. Nel cammino della nostra vita e della nostra fede siamo invitati a nutrirci delle parole di Papa Francesco e di molti altri profeti del nostro tempo.
Perché non ascoltare queste voci, questi campanelli d’allarme che possono riaccendere “Il pensare a Dio” e possono far crescere il suo Regno nella storia? Come mai essi vengono fatti tacere, a volte in maniera brusca e dolorosa?
Il cristiano non può rimanere indifferente di fronte ad una situazione di ingiustizia, e neppure accontentarsi di consolare con qualche azione buona e caritatevole. Dovrà impegnarsi e schierarsi con i più poveri, anche a rischio d’incontrare il rifiuto, l’ostilità, l’emarginazione.

Gesù si preoccupa per la nostra gioia 20/01/2019

GESU’ SI PREOCCUPA PER LA NOSTRA GIOIA

20 Gennaio 2019

La liturgia odierna è dominata dalle nozze di Cana. Gesù compie il suo primo miracolo e i suoi apostoli cominciano a credere in Lui.
In questo paesino, Cana, a pochi chilometri da Nazareth,si celebra una festa di nozze e tra gli invitati c’è anche Maria accompagnata da Gesù e dagli apostoli. Nel più bello della festa viene a mancare il vino. Nessuna meraviglia perché la festa poteva durare anche otto giorni e il vino non bastava mai.
Ma senza vino, che festa era? Maria se ne accorge e si rivolge a Gesù che sembra non voler capire. Maria interviene e invita i servi a compiere tutto ciò che Gesù dirà; sei grandi giare piene d’acqua saranno trasformate in ottimo vino.
Che insegnamento ricaviamo da questa pagina del Vangelo?
La preoccupazione di Dio per la nostra felicità.
Nulla hanno fatto gli sposi per meritare il miracolo ma Dio interviene.
Già il profeta Isaia, nella prima lettura, aveva parlato di festa per tutti con un ricchissimo banchetto di grasse vivande, cibi succulenti e vini eccellenti.
Con questo primo miracolo Gesù si preoccupa di cambiare l’acqua in vino, ottimo vino. Solo dopo Gesù guarisce, ridona la vista, restituisce la vita e moltiplica pani e pesci.
Con il miracolo di Cana Gesù toglie dall’imbarazzo due giovani sposi di cui non conosciamo i loro nomi. La sua vita pubblica inizia in un clima di festa, una festa di nozze, simbolo di tempi gioiosi e di abbondanza.
Quel vino è destinato anche a noi, a dissetare la nostra sete di oggi.
Il miracolo è suggerito, ottenuto da Maria, la madre di Gesù. La presenza di Maria non è di contorno ma determinante. Maria è una donna attenta ed ascoltata dal Figlio. C’è chi ha detto che questo miracolo è tipico e rivela il modo di agire di Dio che sembra gradire, se non addirittura mettere in conto, l’intervento di Maria.
Gesù crede nell’uomo, nella sua gioia, nel suo desiderio di vita che sbriciola ogni paura. Egli vede la nostra vita spenta, la nostra religiosità stanca, le crisi di speranza, matrimoni che si trascinano per senso del dovere.
Gesù interviene.
Gesù ci dona il vino, simbolo della gioia. E la gioia non è mai troppa. Non ubriaca. Più ce n’è, più rende lucidi e felici” ( Tonino Lasconi ).

Dio mi ama per ciò che sono 13/01/2019

DIO MI AMA PER CIO’ CHE SONO

13 Dicembre 2019

Per bocca del profeta Isaia la prima lettura odierna annuncia agli ebrei un nuovo esodo, la liberazione dalla schiavitù. Dio stesso si mette alla guida del suo popolo e lo riconduce a Gerusalemme. Come un pastore che fa pascolare il gregge porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri.
Il Vangelo di Luca che oggi ci viene proposto comincia con l’espressione: Il popolo era in attesa. Di chi? Di che cosa?
La liberazione dall’occupazione romana era attesa da molto tempo. I tempi erano maturi e l’attesa del Messia era all’ordine del giorno.
Gesù, ricevuto nel Giordano il Battesimo da Giovanni Battista, lo troviamo in preghiera rivolto al Padre. Qui avvengono alcuni elementi centrali: Il cielo che si apre, la discesa dello Spirito, la voce del Padre che dice: “Tu sei il Figlio mio, l’amato. In te ho posto il mio compiacimento” (Lc 3,22).
Questa è una frase che tutti vorremmo sentirci dire.
Da questo momento Gesù abbandona la vita privata e inizia l’esperienza della predicazione del Regno di Dio tra gli uomini.
Che cosa ha rappresentato per Gesù il suo Battesimo?
– un gesto di umanità, di umiltà. Gesù si fa uomo.
– l’uscita dalla vita privata per entrare nella vita pubblica.
– Gesù è il Figlio amato dal Padre.
– l’inizio della sua missione con uno stile che gli è proprio; “Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta” (Is 42,2-3).
Gesù non castiga né punisce se la nostra fiamma è debole ma la fa diventare più luminosa. Non rompe ciò che si sta spezzando ma si fa medico e guarisce. Davanti a Dio noi siamo liberi, liberi perfino di non essere forti, liberi di essere deboli, liberi di chiedere aiuto, di pregare, invocare.
Nello scorrere della nostra vita siamo sempre preoccupati di essere gentili, all’altezza delle situazioni, forti, affidabili, socievoli ecc. Il Vangelo dice invece che Dio ci ama per primo. Non importa se alla fine ci sarà poco da salvare, se avremo percorso strade sbagliate. Dio tende la mano ai peccatori, non vuole il nostro cambiamento con le minacce ma con la forza del suo amore.
Oggi noi alziamo gli occhi alla ricerca di CIELI NUOVI ma spesso ci sembrano invece chiusi a causa di guerre, violenze, solitudini e disperazioni. I cieli possono aprirsi anche per noi se sapremo nutrire di preghiera le nostre giornate.

Epifania, festa dei popoli 06/01/2019

EPIFANIA, FESTA DEI POPOLI

6 Gennaio 2019

Se il Natale sottolinea la nascita, nella povertà e nella umiliazione, del Figlio di Dio, nato nel rifiuto e nel disagio, la solennità dell’Epifania, piena di luce e suggestione, restituisce al Bambino piena dignità, attraverso la visita di alcuni illustri personaggi venuti da paesi lontani, quei misteriosi magi che onorano e adorano il piccolo Re di Israele.
Essi rappresentano i popoli pagani, chiamati da questo momento alla salvezza.
Davanti a questo Bambino i magi sono stupiti, capiscono la semplicità, si inginocchiano e adorano, Provano una grande gioia nel vedere la stella e offrono al Bambino doni regali: l’oro per la regalità, l’incenso per la sua divinità, la mirra profumo per le nozze e presagio delle difficoltà che quel Bambino avrebbe poi incontrato.
Questi cercatori di Dio, con le loro domande tese ad incontrare il Bambino, provocano agitazione, mettono in subbuglio Erode, le autorità religiose e politiche. I dottori della legge non lo accolgono; si aspettano una venuta del Messia un po’ più trionfale. Gesù viene accolto dai pastori, disprezzati perché a contatto con gli animali e ritenuti peccatori; ma anche da questi magi pagani venuti da lontano.
Il nuovo Re nasce per tutti, senza distinzione. In Gesù si compiono tutte le speranze. Egli è il Re che tutti attendono anche se nasce nella povertà e nell’umiltà. I magi rappresentano tutte le persone che desiderano, che cercano e camminano. Si sono messi in cammino attraverso sentieri sconosciuti e segni incerti. Hanno seguito la stella con decisione, sacrificio, speranza.
Questi personaggi, venuti dal lontano oriente, se ne sono tornati a casa percorrendo strade diverse, strade che non conoscevano, quasi a significare la necessità per tutti di cambiare: strada, vita, abitudini.
I magi ci sono cari perché camminano con i piedi per terra ma con gli occhi fissi al cielo.
E noi abbiamo incontrato il Bambino? Siamo alla continua ricerca di Dio? Siamo sicuri di averlo già incontrato? Preferiamo, forse, non porci tante domande, vivere nella quiete, senza amore e senza rischi?
Ci sia di conforto sapere che l’adesione a Gesù sta crescendo in Africa, nell’America del Sud, in Cina ….
Pur percorrendo strade diverse siamo tutti invitati all’unica mensa!

La famiglia 30/12/2018

LA FAMIGLIA

30 Dicembre 2018

La famiglia di Nazaret è fedele alle tradizioni religiose del suo popolo.
Quando Gesù ha 12 anni, Maria e Giuseppe lo conducono in pellegrinaggio al tempio.
La strada la fanno in carovana con parenti e conoscenti. Sulla via del ritorno Maria e Giuseppe si accorgono che Gesù non è con loro. Gesù si è fermato ad ascoltare e discutere con i maestri della legge. Maria e Giuseppe sentono, come tanti, forse come tutti i genitori, che alla fine ”i figli non sono nostri”, appartengono a Dio, alla loro missione, al mondo, ai loro amori, alla loro vocazione, perfino ai loro limiti.
Il comportamento di Gesù è quello di un normale preadolescente che sente il bisogno di affermare la propria personalità e di fare nuove esperienze.
Egli non intende semplicemente disobbedire o dare un dispiacere ai genitori ma comincia e sentire di aver una responsabilità propria, che è giunto il momento di farlo sapere anche agli altri.
Neppure la migliore delle famiglie è esente dalla sofferenza, dall’incomprensione, dalla paura. Gesù rivendica la sua autonomia, eppure resta con loro. Sceglie il modo di crescere proprio degli uomini, vale a dire attraverso dialoghi, incomprensioni, ubbidienze.
Anche ora, nei nostri giovani, cresce l’insofferenza per non essere capiti, aiutati, lasciati liberi di andare, sbagliare… Tutto ciò provoca nella famiglia un clima di dubbio, incomprensione, fatica e tanta sofferenza. Ai genitori spetta il grande compito di non vantare alcun diritto di possesso sui figli, conservare nel cuore con fiducia ciò che oggi non si capisce. Dobbiamo credere che un giorno la risposta verrà e sarà luce.
A Maria, la madre di Gesù, il vecchio Simeone aveva da subito indicato un cammino di dolore. Per oltre trent’anni Maria ha conservato in cuor suo queste parole. Maria di prove ne ha avute tante: l’unione con Giuseppe, suo promesso sposo, la persecuzione di Erode, la fuga in Egitto ed ora Gesù che, dodicenne, alza la cresta. Ogni mamma e ogni papà possono sicuramente contare sull’aiuto di Maria per proseguire con fede il gravoso compito di accompagnare i figli nella loro crescita.
Ai giorni nostri, le mamme e i papà, sono soliti accompagnare i figli nella crescita della fede (anche andando insieme alla Messa) o sono soliti delegare il tutto alla parrocchia, ai catechisti, agli animatori?
E’ confortante scoprire che la Chiesa, già subito dopo il S. Natale, dedica riflessioni, sguardi ed attenzioni a tutti i genitori.

Buon Natale ad ogni uomo 23/12/18

BUON NATALE AD OGNI UOMO

23 Dicembre 2018

Chi è quel Gesù che è nato a Betlemme in povertà e non è stato accolto?
E’ la “Parola di Dio” che si è fatta umana per venire in mezzo agli uomini.    Chi l’accoglie entra far parte di un popolo nuovo.        
A Natale la festa esplode in ogni angolo della terra. Tutti dovremmo rallegrarci perché Gesù nasce per tutti, anche per chi festeggia la sua nascita senza rendersene conto. “Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti, perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte è venuto per la liberazione di tutti” (San Leone Magno).
Perché Dio ha voluto far nascere sulla terra, in mezzo a noi, suo Figlio, Gesù?
Avrà visto, forse, le tante famiglie cariche di problemi? Avrà visto padri preoccupati in cerca di lavoro, mamme sfinite dalla fatica, bambini che piangono, figli adolescenti inquieti, alla perenne ricerca di una fugace felicità?
Avrà visto, forse, la grande richiesta di amore degli uomini e ha deciso di mandare Gesù tra la povera gente?
Non poteva semplicemente distribuire tanti pacchi dono con i consueti panettoni e i biglietti di auguri? Avrà sicuramente visto quanto grande fosse il dolore dell’uomo, con le sue grida, i suoi desideri, le lacrime….
Avrà pensato alle generazioni di uomini già passati, alle persone che ora soffrono e vivono, ai bambini che nasceranno e che vivranno su questa terra.
Cos’altro poteva fare se non decidere di far nascere Gesù tra noi?
Gli angeli, alla nascita di Gesù, hanno gridato a squarciagola:
“Non temete, vi annunciamo una grande gioia, oggi è nato per voi un Salvatore”.
Noi tutti, poveri come quei vecchi pastori della notte di Natale, avvertiamo un po’ di speranza crescere nel nostro cuore? C’è, nei nostri cuori, un po’ di spazio per Gesù? Del resto, nella stessa notte di Natale, Maria e Giuseppe non trovarono posto, nella locanda, né per loro né per il figlio Gesù.
Non meravigliamoci per quel rifiuto perché avviene continuamente.
Nonostante tutto Gesù viene per portare luce, gioia, amore a tutti.
Chi celebrerà bene il Santo Natale?
Chi saprà amare con lo sguardo, con il cuore, con la bocca, con le mani.
Chi saprà amare concretamente, asciugare lacrime, piangere con chi è nella prova.