Archivi categoria: Riflessione

Credere significa attendere 08/11/2020

CREDERE SIGNIFICA ATTENDERE

8 Novembre 2020

Il Vangelo odierno ci propone la parabola delle dieci vergini e ci richiama alla vigilanza. Gesù ci invita alla vigilanza nell’attesa del suo ritorno glorioso. Noi non sappiamo né il giorno né l’ora del suo ritorno, quindi la vigilanza deve essere costante, nella preghiera e nell’operosità.
Come ci troverà il Signore? Se siamo veri figli di Dio dovremo farci trovare impegnati, non addormentati, stanchi, insonnoliti, indifferenti.
Solo così giungeremo a quel giorno senza essere preoccupati delle cose che lasciamo in questo mondo o delle ricchezze che avremo accumulato.
Il senso della provvisorietà (vedi l’attuale situazione creata dalla pandemia) e della precarietà della nostra vita non deve sgomentarci, ma ci deve stimolare a guardare a ciò che non passa.
Diamoci da fare per cercare prima di tutto il Regno di Dio e ad ascoltare Colui che è fonte di consolazione, di gioia; il Solo in grado di dare ristoro a tutti coloro che sono affaticati ed oppressi.
Abbiamo acceso nel cuore il desiderio di incontrare Gesù?
Il Vangelo odierno ci parla delle vergini, alcune stolte e altre sagge, in attesa dello sposo. Solo le vergini sagge sono provviste di olio per alimentare le loro lampade. Quando, nel pieno della notte, arriva lo sposo esse possono tranquillamente andare incontro allo sposo, entrare con lui alle nozze e chiudere la porta.
Non basta attendere: la fiducia è essenziale, ma deve accompagnarsi con la saggezza e la certezza di un domani migliore.
Credere significa attendere! La venuta dello sposo non è una vaga speranza, ma una certezza. Verrà!
E noi abbiamo olio sufficiente per la nostra lampada? Può capitare che la nostra fede si intiepidisca e provi fatica. Gesù, maestro e sposo, conosce le nostre debolezze e le fatiche della quotidianità che smorzano i nostri entusiasmi.
Cesare Pavese ha scritto: “Aspettare è ancora un’occupazione. E’ non aspettare niente che è terribile”. Signore, insegnaci la vera sapienza, quella che tiene le lampade accese per incontrare Te.

Vuoi essere felice? 01/11/2020

VUOI ESSERE FELICE ?

1 Novembre 2020

La festa di tutti i Santi, cioè di coloro che vivono già nella gloria del cielo, è, al tempo stesso, la festa dei Santi che sono ancora in cammino, chiamati a partecipare alla gloria di Dio.
Oggi siamo invitati a ricordare tutti coloro che hanno raggiunto questa mèta e quindi anche tutte le anime beate che non sono ricordate nel calendario.
Può ora sorgere in noi la domanda: La santità è possibile? Certo che è possibile, è possibile per tutti; lo confermano i santi che sono giunti alla mèta in tanti modi diversi. Se rimaniamo uniti a Cristo possiamo essere certi di procedere nella giusta direzione.
La festa di tutti i Santi è veramente un motivo di grande gioia, di speranza e di consolazione, perché possiamo confidare sull’intercessione di tanti nostri fratelli che sono già nel Signore, e quindi di sperare di ricevere da loro la forza per poter giungere anche noi a quella beata condizione che loro hanno già raggiunto passando attraverso la vita, la valle delle prove e del dolore.
I Santi sono i nostri grandi padri e fratelli che amano consolare e rallegrare i piccoli e i poveri che siamo noi.
Non esitiamo e rivolgiamoci a loro per chiedere l’aiuto a credere e ad amare, a offrire e a perdonare, a lodare il Signore nella gioia e nelle prove.
Nel Vangelo odierno delle Beatitudini Gesù dice: “Beati voi…”
Perché queste parole siano rivolte a ciascuno di noi, testimoniamo con coerenza la nostra fede senza accontentarci di vivere nella mediocrità impegnandoci, ogni giorno, a fare delle scelte coraggiose. Celebriamo quindi la festa dei Santi, quelli del passato, del presente e del futuro, con tanta fiducia perché il Cielo non è lontano, è in mezzo a noi ed è in noi.
Vuoi essere felice? Cammina, proprio lì dove vivi, con quel marito o quella moglie, con quei genitori anziani, con quei vicini di casa, con quei compagni di scuola, coi colleghi di lavoro…, dove sei chiamato a far fiorire la vocazione alla santità.

AMERAI DIO……amerai l’uomo 25/10/2020

AMERAI DIO……amerai l’uomo.

25 Ottobre 2020

Che cosa ci comanda il Signore? Di vivere nella fede, nella speranza e nella carità. E che cosa ci promette? La vita in comunione con Lui nell’eternità.
Uno dei farisei, nel tentativo di mettere alla prova Gesù e verificare se le sue risposte sono in linea con le norme della legge, gli domanda: Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?
I farisei erano tenuti ad osservare oltre seicento precetti (talvolta anche comportamenti minuziosi) e tutti questi precetti dovevano essere osservati per essere ritenuti veramente fedeli a Dio.
Gesù non si sofferma su quel lungo elenco di norme, ma afferma che vi è un unico precetto che le riassume tutte, quello dell’amore per Dio, a cui fa seguito, quello dell’amore per il prossimo.
Per Cristo le strade che conducono verso Dio e verso il prossimo non si possono separare. Ecco perché il comandamento dell’amore è uno solo e abbraccia Dio e gli uomini.
Se siamo di Cristo e ci chiamiamo cristiani dobbiamo amare come Cristo ci ha amato e non lasciare che nel nostro cuore si annidi qualche ombra di esclusione, di risentimento, di non benevolenza.
Proviamo a domandarci: Come penso, come parlo, come agisco?
Scopriremo così quanta strada dobbiamo ancora compiere per vincere l’istintività che ci fa sentire facilmente l’offesa, la mortificazione, il turbamento, quando ci sembra di essere trattati male.
Cristo si è fatto vicino a noi perché possiamo vedere e imparare da Lui ad amare gratuitamente tutti coloro che ci fanno soffrire, perché chi sceglie di amare sceglie di vivere nella luce, nella gioia e nella pace del Signore. “Amerai…” Un amore al futuro, un amore dinamico, sempre da rinnovare, un amore che, in certi momenti, si fa preghiera, in altri imprecazione, in altri dolcezza, fatica e smarrimento.

Chi è il Signore della mia vita? 18/10/2020

CHI E’ IL SIGNORE DELLA MIA VITA ?

18 Ottobre 2020

Nel Vangelo odierno troviamo a confronto il regno di questo mondo e il Regno di Dio.
Gesù ci invita a non trascurare l’onestà e la giustizia nel vivere le relazioni di questo mondo avendo a cuore ciò che è importante: attraverso queste realtà terrene bisogna tendere a quelle eterne.
L’Evangelista Matteo oggi ci parla dei farisei che rivolgono a Gesù
una domanda circa la liceità del pagamento della tassa all’invasore romano: “Allora, uomo di Galilea, che facciamo con questi benedetti soldi dei romani, paghiamo le tasse o facciamo finta di niente?”
La risposta di Gesù, che invita a “ dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” sostanzialmente significa:
Siate giusti, siate retti, siate leali verso tutti e sappiate, prima di tutto, che dovete rendere voi stessi a Dio, perché in voi è impressa la sua immagine.
Sulla moneta è incisa l’immagine di un dominatore di questo mondo che passa, ma dentro di voi si trova l’immagine di Dio, che vi chiama a condividere la sua vita, la sua gloria, il suo Regno eterno.”
A Cesare vadano le cose, a Dio vadano le persone.
E che cosa appartiene a Dio? Noi stessi!
In noi Dio ha impresso la sua immagine, dobbiamo restituirgliela, senza sciuparla. Le qualità che rendono bella la creatura umana sono le qualità interiori, morali e spirituali. Tutte le possibilità che ci sono date per manifestare la nostra fede e il nostro amore devono quindi essere colte, curate e non trascurate, perché in ogni momento noi siamo chiamati a testimoniare chi siamo e di chi siamo, per chi operiamo e per chi viviamo.
Gesù ci tratta da adulti! Evitiamo di cadere nella tristezza e nella solitudine quando ci preoccupiamo solo di denaro, potere e successo.
Signore, grazie perché ci dai la libertà di scegliere e di amare Te e il Tuo Vangelo.

Invitati alla festa 11/10/2020

INVITATI ALLA FESTA

11 Ottobre 2020

Nella parabola odierna incontriamo un re (Dio Padre) intento ad organizzare una festa per il matrimonio del figlio. Gli invitati alle nozze si comportano, però, in modo strano.
I servi inviati per annunciare il banchetto ricevono un trattamento tutt’altro che accogliente, dal momento che alcuni vengono insultati, altri bastonati e altri persino uccisi.
Se è tutto pronto e gli invitati hanno declinato l’invito, per chi sarà la festa? Sicuramente non per gli indifferenti, troppo presi dalle loro cose, affari, campi ecc. Ma, una festa è tale sia per il festeggiato che per gli ospiti… allora? Il re riempie la sala con una nuova categoria di persone: i passanti chiamati dai servi agli incroci delle strade. Non hanno fatto nulla per meritarsi un invito al banchetto: sono tutti, buoni o cattivi.
La festa non è soltanto per i giusti, è per chi abbandona i propri affari per rispondere all’invito del re.
Dio chiama, lascia entrare tutti e così riempie la sala.
Se la parabola finisse qui avrebbe un lieto fine; ma non è così.
Vi è tra gli invitati un individuo senza abito nuziale.
La veste nuziale non consiste solo in un abito da indossare. Quest’uomo non è peggiore degli altri. Ma lui non si confonde con gli altri, non è in comunione con gli altri. E’ solo, isolato, non è partecipe gioioso alle nozze. E’ incredulo di fronte alla bontà di Dio, E’ come se la sua testa fosse altrove.
Quest’uomo non si è lasciato amare ! L’incontro con Dio è festa, gioia, danza, sorriso. Non aveva capito che il regno di Dio non è per i buoni, ma per quanti rispondono di sì all’invito e ci mettono qualcosa di proprio. Non servono grandi virtù !
La frase finale del Vangelo: “Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti” sollecita una nostra risposta, la nostra disponibilità, la testimonianza personale per far crescere il Regno di Dio fra noi.

Dio ama la sua vigna 04/10/2020

DIO AMA LA SUA VIGNA

4 Ottobre 2020

Siamo in autunno, tempo di vendemmia. La liturgia odierna ci pone delle riflessioni a partire da una parabola che ha per ambiente una vigna. La vigna è una pianta che ha avuto un posto rilevante in ogni tempo e tra molti popoli.
Gesù, nella parabola odierna, ricorda l’amore di Dio per la sua vigna, la fiducia che ha avuto nei viticoltori ai quali l’ha affidata, l’arroganza con cui essi l’hanno gestita, il trattamento che hanno riservato ai suoi servi (bastonate, lapidazioni, uccisione dell’unico figlio).
Eppure Dio aveva piantato la vigna con cura, le aveva fatto una siepe intorno, scavato un frantoio e costruito una torre per poterla sorvegliare.
Che cosa dovevo fare di più, che non ho fatto?” è il lamento di Dio.
E’ sorprendente la pazienza del proprietario nei confronti dei vignaioli.
Tollera tutto, a lungo, fino in fondo. E’ il simbolo dell’amore gratuito e incondizionato di Dio verso il suo popolo.
Gesù non dice che la vigna verrà distrutta, ma che verrà affidata ad altri che con il loro lavoro produrrà frutti buoni. E’ questo il modo di operare di Dio, che è fedele. Dio chiama e invita a lavorare nel suo regno, ma se uno non accoglie i suoi inviti chiama altri.
Nella realtà odierna, dove sembra prevalere l’indifferenza, la superficialità, il vivere la propria fede come un fatto privato, ci dimentichiamo di Dio e che tutto è dono di Dio. Ci consideriamo padroni assoluti di ciò che siamo e di ciò che abbiamo e non comprendiamo che siamo semplicemente dei mezzadri che devono lavorare la vigna che è di un altro.
Non siamo noi i signori del mondo anche se Dio ci chiama ad aver cura dell’ambiente in cui viviamo per renderlo più abitabile.
Il Signore oggi ci invita a fare un esame sulla nostra vita, su quelle che sono le nostre ansie e le nostre speranze, i nostri desideri e i nostri timori.
Dobbiamo coltivare il grande desiderio di incontrare Dio e prepararci, dopo il lavoro faticoso di questa vita, a goderlo nella vendemmia e nella gioia in cielo.

Che ve ne pare? 27/09/2020

CHE VE NE PARE ?

27 Settembre 2020

Spesso Gesù inizia così i suoi racconti. Lo scopo delle parabole è proprio quello di farci aprire gli occhi e vedere la vita da un punto di vista diverso.
Un uomo aveva due figli. A tutti e due chiede di andare a lavorare nella vigna. Il primo risponde in maniera sfacciata Non ne ho voglia. Ma poi si pente e ci va. Il secondo figlio risponde: Si, Signore. Ma poi non ci va.
Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? La risposta è ovvia: il primo.
La parabola di oggi presenta una scena che può ripetersi in ogni famiglia perché i figli, nei confronti dei genitori, mostrano più o meno docilità a seconda dei caratteri e delle disposizioni d’animo.
Tuttavia, la risposta immediata non è sempre quella più indicativa della volontà profonda della persona umana. C’è infatti un impulso naturale ma poi anche una forza spirituale che può condurre all’ordine, alla verità, all’amore. Quello che davvero conta non sono le prime reazioni esteriori e superficiali, quanto le decisioni concrete.
Spesso noi cristiani osservanti sentiamo poco il bisogno di cambiare vita perché siamo attaccati ai nostri vizi nascosti.
Il Profeta Ezechiele ci dice: “Se vedi il tuo peccato, puoi pentirti e vivrai; se non lo vedi, la conversione è impossibile”. Per questo abbiamo bisogno continuamente di pregare affinché la virtù cresca con la meditazione della parola di Dio e con la preghiera.
Preghiera che deve talvolta essere fatta anche di lacrime e di pentimento, se riconosciamo di non esserci comportati rettamente con il Signore e con i fratelli.
La cosa più normale della vita è sbagliare. Bisogna fare i conti con la nostra fragilità. Finché camperemo la nostra esistenza sarà una lunga trafila di errori e di inciampi.
Davanti a tutte le situazioni che si presentano lungo il cammino della vita dovremmo sentirci come quei figli a cui il Padre continua a dire: Vai nella mia vigna”.

Quello che è giusto ve lo darò (Mt. 20,4) 20/09/2020

QUELLO CHE E’ GIUSTO VE LO DARO’ “(Mt. 20,4)

20 Settembre 2020

Oggi il Signore ci chiama tutti, proprio tutti, al lavoro nella sua vigna.
Il padrone della vigna viene più volte sulla piazza a cercare operai (al mattino presto, verso le nove, a mezzogiorno, alle tre del pomeriggio, alle cinque di sera…) Non sopporta la gente inoperosa, non guarda l’età, l’esperienza sul lavoro, guarda l’uomo, tutti noi.
Quando arriva il momento della paga questo padrone sorprende tutti.
Dà a tutti un denaro, che è la paga di un’intera giornata di lavoro.
Ma come? A tutti la stessa paga? Ma è ingiusto, ci viene da pensare!
E invece il padrone della vigna rivendica il suo diritto, il suo operato, la ferma volontà di dare a tutti un denaro dicendo:Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”
Ciascuno di noi si può identificare con l’operaio che si lamenta per aver lavorato tutto il giorno e ricevuto la stessa paga di chi ha lavorato poche ore. Ci sentiamo come lui, proviamo il suo stesso senso di ingiustizia, ci accorgiamo di avere un cuore invidioso. Egli è il padrone buono, che nel fare i suoi doni non si lascia condizionare dalle opere compiute, ma unicamente dal suo amore per venire incontro ai bisogni di ciascuno.
Talvolta noi cristiani ci sentiamo un gradino sopra gli altri e mormoriamo, giudichiamo… Ma come? Quei genitori che non sono cristiani esemplari, che vivono apparentemente senza valori… perché si ritrovano ad avere bravi figli, rispettosi, impegnati? Il Signore ci avverte amorevolmente: “Finchè pensi di essere tra i primi, che possono rivendicare privilegi, sei dalla parte sbagliata, perché gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.”
Lavorare nella vigna del Signore non è mai faticoso, anzi è un privilegio, una crescita nella maturazione e nella ricchezza interiore.
Possiamo leggere, cantare, pregare, fare catechismo, visitare i malati, pulire la chiesa, aiutare… Chi arriva alla fede, in gioventù o in tarda età, sente il privilegio di avere incontrato qualcosa, Qualcuno di sorprendente.
Qualcuno che dà un senso nuovo alla vita.

Il perdono 13/09/2020

IL PERDONO

13 Settembre 2020

La liturgia di oggi ci invita a perdonare, così come Dio perdona a noi. Nel vangelo di questa domenica Pietro chiede a Gesù: “Se mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”
Nella vita di ogni giorno ognuno di noi può venirsi a trovare in tale situazione. Il male ci accompagna e, se vogliamo vivere in fraternità, dobbiamo prepararci al peccato del fratello, del figlio…
Possiamo dire che più che un’eventualità è una certezza.
Potremmo anche chiederci: “Come si fa a perdonare sempre?
C’è un limite! Ci si stanca..”
Gesù ci dà una risposta chiara: “Fino a settanta volte settecioè sempre! Possono forse un padre e una madre mettersi a contare gli sbagli, i soprusi, le offese dei propri figli? Possiamo forse mettere un limite oltre al quale non andare? Non è una cosa facile perdonare chi ci fa soffrire o chi ci fa del male, eppure Gesù non ha mezze misure e ci dice: Se non perdonerete di cuore…”(Mt 21,35).
La parabola che Gesù racconta ci parla di un servo che, avendo ricevuto dal padrone il condono di un debito immenso, poco dopo pretende, da parte di un altro servo, suo compagno, il risarcimento immediato di un debito molto piccolo, e senza alcuna pietà lo fa gettare in prigione.
Quante volte noi stessi desideriamo, pretendiamo di ricevere quello che non siamo in grado di darlo agli altri.
Dio ha condonato i nostri peccati grazie al sacrificio sulla croce dell’unico Figlio Gesù. Come possiamo non provare gratitudine e desiderare di imitarlo?
Quante volte noi, per piccole cose, nutriamo risentimento, rancore, amarezza, delusione! Il perdono deve invece esprimere un amore gratuito e deve essere offerto senza condizionamenti, senza restrizioni, senza fare distinzione fra una persona e un’altra.
Domandiamoci: “Davvero perdoniamo? Davvero io perdono a tutti?
Il traguardo che ogni genitore ferito desidera non è punire ma vedere tornare l’amore, l’armonia, la pace e la gioia.

La gioia della fraternità 06/09/2020

LA GIOIA DELLA FRATERNITA’

6 Settembre 2020

Il tema di fondo di questa domenica è quello della “Gioia della fraternità”, del “vivere insieme” aiutandosi.
Per arrivare alla gioia piena è necessaria la conversione del cuore e aprirsi quotidianamente all’amore concreto verso i fratelli.
Gesù, oggi, ci insegna come ci si deve comportare quando, nella vita fraterna e nella vita sociale, ci sono offese.
Umanamente è facile, anche senza volerlo, ferire un altro.
Che fare? Occorre praticare il perdono.
Il teologo Romano Guardini si chiedeva: “Perché perdonare, dunque?  Perché il perdono è più umano, Chi si tiene il suo diritto, si pone al di fuori della società. Bisogna invece pensare che si è uomini tra uomini e che siamo legati tutti da un destino comune”. Una vita di comunità, di fraternità, è possibile solo se non lasciamo spazio alle tensioni, agli istinti, alle passioni e ambizioni che quotidianamente scatenano violenze e guerra in tutto il mondo e spesso anche nel nostro cuore.
L’armonia, la gioia, sono dono di Dio e sono a caro prezzo!
Richiedono un percorso duro e faticoso perché siamo tutti peccatori.
Correggere il fratello che sbaglia è scomodo. E’ più facile giudicare, mormorare, sparlare … condannare. Se davvero vuoi bene a tuo fratello occorre correggerlo faccia a faccia”. E’ la cosa più difficile, ma la più onesta. Sapersi correggere è la prova che si è fratelli. Infatti puoi avvertire uno che sbaglia solo se per te è davvero un fratello da amare.
Diventiamo fratelli quando troviamo il coraggio di venire corretti e di correggere. La Chiesa, voluta da Gesù, è una comunità di peccatori capaci di caricarsi del peso dei propri compagni di viaggio.
Anche chi commette un errore ha bisogno, per risollevarsi e cambiare strada, di stima, di affetto, di aiuto.
Del resto, dove va a finire l’amore se chi sbaglia viene escluso?
Se tu perdoni, perdona per amore” Sant’Agostino.