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E’ giunto il momento 24/01/2021

E’ GIUNTO IL MOMENTO

24 Gennaio 2021

All’inizio della sua vita pubblica Gesù presenta la sua proposta di vita: Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. Convertirsi, per Gesù, è cambiare modo di vedere le cose, accogliere una speranza nuova, aprirsi a Lui.
All’invito di Gesù gli apostoli rispondono “subito” e si mettono immediatamente al suo seguito. E’ Gesù che chiama e la sua è una parola forte e creatrice come quella di Dio. La costruzione del Regno ci coinvolge tutti. Siamo tutti “arruolati”. Gesù non ha scritto nulla e ha puntato tutto sulla testimonianza personale, sull’annuncio diretto, sul passaparola. La sua prima piccola comunità era composta dagli apostoli, dai discepoli, dalle donne che lo seguivano.
Convertirsi non vuol dire recitare un atto di dolore o fare una confessione. Ci si può convertire in un solo istante, come è capitato a Paolo sulla via di Damasco, ma in generale questo avviene più lentamente. Per Sant’Agostino è stato un cammino faticoso, anche se poi conserverà per tutta la vita la nostalgia del tempo perso. Convertirsi vuol dire abbandonare qualcosa come è capitato in modo radicale per gli apostoli che hanno abbandonato tutto (reti per la pesca, famiglia), affascinati dalla Parola di Gesù.
Non ci si converte una volta per tutte, ma è una scelta che va confermata ogni giorno. Convertirsi alla bella notizia è molto più difficile che convertirsi alle brutte notizie. A quelle ci crediamo tutti; nessuno osa dubitare ciò che quotidianamente i telegiornali ci annunciano. Il mondo ha bisogno di gente appassionata, innamorata della semplicità, amante della pace, libera dai compromessi, gente spontanea, tenace, forte. Il mondo, pur senza saperlo, ha bisogno di ricevere questa “bella notizia”, il Vangelo della vicinanza di Dio. Riconoscere Dio come padre significa riconoscersi fratelli tra noi e accettare che lo stile delle relazioni umane sia quello dell’amore e della misericordia. Oggi, come allora, non c’è tempo da perdere!
Convertirsi non è un ordine, non è un dovere, ma una proposta, resa possibile se lasciamo entrare il Signore nella nostra vita.

Affrettiamoci ad amare 17/01/2021

AFFRETTIAMOCI AD AMARE

17 Gennaio 2021

E’ tempo di fatica per tanta gente affaticata. Fatica nel camminare, nel fare, forse anche nel pregare. Già, perché nel credere – in sé stessi, negli altri o nella propria fede – c’è la forza di alzarsi, rialzarsi, camminare e sentirsi ancora vivi e in relazione con gli altri.
Da soli con ci si salva e da soli non si va da nessuna parte.
Ma andare dove? In quale direzione? Con chi?
In effetti ora ci sentiamo tutti un po’ disorientati. Dobbiamo aiutarci, dobbiamo fidarci. Non è forse giunto il tempo per riscoprire e riappropriarci del “senso di Comunità”?
Essere Comunità e fare Comunità richiede impegno, sentirsi e farsi carico di un progetto comune, utilizzando le proprie idee, i propri talenti, le proprie risorse. E’ bello e consolante vedere tanta solidarietà, da parte della nostra unità pastorale, verso i più bisognosi, i poveri, gli ultimi, le famiglie dolorosamente impoverite a causa della pandemia. Tutto questo è Comunità e fa Comunità. Mettiamo in moto la fiducia in noi stessi, negli altri, fiducia nel nostro Dio che … non ha mai smesso di aiutarci.
Abbiamo bisogno di una stella per avere tanta luce quanta ne basta per fare il primo passo. E ce ne sono tante di stelle in giro.
Tre immagini sintetizzano l’anno appena concluso:
Papa Francesco, da solo, in Piazza san Pietro, venerdì 27 marzo, in una piazza deserta, sotto la pioggia, a tu per tu con il crocifisso a pregare per il mondo.
La riscoperta della bellezza degli occhi delle persone dietro le mascherine. Ci si può riconoscere con gli occhi, ci si può parlare con gli occhi, ci si può abbracciare con gli occhi.
La riscoperta della vita, partendo dalla fragilità. La necessità di usare prudenza e maggior cura.
La paura, che tutti abbiamo provato, paralizza. Affrettiamoci ad amare. Le persone se ne vanno così in fretta. Non perdiamo tempo.
Quanto è accaduto ci ha fatto comprendere che noi non siamo i “Signori del creato” ma i “Custodi del creato”.
Impariamo a fermarci, ad inginocchiarci davanti ad una croce, a scoprire la bellezza delle cose, delle persone, di stare a tu per tu con Dio. Come affrontare il futuro?
Il poeta polacco Twardowski direbbe: “Affrettiamoci ad amare”.

San Giuseppe 10/01/2021

SAN GIUSEPPE

10 Gennaio 2021

Il giorno 8 dicembre 2020, solennità dell’Immacolata Concezione della B. V. Maria, in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale, Papa Francesco ha pubblicato la lettera apostolica “Patris Corde” (con cuore di padre).
In questa lettera Papa Bergoglio elenca le qualità del santo falegname: Sposo di Maria, tenero, obbediente, accogliente, creativo, lavoratore, umile. Già in tenera età Bergoglio si fermava all’ultimo banco della Chiesa di San Josè da Flores di Buenos Aires e pregava davanti alla statua di San Giuseppe. Divenuto Arcivescovo, ogni anno, il 19 marzo, vi celebrava Messa. Eletto Papa, Bergoglio ha scelto proprio la festa del padre putativo di Gesù per cominciare il suo Pontificato.
Una devozione che lo ha sempre guidato sulle orme di un uomo che, con amore di padre, ha custodito Gesù e Maria.
Giuseppe ha insegnato il lavoro e la preghiera, l’affidamento alla volontà di Dio, anche quando i disegni apparivano incomprensibili alla mente umana.
San Giuseppe è un modello che Papa Francesco vuole mostrare a tutti i cristiani tramite un anno speciale ( con l’indulgenza plenaria secondo le consuete modalità), che andrà avanti fino all’8 dicembre 2021.
Il Pontefice, nella sula lettera apostolica, ce lo ricorda, ripetendone tante volte il ruolo.
Lo chiama padre amato, padre nella tenerezza, padre nell’obbedienza, padre dal coraggio creativo, padre lavoratore, padre nell’Ombra.
Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui.” Papa Francesco.
Anche Don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, invocava spesso San Giuseppe quale Santo della provvidenza. Don Alberione ha composto, per lui, una preghiera particolare:
“La coroncina di San Giuseppe” a sollievo dei poveri e dei sofferenti.
Se ne avverte l’esigenza in un mondo che “ha bisogno di padri che non siano padroni, che non usino il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto, che non confondano autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, carità con assistenzialismo”.
I fedeli avranno la possibilità di impegnarsi, con preghiere e buone opere, per ottenere, con l’aiuto di San Giuseppe, capo della celeste Famiglia di Nazareth, conforto e sollievo dalle gravi tribolazioni umane e sociali che oggi attanagliano il mondo contemporaneo.

Uomini in cammino 03/01/2021

UOMINI IN CAMMINO

3 Gennaio 2021

Tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza! Questo è il messaggio dell’Epifania.
I Magi, che oggi ricordiamo, rappresentano tutti i popoli. Guidati da una stella essi giungono da lontano per adorare Gesù e offrirgli doni regali. I capi del popolo e i maestri della legge erano a conoscenza che il Salvatore doveva arrivare, persino dove doveva nascere, ma non si muovono, restano turbati, ne hanno paura, anzi, cercano di sbarazzarsi di Lui.
Gesù, alla sua nascita, ha incontrato dei semplici pastori. Ora riceve la visita dei Magi, pagani, venuti da lontano, dopo un viaggio insicuro, scomodo, faticoso. Portano doni simbolici a sottolineare la sua regalità (oro), la sua divinità (incenso), la sua umanità (mirra, un unguento utilizzato per imbalsamare i morti). Chi sente l’esigenza di trovare e conoscere Dio, si mette alla ricerca delle sue tracce, ovunque possano trovarsi.
Blaise Pascal diceva: Dio si fa conoscere a coloro che lo cercano”.
Per incontrare il Signore Gesù anche noi, come i Magi, dovremo lasciare le nostre sicurezze, abitudini, mentalità, passando però anche per momenti di crisi, in cui si brancola nel buio.
Il viaggio dei Magi si rivela così un modello del nostro cammino di fede cui è riservato una promessa: per quanto tortuoso e segnato da momenti di buio e di sconforto, chi lo percorrerà, con fiducia e determinazione, alla fine si incontrerà con Signore Gesù.
C’è una stella anche per me, per te, nel cielo della nostra vita?
C’è una stella che ci guida? Siamo ancora cercatori di Dio?
Non possiamo chiedere che tutto sia chiaro e sicuro, che la speranza sia sempre con noi, ma chiediamo l’infinita pazienza di ripartire. Guardandoci indietro ci accorgeremo che, fin dall’inizio del viaggio, Dio era con noi.
Dopo aver conosciuto Gesù, riprendiamo il cammino… come fecero i Magi, per un’altra strada, nuova, inesplorata.

Natale del Signore 20/12/20

NATALE DEL SIGNORE

20 Dicembre 2020

Il racconto della nascita di Gesù, narrata dall’Evangelista Luca, è comune a quella della stragrande maggioranza dell’umanità.
Potremmo raccontarla così: Una famiglia, obbligata a spostarsi, ad emigrare, si è trovata nella condizione di doversi rifugiare in una grotta, adibita a stalla, per far nascere il proprio figlio.
Per i poveri, andare a scaldarsi nelle stalle, era cosa assolutamente normale (anche nella nostra terra fino ad una settantina d’anni fa).
Era una situazione più dignitosa che vivere nelle baracche in cui vivono oggi tante persone. Così è nato Gesù, a Betlemme, sui monti della Giudea, per “avvolgere” di luce i pastori. Perché i pastori? Essi costituivano una delle categorie più disprezzate del tempo, considerati irrimediabilmente impuri.
Gesù, coerente dalla culla alla croce, riceverà per primo l’omaggio dei pastori e morirà sulla croce in mezzo ai malfattori. Non ci resta che scegliere: se vogliamo accostarci a Gesù dobbiamo metterci in fila con i pastori!
Dio si è fatto mani per alleviare le sofferenze di quanti incrociava sul suo cammino. Dio si è fatto attenzione e cura verso chi portava sulla sua pelle la disperazione e la sofferenza. Ha conosciuto sulla sua pelle l’incomprensione delle folle e persino dei suoi fidati amici.
Ha sperimentato l’entusiasmo delle folle e la condanna a morte nel momento del processo. Ha conosciuto l’amaro calice del rinnegamento di Pietro e ha sperimentato l’abbandono, sulla croce, del Padre: “Perché mi hai abbandonato?”
Ora, dopo duemila anni, chi reca l’annuncio della nascita di Gesù?
I genitori, i nonni, i sacerdoti, le suore, i catechisti, gli educatori, gli amici? Il solo annuncio può bastare? Ognuno di noi deve iniziare una propria personale ricerca di Gesù, più o meno facile, affascinante o sofferta.
Quel che è certo è che, alla fine, quando si ricerca ostinatamente,
L’incontro ci sarà e poi? Strada facendo anche noi incontreremo tanti cui dovremo annunciare e trasmettere la nostra gioia: Gesù è nato per noi.

BUON NATALE A TUTTI

Domenica della gioia 13/12/2020

DOMENICA DELLA GIOIA

13 Dicembre 2020

La liturgia odierna, quasi a dare maggior voce alla parola di Dio, ci presenta, di nuovo, la figura di Giovanni il Battista, che Gesù definirà: “ Il più grande tra i nati da donna”.
La folla che seguiva Giovanni nel deserto era attratta da un desiderio sincero di conversione; per questo, in tanti, accorrevano per farsi battezzare. Da alcuni decenni era forte l’attesa del Messia, magari nelle vesti di un condottiero, di un sommo sacerdote o un grande profeta.
Tra coloro che si facevano battezzare nel Giordano vi erano anche dei farisei, non ostili, ma piuttosto in guardia per indagare, capire.
Giovanni, interrogato dalle autorità religiose circa la propria identità, mette subito in chiaro di non essere lui il Cristo. Lui è solo “VOCE” nel deserto, strumento nelle mani di Dio per annunciare il desiderio stesso di Dio: VENIRCI INCONTRO.
Abbiamo, noi, incontrato persone, come Giovanni il Battista, che ci hanno invitato a cambiare, a crescere spiritualmente e umanamente? Come possiamo riconoscerle?
Come il Battista anche noi siamo invitati a dire alle donne e agli uomini del nostro tempo che sebbene non lo conoscano “Gesù è in mezzo a loro”.
A Giovanni bastava essere VOCE di un Altro.
Molte volte certe parole “restano” solo grazie alla voce, al TONO di voce di chi le ha pronunciate.
Crederemmo alla parola d’amore detta da una voce che incute timore o che tradisce rancore? C’è voce e voce! La voce fa la differenza: molto spesso, infatti, lascia intendere più di quello che la parola indica. Un bravo genitore sa infatti usare il giusto tono di voce per chiamare, richiamare, sgridare, spronare i propri figli.
A noi credenti è affidata la missione di essere testimoni di speranza e di futuro, testimoni di un Dio innamorato e presente in mezzo a noi.

La speranza caccerà via la paura 06/12/2020

LA SPERANZA CACCERÀ VIA LA PAURA

6 Dicembre 2020

Se la prima domenica di Avvento era un invito a non addormentarci e a restare svegli, questa seconda domenica invita tutti ad un atteggiamento di accoglienza, di apertura. E’ come se ci dicesse: “State svegli perché sta accadendo qualcosa. Non perdete questa occasione”.
Oggi, con Giovanni, entriamo nel deserto per “Il nuovo inizio, la Buona Notizia, il Felice Annuncio: Il Signore è vicino”.
Giovanni, con grande umiltà, annuncia Gesù e lo fa non solo con la sua voce, gridando, ma anche con il suo stile penitente. Giovanni ci invita a preparare la strada al Signore. Cosa vuol dire, oggi, preparare la strada al Signore? Addobbare le case, le strade, facendo il presepe e l’albero? Non solo! Dobbiamo, prima di tutto, cambiare il nostro sguardo per non ridurre il tutto ad un panettone, un cenone, un regalo, una vacanza. Dobbiamo riconoscere Gesù sulle strade che Egli sceglierà per venire tra noi.
Il Signore sempre ci sorprende e ci sorprenderà anche a Natale.
Noi chi aspettiamo? Cosa ci manca? Chi ci manca?
Ci manca Colui che può dar senso alla nostra vita, scuotendoci, aprendoci gli occhi per riconoscere i problemi, le speranze, le attese nostre e del mondo che ci circonda. Come possiamo prepararci?
Rinnovando la nostra adesione a Dio, raddrizzando i nostri sentieri, cambiando le nostre vecchie abitudini, facendo silenzio, curando la preghiera per stare un po’ con noi stessi e anche con Dio.
E’ necessario un cambiamento! La storia umana, segnata ora da drammi (vedi la pandemia), guerre, catastrofi naturali.. continuerà a turbarci. C’è chi vivrà ogni cosa con paura, una paura che uccide e fa morire.
A noi è chiesto di attraversare gli stessi eventi con lo sguardo fisso su Gesù che sta per venire. Allora non sarà la paura ad uccidere la speranza ma, al contrario, la speranza caccerà via la paura.

Signore, ritorna per amore dei tuoi servi (Is 63,17) 29/11/2020

SIGNORE, RITORNA PER AMORE DEI TUOI SERVI (IS 63,17)

29 Novembre 2020

Alla supplica che il profeta Isaia eleva al Signore accostiamo oggi le parole di Gesù: “Vegliate, perché non sapete quando!” (Mc 13,33).
E’ questo il tempo dell’attesa, dell’invocazione, del desiderio dell’incontro con il Signore, ma è anche un periodo di distrazioni, di facili sentimentalismi, al punto di farci cogliere di sorpresa e impreparati.
E’ quindi necessario vegliare perché .. Dio viene e viene di notte…
Lo sanno bene i genitori che attendono il ritorno del figlio nel cuore della notte, lo sanno bene chi veglia un malato a cui si è legati da un amore sincero o chi spera nell’arrivo a casa del proprio coniuge.
Perché continuare ad attendere? Qualcuno può dirci: lascia perdere, sta tranquillo, “Ciò che tarda verrà” (Profeta Abacuc).
Ognuno di noi ha la sua notte. C’è la notte di chi è lontano da Dio, la notte del peccato, della paura, della malattia, della preghiera, del pianto, della solitudine, della sofferenza, della mancanza di ideali…
Come vivere la nostra notte?
Gesù è stato rinnegato di notte dall’apostolo Pietro. Gesù, sul far della sera, non è stato riconosciuto neanche dai discepoli di Emmaus…
Gesù, se noi lo accogliamo, si avvicinerà e ci chiederà: “Mi vuoi bene?”,
Se vuoi, puoi seguirmi”, “Amico, fermati ed ascoltami. Faremo un pezzo di strada insieme”.
Gesù non ha mai promesso di risparmiarci i guai e le tentazioni, quanto piuttosto di restare con noi, nell’ora della prova, e darci la forza di superarla.
Avvento: stare attenti e vegliare; come una mamma con il suo neonato. Gesù non ci costringe a seguirlo ma ci indica la felicità del dare.
Dio e l’uomo condividono lo stesso appassionato desiderio di incontrarsi!

Regno d’amore 22/11/2020

REGNO D’ AMORE

22 Novembre 2020

Quando pensiamo ad un re subito associamo le parole prestigio, potere, autorità, tirannia, ricchezza.
Gesù, che oggi ricordiamo nella solennità di Cristo Re, ha rifiutato tutto questo. Gesù è Re perché serve e non si fa servire, Gesù è il pastore, cioè Colui che guida, Gesù ci insegna che la vera potenza non è quella del denaro, delle armi, del successo, ma dell’amore e dell’umile servizio.
Il giudizio di Gesù su di noi è e sarà quello sull’amore.
Cos’ abbiamo seminato durante la nostra vita?
Quale via abbiamo scelto? Abbiamo scelto la via dell’indifferenza, dell’egoismo o la via dell’amore? Abbiamo amato, servito, aiutato i fratelli e le sorelle?
Il Vangelo odierno, ancora una volta, ci invita a non accontentarci di non fare il male, ma praticare una carità gratuita, intelligente e concreta.
Una carità gratuita, fatta per il bene dell’altro, del bisognoso, del povero nel quale vediamo la presenza di Gesù.
Una carità intelligente, che sa leggere e ascoltare il bisogno.
Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Avevo sete e mi avete dato da bere”.
Noi, invece, ci ritroviamo spesso a dare, ai nostri figli, soldi, cellulari nuovi ecc. e non la nostra presenza, la nostra parola, la nostra attenzione, il nostro ascolto. La carità vera sa leggere i reali bisogni degli altri.
Infine una carità concreta. Oggi va di moda fare offerte con un SMS o un bonifico. Viviamo una solidarietà a distanza. E’ una forma di carità che aiuta ma che non incontra i poveri.
Sappiamo vivere una carità gratuita, intelligente e concreta nei riguardi di un povero che sia un amico, un parente o un vicino di casa?
Alla fine della nostra vita Cristo ci riconoscerà nella misura in cui noi lo avremo riconosciuto, visto, amato e servito nei fratelli.

Dio si fida di noi 15/11/2020

DIO SI FIDA DI NOI

15 Novembre 2020

Il messaggio odierno della parabola dei talenti riguarda l’esito finale della nostra esistenza. La vita è un dono; essa ci è affidata come un seme da far fruttificare, come un talento da moltiplicare, come una scintilla da far divampare in una fiamma d’amore.
Per compiere ciò ci è dato un tempo da vivere, non con cuore di schiavi, timorosi delle minacce di un giudice severo, ma con cuore di figli che attendono con crescente desiderio il ritorno del loro Padre, sapendosi da Lui amati.
Nel vangelo di oggi incontriamo un tale che, prima di partire per un viaggio, affida ai suoi servi i suoi beni “A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno” (Mt 25,15).
Non tutti, però, si comportano in modo retto. I primi due si danno da fare subito, con abilità, per guadagnare coi talenti ricevuti dal loro padrone il più possibile. Il terzo, invece, per paura di perdere il talento e non volendo correre rischi, lo nasconde in attesa di poterlo restituire “intatto” al severo padrone.
Cosa impariamo da questa vicenda? Ognuno di noi ha ricevuto dei doni.
Doni che dobbiamo usare bene, con sapienza e sollecitudine, senza pigrizie e trascuratezze, ma anche senza ansia e agitazione.
Il Vangelo ci mette in guardia dal grave pericolo di lasciarci afferrare dalla paura e sentirci incapaci di fare qualcosa di valido.
Per scoprire i doni che il Signore ha posto in noi dobbiamo vedere il tutto alla luce della fede. Possiamo aver ricevuto molto e credere di essere sprovveduti di tutto, oppure, al contrario, siamo illusi di avere chissà quali talenti e invece siamo poco dotati. Occorre sempre mettersi con umiltà e sincerità davanti al Signore e lasciarci illuminare da lui.
Scopriremo sicuramente che anche in noi c’è qualche buona potenzialità, c’è un seme che attende la pioggia per germogliare.
Non ci vengono chiesti gesti straordinari; per una convincente testimonianza del Vangelo nella realtà quotidiana occorrono la costanza, la pazienza, la coerenza.