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Fate questo in memoria di me 14/04/2019

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME

14 Aprile 2017

Da cinque settimane ci prepariamo alla Pasqua. Sono stati giorni scivolati veloci che non hanno lasciato una traccia nella nostra vita?
Ci rimane l’ultima settimana, la “settimana santa”, quella che ci farà rivivere i momenti più drammatici della vita di Gesù, momenti umani e tragici che non mancano ancor oggi di emozionarci.
All’inizio del Vangelo odierno, che va sotto il nome di Passione di Cristo, Gesù, giunto solennemente a Gerusalemme, capisce che la minaccia che viene dai potenti e dai sacerdoti è concreta e che il pericolo è imminente.
E’ il momento di sconforto e di disorientamento per Gesù e per tutti coloro che lo hanno seguito: c’è chi non ha capito, chi si perde in chiacchiere su chi sia il più grande tra loro, chi ha paura, chi usa la spada, chi è pronto ad andarsene. E’ il momento in cui Gesù fa la sintesi di una vita.
In questo momento difficile, di fronte alla paura e alla violenza del potere, Gesù, in pochi gesti e in poche parole, sembra dire ai suoi: “Ciò che davvero conta, ciò che potete fare se davvero mi faranno fuori e se volete proseguire la mia opera è vivere insieme da fratelli, è affrontare le difficoltà senza escludere nessuno, è condividere il pane e il vino, è condividere ogni aspetto della vita.”
I gesti sono quelli del mangiare insieme a tavola e le parole sono:
Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Queste parole significano vivere senza che vi siano né padroni né servi, dove non ci sia chi ha troppo e chi non ha nulla, dove non ci sia chi mangia e chi rimane senza, dove non ci sia chi guadagna una fortuna e chi non ha lavoro. Oggi non possiamo celebrare la cena di Gesù senza stare dalla parte di tutti coloro che sono soli, nel dolore, malati, che fuggono dalla guerra in cerca di pane, lavoro, diritti e dignità.
Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, raccontano le sofferenze di Cristo. Nessuno, prima di Cristo, aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli, tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, Ebrei e non Ebrei, neri e bianchi… Questo dice il crocifisso”

(Natalia Ginzburg)

Il perdono 07/04/2019

IL PERDONO

7 Aprile 2019

Al centro di questa domenica vi è l’episodio della donna adultera che molti uomini vorrebbero lapidare in nome della legge. Essi sono venuti insieme, in branco, e si sentono forti. Del resto una donna è, da sempre, il bersaglio più facile da deridere, colpire, annullare. E’ chiaro vedere un tentativo per incastrare Gesù ed accusarlo.
Le parole rivolte a Gesù, “Tu che ne dici?” sono una trappola. Si cerca di inchiodare Gesù, il profeta scomodo. Se, infatti, Gesù condannasse la donna tradirebbe le sue parole sulla misericordia, se non lo facesse andrebbe contro la legge. Gesù sceglie di abbassarsi: sta con i piedi per terra per affrontare il problema, lo guarda dal basso e riesce a conciliare giustizia, verità e misericordia con un gesto silenzioso e una domanda.
Non scrive né verdetti, né decreti, non vuole regole fisse ma incrocia lo sguardo di tutti i presenti indicando alla donna un cammino: “Và … e non peccare più”. Non condanna, restituisce fiducia, rimette in moto la vita.
Ai presenti Gesù propone di riflettere sulla propria coscienza, sul perché di quella condanna, sulla responsabilità delle azioni. A chi si aspettava il segnale della lapidazione Gesù propone una domanda alternativa: Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra. Sono parole che hanno richiesto una buona dose di coraggio e tanta semplicità per non cadere nella trappola.
Evidentemente gli uomini che volevano lapidare la donna non erano a posto con la loro coscienza e le parole di Gesù non lasciano scampo.
Li costringe, in questo modo, a diventare umani, a riflettere su se stessi, a riconoscere il loro peccato. Essi si allontanano, tutti, “cominciando dai più anziani”. Gesù resta così solo con quella adultera. La chiama “donna” come aveva chiamato sua madre Maria.
Qualcuno ha scritto che i peccati Dio li scrive sulla sabbia e basta un’ondata di pentimento per cancellare tutto. Così avviene per la donna umiliata.
In ogni tempo, anche ai giorni nostri, c’è chi lancia giudizi con severità per chi commette adulterio o qualsiasi altra debolezza. Oggi non si tirano le pietre ma la critica è forte, la maldicenza, l’emarginazione, la mancanza si umanità e il rigore sono diffusi.
Oggi Gesù ci insegna a perdonare: Il figlio, il coniuge, il fratello, l’amico.
Perdonare è amare, dare una mano, aiutare a correggere, capire… carezzare con misericordia. Ogni persona può cambiare, diventare nuova.

Le braccia aperte del Padre 31/03/2019

LE BRACCIA APERTE DEL PADRE

31 Marzo 2019

In questa pagina odierna del Vangelo leggiamo di un padre che aveva due figli. Nessuno dei due era degno di essere chiamato figlio.
Il padre, al centro della parabola, nominato ben quattordici volte, è solo padre. E’ padre prodigo perché si dimostra molto generoso. Dà tutto sin dall’inizio e, alla fine, offre un banchetto.
Quando il figlio minore vuole andarsene si fida di lui, non cerca di contrastarlo, di ragionarci, di trattenerlo. Permette a suo figlio una nuova nascita. Questo figlio potrebbe aver avuto il desiderio di maturare, di respirare aria di libertà, di sentirsi responsabile, di non voler più dipendere dal padre e dalle sue attenzioni soffocanti…Ben presto la vita gli presenta il conto; sperpera tutto. Quando il padre vede suo figlio tornare, corre incontro a lui, non lo giudica, non gli lascia tanto tempo per accusarsi. Aveva sperato ogni giorno nel suo ritorno!
Svelti” disse ai servi, “Portate il vestito più bello e rivestitelo. Mettetegli un anello al dito e calzari ai piedi”.
Il figlio maggiore non ha mai affrontato il padre. E’ un bravo figlio, sottomesso, senza storia. E’ tristemente fedele, è rimasto vicino a suo padre senza essere veramente con lui. Quando scopre che suo fratello è tornato e si fa festa in suo onore è troppo. Si arrabbia e non vuole partecipare. Getta la maschera, inizia una nuova vita quando il padre gli dice: Tu, figlio mio, sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”.
La parabola non ci dice cosa ha fatto il figlio maggiore. E’ entrato nella sala del banchetto per incontrare il fratello e festeggiare con tutti? Oppure è testardo nel suo rifiuto? Noi non lo sappiamo. E non importa. Essenziale è sapere com’è il nostro comportamento. Siamo come il figlio maggiore?
Siamo servitori fedeli, sottomessi? Forse non ci siamo mai chiesti se siamo felici. Possiamo sempre, come ha fatto il figlio spendaccione, decidere di tornare a casa sapendo che, da lontano, nostro padre ci vedrà e ci verrà incontro.
Se invece ci consideriamo come il figlio maggiore forse è giunto il momento di cambiare vita, di gustare una nuova vita, di amare nostro padre non come un padre padrone ma come un padre affettuoso che vuole il nostro bene.
E’ proprio per questo che la Chiesa, da qualche anno, ha deciso di chiamare questo Padre con il titolo di Padre Misericordioso, un padre che ci accoglie a braccia aperte ogni volta che decidiamo di ritornare da Lui.

L’infinita pazienza di Dio 24/03/2019

L’INFINITA PAZIENZA DI DIO

24 Marzo 2019

Oggi, giunti alla terza settimana, siamo invitati a domandarci se abbiamo iniziato quel cammino di conversione a cui siamo chiamati in questo tempo Quaresimale.
L’Evangelista Luca ci narra due eventi tragici: quella dei Galilei che Pilato aveva massacrato e quello delle 18 persone uccise dalla caduta della torre di Siloe. Immaginiamo le reazioni: perché? Perché loro e non noi? Erano lì nel momento sbagliato? Nel posto sbagliato? Si meritavano questa terribile punizione? Gesù risponde chiaramente “No”. Non pensate che quei Galilei fossero peggiori di voi, più colpevoli di voi. E non sono stati puniti da Dio.
Gesù rivela il vero volto di Dio: quello del bene, quello che si prende cura degli altri, che guarisce le nostre ferite per farci vivere, liberi, responsabili, creativi… Gesù conclude dicendo: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,5).
Oggi ci rendiamo conto che moriremo tutti se continueremo a depredare e maltrattare il pianeta come stiamo facendo oggi. Se continueremo a produrre tanta anidride carbonica, ad inquinare i mari, ad avvelenare i fiumi con i nostri rifiuti… andremo incontro al disastro e moriremo tutti.
Oggi, quando accadono disastri, cicloni, tempeste, inondazioni… non dubitiamo più di Dio. Quello che accade riguarda noi che siamo responsabili per il pianeta e il suo futuro.
Oggi è urgente cambiare la nostra vita, mettere l’essere umano prima del profitto, la sicurezza davanti ai nostri interessi. Il poco che possiamo fare lo dobbiamo fare.
La parabola odierna del fico ci parla dell’infinita pazienza di Dio.
La pazienza, per noi tutti, significa “amare i tempi lunghi”, vuol dire saper guardare lontano, significa coltivare i semi del futuro, significa piantare alberi i cui frutti saranno raccolti o goduti da altri.
L’amore stesso cresce lentamente! Amare è più di un sentimento: esige intelligenza, cura, educazione, allenamento. Gesù, oggi, con la parabola del fico ci insegna a pazientare, a lavorare sodo, a zappare, a concimare e… saper attendere. Vedremo se porterà frutto per l’avvenire”. (Lc 13, 8-9).
Paziente è quella persona che sa sopportare il peso delle sconfitte, dei fallimenti, dei momenti difficili, che rimane fedele a se stessa e non permette che la propria identità venga frantumata.
Ci sarà il tempo necessario per cambiare strada? Dio è dalla nostra parte !

Guardiamo in alto 17/03/2019

GUARDIAMO IN ALTO

17 Marzo 2019

Ogni anno nella seconda domenica di Quaresima ci viene proposto il Vangelo della Trasfigurazione. Gesù ci presenta, sin da ora, il suo volto luminoso che preannuncia la risurrezione. A lui guardiamo per dare un significato pieno al nostro cammino quaresimale.
Gesù è salito sul monte a pregare. Lo fa spesso, lo fa a lungo, soprattutto prima di compiere un gesto importante, per esempio prima di scegliere i dodici apostoli.
Oggi l’Evangelista Luca racconta che mentre Gesù sta pregando sul monte, luogo dell’incontro con Dio, il suo volto cambiò d’aspetto. (Lc 9,29).
Accanto a Gesù compaiono due personaggi dell’Antico Testamento: Mosè ed Elia, due esperti di esodi. Mosè ha guidato Israele nel deserto per quarant’anni verso la terra promessa. Elia ha camminato quaranta giorni e quaranta notti per raggiungere il monte di Dio.
Sono presenti anche Pietro, Giovanni e Giacomo quando da una nube uscì una voce, quella del Padre, che diceva:Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo” (Lc 9,35).
Nella sua vita Gesù compie miracoli sensazionali, ma lo fa sempre con discrezione, senza dare spettacolo. Prende ciechi e sordi in disparte, dice ai miracolati di non diffondere la notizia, sparisce e si tuffa nella preghiera.
Tutti noi abbiamo l’esigenza di avere forti ragioni per credere, chiedere o addirittura pretendere di vedere Dio, di avere con lui un’esperienza personale.
Anche a noi, qualche volta, sarà venuto in mente: “Se Dio esiste, perché non si fa vedere? Perché non fa giustizia e non cambia il mondo?
Oggi è più difficile credere, si vuol capire. La quaresima può essere un’occasione per metterci alla ricerca e considerare la vita con occhi più aperti. Pur tra tanto benessere manchiamo oggi di tante cose. La fede è la più importante perché è l’unica che dà senso al resto, colore a tutto.
E’ il momento, è il periodo giusto per rinnovare la nostra vita, cancellare le esperienze negative vissute e camminare in fretta verso la vita nuova.
La sua parola guarisce, cambia il cuore, fa gioire, dona bellezza, è luce nella notte.
Smettiamola coll’essere intenti solo alle cose della terra e apriamo spazi di cielo nella preghiera, nella carità, nella sobrietà di vita.

Tempo di Quaresima 10/03/2019

TEMPO DI QUARESIMA

10 Marzo 2019

Mercoledì scorso è iniziata la Quaresima con un rito suggestivo, tradizionale, quello delle Ceneri, che invita alla penitenza per entrare in un atteggiamento di conversione.
Iniziamo un periodo forte, quello dei quaranta giorni della Quaresima, un tempo abbastanza lungo destinato a farci vivere nel modo più pieno la Pasqua. Quaranta giorni e quaranta notti dura il diluvio. Israele, in fuga dall’Egitto, trascorre quarant’anni nel deserto prima di entrare nella terra promessa. Per quaranta giorni fanno penitenza gli abitanti di Ninive, la città corrotta, per ricevere il perdono di Dio. Quaranta giorni e quaranta notti cammina il Profeta Elia per raggiungere il monte di Dio ecc…
Fin dai tempi antichi la Quaresima fu considerata un periodo di rinnovamento della vita. Le pratiche consigliate erano soprattutto la preghiera, il digiuno, la solidarietà, l’elemosina, la carità.
Quaresima dunque come esperienza di deserto per l’intera Chiesa e per i singoli cristiani.
Il deserto riduce l’uomo all’essenziale, lo libera dal superfluo, dalla vanità, gli fa riscoprire le cose indispensabili: l’acqua, il cibo, l’importanza di un sentiero, di un’orma da seguire, di una stella per orientarsi.
Anche Gesù ha voluto provare l’esperienza del deserto dove ha abbracciato le tentazioni. Le tentazioni di Gesù sono praticamente le tentazioni a cui sono soggetti gli uomini di tutti i tempi.
E’ facile illudersi che il grande problema della vita, o i piccoli problemi quotidiani siano superabili con un po’ di denaro, con la sicurezza economica, cambiando automobile.
Ma è tentazione anche ricercare il successo, desiderare di stupire, di farsi battere le mani, di colpire, di fare buona impressione, diventare simpatici.
Sono tentazioni perché chi si affida a queste cose attende in qualche modo la salvezza da esse, mentre la salvezza è qualcosa di più profondo e di più personale.
Gesù, uomo nuovo, superando le tentazioni, diventa per noi sicurezza e possibilità di vittoria. Gesù, infatti, non si limita ad indicarci la strada, ma ci sostiene nei momenti difficili, della prova.
Ritagliamoci, in questo inizio di Quaresima, qualche spazio di silenzio e di solitudine, lontani dalla TV, da Internet, dal solito ritmo assordante.
Gusteremo pace e serenità.

Tutto nasce dal cuore 03/03/2019

TUTTO NASCE DAL CUORE

3 Marzo 2019

Gesù si fa per noi maestro di vita e ci invita a trasformare la nostra fede in fatti concreti, in gesti vissuti, significativi, trasparenti. A guardare con occhio buono, a non farci severi ed incoerenti giudici degli altri.
Gesù ci esorta a riconoscere le nostre incoerenze e debolezze prima di condannare quelle degli altri; a dimostrare coi fatti la bontà del nostro cuore.
Talvolta, in noi tutti, si insinua una sottile volontà di farci padroni della vita degli altri. “Può un cieco fare da guida a un altro cieco”? Non cadranno tutti e due in un fosso?” (Lc 6,39). Gesù ci dice: Non ritenetevi superiori agli altri, non cercate di condurli dove volete voi.
Gli uomini, continua Gesù, sono sempre pronti ad indicare la strada agli altri, ma poi fanno fatica a riconoscere la propria cecità, che si nasconde facilmente nella loro presunzione, nell’arroganza, nel senso di superiorità, nell’invidia, nella voglia di dominare.
Anche in famiglia, nell’ambiente di lavoro o parrocchiale, spesso cerchiamo di dominare quelli che si trovano al nostro fianco.
Gesù propone di vivere semplicemente nella fraternità, nella comunione, nella condivisione e nell’amore.
La bontà è qualcosa che nasce dal di dentro; è una disposizione dell’animo, è un atteggiamento mentale, un orientamento di vita.
Se l’intimo dell’uomo è buono, saranno conseguentemente buone anche le sue scelte, perché è dal cuore dell’uomo che nascono la bontà e la cattiveria.
La bontà è una virtù trasparente e rivela lo stato d’animo di chi agisce.
Ciò che noi siamo parla prima e più forte di ciò che noi facciamo.
Una persona buona è anche una persona saggia. La sua bontà d’animo l’ha aiutata a migliorare, a praticare la misericordia, a chiudere un occhio.
Gesù stesso ci prende per mano e ci fa vedere e capire che tutto parte dal nostro cuore capace di amare, di apprezzare, di stimare ciò che fanno gli altri.
Con lo stesso cuore noi siamo anche in grado di odiare, di denigrare, di condannare altri uomini.
La Parola ci dice: “ Togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Lc 6,42).

Misericordiosi come… 24/02/2019

MISERICORDIOSI COME…..

24 Febbraio 2019

La liturgia odierna ci invita a ritornare sul tema delle Beatitudini. Oggi il discorso si fa un pò più difficile perché ci viene chiesto di amare i nemici e di essere generosi e misericordiosi com’è misericordioso Dio nei nostri confronti.
Siamo dunque invitati a non seguire più l’antica legge “occhio per occhio, dente per dente” ma ad abbracciare una logica nuova. Ancor oggi in noi prevale la logica del dare e dell’avere, della giustizia dura, del farla pagare. Se vogliamo essere seguaci di Gesù dobbiamo invece adottare un comportamento diverso, che non divida, non discrimini, non separi. Ci viene richiesto di superare ogni barriera e di far cadere le differenze di classe, razza, religione.
Nella nostra società sono frequenti i casi di irriducibili e dolorose rotture famigliari, nate non di rado, da questioni di eredità. Quanti fratelli, dopo la morte dei loro genitori, chiudono il cuore, il contatto, il saluto!
La vita della gente è piena di questo tipo di rancori. Non di rado è questo il clima che si respira anche nell’ambiente di lavoro, nei condomini, coi vicini.
E’ difficile perdonare, è grande la voglia di vendicarsi. C’è chi vede nemici dappertutto. Se non proprio nemici, sovente ci sono gli scocciatori, i maldicenti, gli attaccabrighe, gli insopportabili.
Come regolarsi? Gesù dice: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36).
Il Cardinale Martini ha detto: “ Se uno ti percuote una guancia, porgigli anche l’altra. Sorprendi il tuo nemico e sta a vedere cosa succede. Una concessione, una sorpresa, una cortesia fa sì che qualche inimicizia si spenga da sola”.
Leggendo la Bibbia scopriamo che ogni uomo cova un desiderio d’onnipotenza, la volontà di primeggiare. Per conseguire questo traguardo noi lottiamo contro ogni forma di minaccia o di possibile attentato ai nostri desideri. Così accade che ogni uomo veda nell’altro un concorrente, un nemico da cui doversi proteggere e difendere. Gesù conosce queste realtà, le ha conosciute personalmente quando i concittadini lo rifiutano e tentano di ucciderlo, le sperimenta tra i Samaritani che gli impediscono di attraversare il proprio territorio. Gesù, il nostro Maestro, non si ribella. E’ venuto per amare e amare vuol dire non pretendere che l’altro ti capisca, ti accolga, ti mostri riconoscenza.

Beati voi che.. 17/02/2019

BEATI VOI CHE …

17 Febbraio 2019

L’Evangelista Luca racconta che Gesù, dopo essere salito su di un monte e aver passato tutta la notte in preghiera, raduna i suoi discepoli e ne sceglie dodici. Sceso dal monte guarisce gli ammalati e proclama le “ Beatitudini” agli apostoli ed alla folla venuta da lontano.
Gesù annuncia la sua simpatia verso le categorie più umili e in difficoltà; le sue beatitudini esprimono un programma di vita pieno di speranza.
Gesù parla a persone senza peso sociale; sono loro i “beati”. Le sue parole sono una risposta alla loro fatica di vivere, all’emarginazione in cui essi da sempre vivono, presi dalla povertà, dalla inevitabile sofferenza, non di rado vittime della prepotenza.
Gesù vede queste persone “Come pecore che non hanno pastore”.
(Mc 6,34). Gesù si rivolge a loro, che sono i miti, i poveri, gli affamati, coloro che hanno motivo di piangere e attendono con il cuore puro l’arrivo del Messia. A tutte queste persone è destinata la salvezza. Gesù manifesta attenzione verso chi ha fame ed è nel pianto, a chi patisce l’odio e il disprezzo a causa del Vangelo.
Presso il popolo ebraico, per lungo tempo, la ricchezza venne considerata una benedizione di Dio e la povertà un castigo. E’ il povero, tuttavia, che si trova a maggior ragione in diritto di attendere il messia per un futuro migliore.
La sua povertà è una grande occasione per essere più libero per Dio e per le cose che contano. Gesù, che ama e preferisce i poveri per la loro indigenza, rivolge parole dure, di rammarico, nei confronti dei ricchi e dei sazi. Anche tra i cristiani c’è chi sente il fascino abbagliante del denaro, ostenta il lusso e l’abbondanza, c’è chi è ingordo e vive per accumulare possesso su possesso.
Inchieste e sondaggi rivelano che i giovani, collocano la ricchezza al primo posto della scala dei valori; assistiamo ad una corsa affannosa verso il successo, alla ricerca di professioni sempre meglio remunerate e di amicizie sempre più interessate.
Le Beatitudini di Gesù, in particolare quella della povertà, hanno ancora un senso? Certamente sì! Gesù ci dice chiaramente che la ricchezza non può riempire il cuore di un uomo. Anche chi è ricco, sazio, potente, sempre in bella mostra può provare, nel suo intimo, solitudine, amarezza, non senso.
Oggi, noi tutti, popolo che Egli pasce, siamo invitati a prendere coscienza della nostra realtà, alzare lo sguardo e ad avere fede perché “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito”. (Sal 34,19).

Dio ha bisogno degli uomini 10/02/2019

DIO HA BISOGNO DEGLI UOMINI

10 Febbraio 2019

Il Signore Gesù parla alla folla che lo segue e lo ascolta. Pietro, pescatore, che nella notte non aveva preso nulla, riceve l’invito di Gesù a gettare di nuovo le reti. Pietro, da uomo di mare, sa bene che il momento non è propizio per la pesca ma si fida di Gesù e, forse con un po’ di scetticismo, cala le reti. Pietro e i suoi uomini “presero una quantità enorme di pesci e le reti quasi si rompevano… che riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano” (Lc 5,6-7).
Da quel momento Gesù non sarà più solo, chiamerà altri uomini, Giacomo e Giovanni, che cambieranno mestiere e lo seguiranno.
Da sempre Dio chiama gli uomini a realizzare i suoi progetti sull’umanità.
Lo ha fatto anche con Paolo, che da persecutore della chiesa è stato chiamato all’apostolato. Paolo stesso esprime con sicurezza la sua fede nella risurrezione di Gesù e a chi esprime qualche incertezza di fronte alla risurrezione dei morti dirà con chiarezza: “Gesù è risorto, e dunque anche noi risorgeremo”.
Di fronte alla chiamata di Gesù la prima reazione, spesso, non è quella del “perché proprio io ?”, del rifiuto o del menefreghismo, ma piuttosto quello del disagio, dell’inadeguatezza.
Non sono io l’uomo giusto – si pensa – non sono la donna giusta, non sono all’altezza, sono inadeguato. Sono frequenti i casi di chi afferma che prima di essere chiamato era orientato su altre strade.
C’è chi risponde: “Eccomi, manda me”. Altre volte la risposta positiva è molto più faticosa. Gesù ha chiamato Pietro e gli altre mentre stavano pescando, Matteo mentre si trovava al banco delle imposte, E questi hanno messo a disposizione tutto ciò che avevano: il loro mestiere, le competenze, le proprie idee, fidandosi unicamente della parola di Gesù che invita.
Il discorso sulla vocazione riguarda tutti da vicino; non dobbiamo pensare necessariamente alle vocazioni sacerdotali e religiose.
La vocazione è accogliere la vita, mettendo in gioco le qualità che abbiamo, vivendo per qualcosa e per qualcuno. E’ sempre un vivere con, un vivere per.
Gesù ha chiamato Paolo, che perseguitava i cristiani, ha chiamato il giornalista Follerau mentre faceva un safari in Africa, ha chiamato Don Milani che aveva la madre ebrea e il padre indifferente alla religione.
Gesù ha chiamato….. e anche oggi chiama.