Tutti gli articoli di Flavio Dal Lago

Quaresima V 18/03/2018

Il chicco di grano, icona di una vita che si fa feconda

18 Marzo 2018

Alcuni stranieri chiedono agli apostoli: Vogliamo vedere Gesù. Una richiesta dell’anima eterna dell’uomo che cerca, che arriva fino a noi, sulla bocca di molti, spesso senza parole e ci chiede: Mostrami il tuo Dio, fammi vedere in chi credi davvero. Perché Dio non si dimostra, con alte catechesi o ragionamenti, ma si mostra attraverso mani d’amore e occhi limpidi e attraverso una vita abitata da Lui. Gesù risponde portando gli interlocutori su di un altro piano, oltre il suo volto, proponendo una immagine indimenticabile: Volete capire qualcosa di me? Guardate un chicco di grano. Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. La verità del chicco consiste nella sua storia breve e splendida.
È bellissimo che Gesù adoperi il paragone del seme di frumento: non si tratta di un’allegoria esterna, lontana, separata, ma significa che ciò che Gesù sta dicendo, ciò che con la sua vita sta mostrando è inscritto nelle leggi più profonde della vita. La vita delle creature più semplici risponde alle stesse leggi della nostra vita spirituale: Vangelo e vita sono la stessa cosa, reale e spirituale coincidono. E come il chicco di grano è profezia di pane, così Gesù afferma: anch’io sono un pane per la fame del mondo. Se cerchiamo il centro della piccola parabola del seme, la nostra attenzione è subito attratta dal forte verbo «morire»: Se il chicco non muore… se invece muore… Ma l’accento logico e grammaticale della frase cade invece su due altri verbi, sono loro quelli principali: RIMANERE solo o PRODURRE molto frutto. Il senso della vita di Cristo e quindi di ogni uomo, si gioca sul frutto, sulla fecondità, sulla vita abbondante che lui è venuto a portare (Gv. 10,10). Non è il morire che dà gloria a Dio, ma la vita in pienezza. Fiorire non è un sacrificio. Il germe che spunta dal chicco altro non è che la parte più intima e vitale del seme; non uno che si sacrifica per l’altro, ma l’uno che si trasforma nell’altro; non perdita ma incremento. Seme e germe non sono due entità diverse, ma la tessa cosa: muore una forma ma per rinascere in una forma più piena ed evoluta. In una logica pasquale.

La seconda immagine che Gesù offre di sé, oltre al chicco, è la croce: Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me. Io sono cristiano per attrazione, sedotto dalla bellezza dell’amore di Cristo. La suprema bellezza del mondo è quella accaduta sulla collina fuori Gerusalemme, quando l’infinito amore si lascia inchiodare in quel niente di legno e di terra che basta per morire. E poi risorgere, germe di vita immortale. Perché ciò che si oppone alla morte non è la vita, è l’amore.

Lettera augurio Pasquale

PASQUA DI RISURREZIONE
“Cristo è risorto, sì è veramente risorto”


Anche quest’anno risuona l’annuncio di Pasqua: “Cristo è risorto”.
Questo annuncio ci raggiunge là dove siamo, in qualsiasi situazione ci troviamo. Non c’è realtà umana che non possa essere illuminata dalla luce che emana dalla risurrezione di Cristo.
La realtà che per eccellenza rappresenta il limite più grande dell’uomo, la morte, è stata vinta, Cristo è risorto.
Per questo il cristiano può camminare nella notte… della fatica, del dubbio, della sofferenza, del fallimento…, con la speranza nel cuore. La fede nella Risurrezione non risparmia il credente dalle fatiche che accomunano ogni uomo che vive sulla faccia della terra, ma offre la possibilità di dare senso, di sperare, nonostante ciò che siamo e ciò che viviamo.

“Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.” (Gv.20,1)

Come ogni uomo, il cristiano fa esperienza che la vita gli sfugge dalle mani, non può controllarla, né viverla sempre come vorrebbe e spesso si trova a vivere situazione che probabilmente non avrebbe mai scelto. Ma il cristiano sa, che la vita può sfuggirgli dalle mani come sabbia, o come semente. E ogni seme, a differenza della sabbia, ha in sé la potenzialità di una nuova vita.
Come i primi cristiani anche noi, augurandoci la buona Pasqua, confermiamoci a vicenda nella risurrezione di Gesù: “Cristo è risorto” diceva il primo augurante, “sì è veramente risorto” rispondeva il secondo. La Risurrezione ci interpella anche come comunità, non è solo una questione privata. Se l’indifferenza, la mancanza di fede diventano un ostacolo, la fede di ognuno invece, diventa un sostegno, un aiuto per l’altro e fa crescere la comunità.

Buona Pasqua di Risurrezione
d. Giampaolo e d. Sergio

 

 

Quaresima IV 11/03/2018

Ognuno di noi è il figlio prediletto del Padre

11 Marzo 2018

Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, punto sorgivo e perno attorno al quale danza la storia di Dio con l’uomo. Dio ha amato, un passato che perdura e fiorisce nell’oggi, verità che assorbe ogni cosa: tutta la storia biblica inizia con un “sei amato” e termina con un “amerai” (P. Beauchamp). È la lieta notizia da ripeterci ad ogni risveglio, ad ogni difficoltà, ad ogni sfiducia. Il nucleo incandescente del Vangelo è la bellezza dell’amore di Dio (E.G. 36) che Gesù ha mostrato, vissuto, donato. È questo il fuoco che deve entrare in noi, la cosa più bella, più grande, più attraente, più necessaria, più convincente e radiosa (E.G. 35). Tanto da dare suo Figlio.

Nel Vangelo “amare” si traduce sempre con un altro verbo, umile, breve, di mani e non di emozioni: “dare”. Dio altro non fa’ che eternamente considerare ogni uomo più importante di se stesso. «Il mondo sappia che li hai amati come hai amato me» (Gv 17,23), il Padre ama me come ha amato Cristo, con la stessa passione, la stessa fiducia, la stessa gioia, con in più tutte le delusioni che io so procurargli. Ognuno è il figlio prediletto di Dio. Cristo, venuto dal Padre come intenzione di bene, nella vita datore di vita, ci chiama ad escludere dall’immagine che abbiamo di Lui, a escludere per sempre, qualsiasi intenzione punitiva, qualsiasi paura.

L’amore non fa mai paura. E non solo l’uomo, è il mondo intero che è amato, dice Gesù, la creazione tutta. E se Egli ha amato il mondo e la sua bellezza fragile, allora anche tu amerai il creato come te stesso, lo amerai come il prossimo tuo. Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato. A Dio non interessa istruire processi contro di noi. La vita degli amati non è a misura di tribunale, ma a misura di fioritura e di abbraccio. Dio ha tanto amato e noi come lui: quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di Dio, spalanca una finestra sull’infinito. Dio ha tanto amato e noi come Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l’ha già salvato Lui, ma per amarlo; non per convertire le persone, lo farà Lui, ma per amarle. Se non c’è amore, non c’è più il ponte che ricollega la terra al cielo, il motore che fa ripartire la storia, una storia con sapore di Dio.

Quaresima III 04/03/2018

L’AMORE BRUCIA E PURIFICA DENTRO E FUORI

4 Marzo 2018

L’uomo al massimo può trasmettere la vita, ma non dare la vita. Quando a Gesù chiedono di dove proviene la sua autorità, Egli risponde esattamente il contrario di come avrebbe risposto ogni altro essere creato. Nessuno per quanto imperatore e potente, ha mai benché minimamente avuto nemmeno per un secondo il potere di dare la vita a qualcun altro, ma solo il potere di dare la morte.

Gesù risponde come solo Dio può fare:” Voi distruggete il tempio, io lo rifarò risorgere”

Il tempio non è una costruzione, è il luogo sacro dell’incontro rigenerante del morire dell’uomo con il vivere di Dio.

La risurrezione di Gesù non libera solo dalla morte ma libera dalle peggiori delle morti, quella più subdola, invisibile, non conosciuta e non pianta: il morire dentro, il morire del cuore, la necrosi della fede e della gioia.

Gesù caccia a frustate il morire dell’anima, sfacciatamente perpetrato e commesso nel cuore del tempio. Ecco il perché della dura reazione di Gesù, solo Lui sapeva esattamente cosa stava cacciando con quella frusta, quel giorno, nel cuore del tempio.

Trasfigurazione 25/02/2018

ESPERIENZE DI TRASFIGURAZIONE

25 Febbraio 2018

SARÀ POSSIBILE?…. FORSE SÌ….PROVIAMOCI!
Infatti tutti noi abbiamo una particolare immagine di noi stessi, un proprio modo di presentarci agli altri così come definiamo gli altri con una “figura” che identifichiamo con alcune caratteristiche; con queste, a cui aggiungiamo pregiudizi e stereotipi comuni, presumiamo di conoscerli, fino a catalogarli come estranei, amici o nemici, stranieri, immigrati… Però la vita ci insegna che, sia in noi stessi che negli altri, ci sono dimensioni sconosciute o non espresse che possono riguardare sia aspetti negativi che positivi.
Come non preoccuparci in questi giorni della marea di parole, atteggiamenti, gesti di aggressività che sembrano travolgere tutto e tutti tanto da chiederci: “Come è possibile che un essere umano possa diventare così disumano?”
Altrettanto, come non meravigliarci di tanti gesti di amore e disponibilità, di dedizione gratuita e perseverante fino a toccare a volte l’eroismo, di vite donate a fare il bene?
È su questi ultimi che ci soffermiamo perché è proprio lì che ci viene offerta la possibilità di vivere profonde e importanti esperienze di TRASFIGURAZIONE: quando riusciamo a superare l’immagine che abbiamo di una persona, magari conosciuta solo superficialmente e andare oltre le apparenze, realizzando una conoscenza più profonda, più significativa e arricchente. Questo può avvenire nella rivelazione reciproca di amicizia e di condivisione di ideali, cioè in situazioni positive, ma anche di sofferenza nelle quali si è portati ad esprimere con più intensità la vicinanza e l’amore. Quando sappiamo che un immigrato riconsegna al proprietario il portamonete appena smarrito… Quando scopriamo che un giovane carcerato offre un proprio rene ad uno sconosciuto sofferente dializzato… Quando vediamo che una famiglia apre le porte ad altro nucleo familiare sfrattato e impoverito….: sono queste TRASFIGURAZIONI FERIALI offerte al nostro sguardo per cambiare i nostri giudizi, convertire e migliorare le nostre relazioni interpersonali illuminandole di nuova luce.

Il Vangelo di questa domenica ci racconta l’esperienza dei tre discepoli che partecipano alla Trasfigurazione di Gesù: lì intuiscono con maggiore profondità chi Egli è veramente: Il Figlio Amato da ascoltare! Il fatto presentato è ricco di riferimenti simbolici e linguistici del tempo: La luminosità anche della veste di Gesù, lo stordimento dei discepoli, lo stupore, gioia e timore… dimensioni che si provano quando si è coinvolti dal mistero! E mentre scendono dal monte Gesù raccomanda di non diffondere ora quell’esperienza quasi a dire di custodirla nel profondo del cuore perché possa diventare riferimento di luce, forza interiore e coraggio nei momenti oscuri. Così noi siamo invitati a custodire le personali trasfigurazioni positive che viviamo come patrimonio interiore cui attingere nei momenti difficili.

Prossimità 18/02/2018

P R O S S I M I T A`

18 Febbraio 2018

ECCO, IO FACCIO UNA COSA NUOVA:
PROPRIO ORA GERMOGLIA, NON VE NE ACCORGETE? (Is.43,19)

Come a chi affronta alte cime, capita a volte, nel nostro cammino, di accorgerci di aver forse smarrito la strada e di sentire il bisogno di fermarci per confrontarci con chi ci guida e avere nuova luce, per verificarci, guardarci un po’ dentro e ripartire poi con nuova energia e fiducia.
Anche Gesù oggi si ferma, nel deserto, quaranta giorni: un tempo lungo, significativo, necessario per leggere in profondità il progetto del Padre su di Lui e sull’umanità.
A questa umanità, cioè a noi, offre un programma di vita: Convertitevi e credete al Vangelo: una PAROLA che, come dice Papa Francesco, “entra dalle orecchie, arriva al cuore e va alle mani, alle opere buone”.
Abbiamo così davanti a noi un tempo buono (quaresima = 40 giorni) per: – aprire uno sguardo impegnato sulle profondità del nostro essere, dei nostri sentimenti e del nostro operare; – lasciare che la Parola arrivi al nostro cuore e si trasformi in gesti di fraternità, di gratuità, di amicizia e solidarietà, donati e ricevuti.

Nella nostra Unità Pastorale comincia oggi la SETTIMANA DELLA PROSSIMITÀ: sarà un tempo utile e ricco di proposte stimolanti con cui vogliamo aiutarci ad allargare e approfondire lo sguardo su noi e sulle nostre relazioni con gli altri nostri compagni di viaggio, per andare insieme verso una nuova vita da RI- SORTI.
Insieme, il nostro cammino, sarà più bello e anche le difficoltà che incontreremo saranno più leggere perché condivise.

Quaresima 11/02/2018

QUARESIMA: Un tempo per riaccendere in noi la SPERANZA

11 Febbraio 2018

Un noto teologo disse alcuni anni fa: “Il problema della fede all’inizio del terzo millennio è …. la speranza”. Riflettiamo, aiutati anche dal racconto qui sotto riportato.
Le quattro candele, bruciando, si consumavano lentamente.

Il luogo era totalmente silenzioso, che si poteva ascoltare la loro conversazione.
La prima candela diceva: “IO SONO LA PACE… Gli uomini non riescono a mantenermi. Penso proprio che non mi resti altro da fare che spegnermi”. Così fu, e, a poco a poco, la candela si lasciò spegnere completamente.
La seconda candela disse: “IO SONO LA FEDE… Purtroppo non servo a nulla. Gli uomini non ne vogliono sapere di me e per questo motivo non ha senso che resti accesa”. Appena ebbe terminato di parlare, una leggera brezza soffiò su di essa e la spense.
Triste, triste, la terza candela, a sua volta, disse: “IO SONO L’AMORE… Non ho la forza per continuare a rimanere accesa. Gli uomini non mi considerano a non comprendono la mia importanza. Odiano perfino coloro che più li amano, i loro familiari”. E senza attendere oltre, la candela si lasciò spegnere.
Inaspettatamente… Un bimbo, in quel momento, entrò nella stanza e vide le tre candele spente. Impaurito per la semi-oscurità, disse: “Ma cosa fate! Dovete rimanere accese. Io ho paura del buio!”. E scoppiò in lacrime.
Allora la quarta candela, impietositasi, disse: Non temere, non piangere, finché io sarò accesa potremo sempre riaccendere le altre tre candele. IO SONO LA SPERANZA”. Con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime, il bimbo prese la candela della speranza e riaccese le altre tre. Che non si spenga mai la speranza dentro il nostro cuore… E che ciascuno di noi possa essere lo strumento, come quel bimbo, capace di riaccendere, con la sua speranza, in ogni momento, la fede, la pace e l’amore!

Mercoledì 14 febbraio, GIORNO DELLE CENERI, inizia il tempo liturgico della QUARESIMA. Si entra in quaresima non con la faccia triste, quasi che si profili un tempo penitenziale pesante e penoso. Lo stesso segno dell’imposizione sul capo delle ceneri va accolto alla luce delle parole che lo accompagnano: Convertiti e credi al vangelo! Il cammino quaresimale è un cammino di fede caratterizzato da tre modi tradizionali di esprimere l’impegno di conversione: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Non si tratta di indicazioni poste a caso, dal momento che ciascuna di esse permette di verificare una delle relazioni che ci costituisce: relazione col prossimo (elemosina), relazione con Dio (preghiera), relazione con noi stessi (digiuno-sobrietà- dominio di sé).
Buon cammino di Quaresima

CELEBRAZIONE DELLA 40° GIORNATA PER LA VITA 04/02/2018

CELEBRAZIONE DELLA 40a GIORNATA PER LA VITA

4 Febbraio 2018

“IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO”
“Punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità.
Il credente divenuto discepolo del Regno, mentre impara a confrontarsi continuamente con le asprezze della storia, si interroga e cerca risposte di verità.
In questo cammino di ricerca sperimenta che stare con il Maestro, rimanere con Lui lo conduce a gestire la realtà e a viverla bene, in modo sapiente, contando su una concezione delle relazioni non genetica e temporanea, bensì cristianamente limpida e incisiva.
La Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza della vita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo.
Un annuncio dell’amore paterno e materno che sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni tristezza.”
(Dal messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della CEI per la 40a Giornata Nazionale per la Vita)
CRISTIANI SERVITORI DELLA VITA
Continua nel vangelo di Marco la descrizione della giornata di Gesù a Cafarnao. Dopo essere uscito dalla sinagoga dove la sua parola autorevole ha stupito i presenti e dopo aver liberato un uomo posseduto dallo spirito del male, Gesù è condotto nella casa di Pietro per incontrare la suocera che era malata. “Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”. Guariti per servire…
Sono molto belli i gesti compiuti da Gesù:
– “si avvicinò”: toglie le barriere, toglie ciò che impedisce all’altro/a di consegnarsi in piena verità
– “la fece alzare”: è il verbo della risurrezione, servire è esperienza di risurrezione
– “prendendola per mano”: nel contesto ebraico significa assumersi il peso dell’altro (la malattia era considerata una punizione, il malato era uno lontano da Dio… Gesù rompe queste barriere, si fa vicino, si fa prossimo e ci prende per mano). Quante situazioni evoca questo prendere per la mano: la mamma con il suo bambino, una coppia di innamorati, il gesto di un aiuto offerto… Oggi ti chiediamo Signore di aiutarci a prendere per mano la vita delle giovani generazioni, in modo particolare di quanti stanno per cominciare l’avventura della vita.

IL VANGELO DELLA VITA 28/01/2018

“IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO”

28 Gennaio 2018

E’ il tema proposto dal Consiglio Episcopale Italiano per la Giornata per la Vita 2018.
Papa Francesco afferma che l’amore dà sempre vita: vita per concepire, vita per accogliere gli altri, vita per accudire coloro che ci hanno generato nel corpo e nello spirito.
La vita è dono di Dio e per questo è preziosa, ma purtroppo, nella realtà odierna, è difficile coglierne l’essenza a causa dell’individualismo imperante, delle aggressioni che violano l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo ed alla mente, del rifiuto del concepito, della fragilità degli anziani, dell’indifferenza verso i poveri e i migranti.
Malgrado tutti questi fattori negativi è necessario non omologarci alla mentalità corrente, ma scegliere la strada che Gesù ci ha tracciato con il Suo esempio, cioè una comunità cristiana che sappia incoraggiare questa povera umanità, che spesso ha perduto i propri riferimenti per cui si sente uno scarto, usando la tenerezza e l’amore fraterno per sanare le lacerazioni e le ferite. La “mission” del cristiano è accogliere con empatia, usare l’aiuto di vicinanza, offrire la gratuità nell’aiuto, perdonarsi a vicenda ed essere misericordiosi con gli altri ma anche con se stessi.
I Centri di Aiuto alla vita operano per aiutare le donne sole in difficoltà o famiglie fragili, che a causa di gravidanze non previste aggravano la loro situazione. Queste persone disagiate vengono accolte, aiutate a scegliere e poi rassicurate che l’aiuto necessario non verrà a mancare. Tutto ciò è possibile per l’opera costante dei volontari e per la generosità di persone che amano la vita.
L’amore per la vita, se valorizzato dà sempre gioia, e se produce vita è sempre “ Natale”.
“Il vangelo per la vita – gioia per il mondo” è una premessa per costruire la città degli uomini.

PAROLE,PAROLE,PAROLE…..

Nel Vangelo di Marco si racconta che nel giorno festivo, il sabato, nella sinagoga, Gesù insegnava. E’ una parola potente, creatrice, che suscita ammirazione. E’ una parola autorevole, che provoca la guarigione. Qual era la forza che permetteva a Gesù di liberare le persone dagli “spiriti immondi”? Era l’attendibilità delle sue parole. Gesù insegnava e rivelava il senso della vita, rivelava il Padre, il sommo Bene, invitava alla fiducia. Quando si accorgeva che una persona stava male, gli parlava, entrava in relazione con lei e la indirizzava verso la fede .Nel frastuono di tante parole, sintonizziamoci sulla Parola di vita eterna. Preoccupiamoci di portare avanti la creazione del regno di Dio (“pre-occupare” significa mettere al primo posto). Occupiamoci delle cose presenti, facciamo, uniti allo Spirito, le cose di tutti i giorni e anteponiamo l’ascolto dello Spirito che ci ha creati!

IMPEGNATI PER ARRIVARE ALL’UNITA’ 21/01/2018

IMPEGNATI PER ARRIVARE ALL’UNITA’

21 Gennaio 2018

Gesù cominciò a predicare in una regione che Papa Francesco chiamerebbe “periferia”: la Galilea delle genti. In questa scelta si manifestò immediatamente la volontà di comunicare la Parola di Dio non solo ai figli di Israele, ma a tutti indistintamente.

Anche un altro argomento appare oggi rilevante: siamo in piena settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che impegna ogni anno i fedeli di tutte le confessioni (cattolici, ortodossi, protestanti delle varie denominazioni) a pregare perché si realizzi la loro unità.

L’iniziativa, partita oltre cento anni fa tra gli anglicani, ha visto via via aderirvi tutti gli altri. Durante l’Ultima Cena, Gesù ha lasciato agli apostoli il suo testamento spirituale, e rivolgendosi al Padre ha detto: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola, perché tutti siano una cosa sola (Giovanni 17,20-21).Se ne ricava una prima considerazione: le divisioni tra i suoi fedeli non corrispondono alla sua volontà. Egli ha fondato un’unica Chiesa; se al suo interno si sono prodotte fratture, è stato per la malizia o l’ignoranza degli uomini: cause umane, che con l’aiuto di Dio possono essere rimosse. Con l’aiuto di Dio: di qui la preghiera, per implorare la luce occorrente a comprendere e il coraggio necessario a cambiare. La preghiera comune di questa Settimana non mira, da parte delle diverse confessioni, a che gli appartenenti alle altre si “convertano” alla propria; la via per l’unità consiste nell’impegno di tutti a convergere pienamente a Cristo. Anche un’altra fondamentale ragione si ricava dalla preghiera di Gesù: “Perché il mondo creda”. Il mondo, vale a dire chi è lontano da Dio, crede per la parola e l’esempio degli apostoli di oggi, quali sono i pastori delle comunità e i fedeli che si dichiarano cristiani.

Di qui l’importanza di questa Settimana di preghiera, della quale peraltro già si vedono copiosi i frutti: prima che venisse introdotta, i rapporti tra le diverse confessioni cristiane erano improntati a indifferenza, quando non a ostilità; ora la situazione è ben diversa: i capi delle Chiese si rendono visita reciprocamente, gli esperti delle varie parti si incontrano per cercare di chiarire le divergenze. In proposito, non sarà superfluo ricordare che unità non significa uniformità; l’unità non comporta il dire e il fare tutti le stesse cose. L’unità è un valore, si esprime in mille varianti, secondo la personalità di ciascuno, le varie situazioni in cui ci si trova e i mezzi di cui si dispone. L’uniformità significherebbe impoverimento, che finirebbe per spegnere l’intelligente creatività di cui Dio ha dotato l’uomo.