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S. M. Bertilla Boscardin 20/10/2019

S.M. BERTILLA (n. 6.10.1888 – m. 20.10.1922)

20 Ottobre 2019

Anna Francesca Boscardin (Annetta per tutti) nasce a Brendola da genitori contadini, poveri ed analfabeti. Buona la mamma, rude e litigioso il papà in preda al vino e gelosia. Infanzia triste la sua nel veder la mamma oggetto di sospetti, rimproveri, urla e botte. Aggrappata alla mamma, impaurita dal babbo, Annetta imparò a frequentare, a rifugiarsi nella chiesa del paese ogni mattina, prestissimo, a piedi nudi camminando per la “via dei carri”.
Entrata giovanissima nell’Istituto Farina delle Suore Maestre di S. Dorotea di Vicenza passò dalla cucina, alla lavanderia, alla cura dei bambini malati del reparto di isolamento e poi alla cura degli ammalati e soldati feriti della Grande Guerra.
Sperimentò la profonda bellezza e verità di parole come “obbedienza, povertà, umiltà, silenzio, premura”. Scelse sempre il posto meno ambito, il lavoro più faticoso, il servizio generoso e privo di lamento.
Nei quindici anni della sua vita ospedaliera, Suor Bertilla passò per tutti i reparti lasciando ovunque lo stesso caro e santo ricordo. Nei reparti dove veniva inviata era, quello di Suor Bertilla, un andare instancabile e mite. Un darsi senza riserve: completo, nascosto, con un sorriso costante e mesto.
Sentiva come suoi i dolori degli altri. Davanti alle umiliazioni, talvolta delle stesse consorelle, reagiva con silenzio, qualche volta col pianto. Ma non protestava. Delicatissima e attenta fino all’ultimo alle esigenze altrui, nei giorni estremi, si preoccupava che le consorelle non stessero a “perdere tanto tempo per lei”!.
Per lei erano uguali i ricchi e poveri, giovani e vecchi, buoni e cattivi, dal momento che nell’altra vita non si portano “né soldi, nè bagagli, ma solo l’anima pulita o sporca”.
Ad appena 34 anni fu operata per un tumore e fu subito chiaro che per Suor Maria Bertilla non c’era più nulla da fare. A tale notizia ci fu un accorrere di primari, medici, infermieri, gente comune dalla città e dalla periferia, consorelle…La sera del 20 ottobre 1922, con le parole che ormai uscivano a stento, rivolgendosi alla superiora generale disse: “Dica alle sorelle che lavorino solo per il Signore, che tutto è niente”.
Un mese dopo la morte il cappellano dell’Ospedale di Treviso scriveva un primo articolo nel quale faceva risaltare le straordinarie qualità umane e spirituali della futura Santa. La tomba nel cimitero di Treviso fu, da subito, oggetto di visite continue. Persone che ringraziavano, imploravano, si affidavano alla intercessione celeste di S.M. Bertilla. Grazie agli emigranti la devozione si propagò non solo nel Veneto ma anche in America ed Australia.

La Gratitudine 13/10/2019

LA GRATITUDINE

13 Ottobre 2019

Gesù ascolta l’invocazione di dieci sventurati lebbrosi e li guarisce. Solo uno di loro ritorna per ringraziarlo ed è uno straniero, un Samaritano.
I nove che non tornano recuperano solo la salute; il Samaritano trova anche la fede che darà alla sua vita un senso nuovo.
Triste comportamento, eppure non così infrequente, quello di chi, pur ricevendo un grande beneficio, sembra scordarsi del benefattore.
La gratitudine è cosa difficile da coltivare. Non a caso i genitori si sforzano di insegnarla ai figli fin da piccoli. Con il crescere dell’età, proprio quando si diventa ancor più debitori nei confronti di un sempre maggior numero di persone, la gratitudine pare svanire, quasi a scomparire.
Ringraziare è riconoscere che non ci si è fatti da soli!
Quanti genitori, educatori, animatori si danno continuamente da fare per il bene dei figli o dei giovani loro assegnati!
Un semplice “Grazie”, accompagnato magari da un bacio o da un sorriso può ricompensare il lavoro di una vita, può lenire una ferita, può ridare slancio per continuare.
Oggi c’è chi non crede ai miracoli e si dichiara diffidente. Ma i miracoli avvengono anche oggi, anche se apparentemente sembrano meno numerosi. Certo, ci si può domandare perché in alcuni casi la preghiera ottiene il miracolo e in altri no. La risposta in realtà potrebbe darla solo Dio in persona.
Ogni malattia, specie quelle devastanti, ci mettono a nudo e ci costringono a riflettere sulla precarietà della vita, a non collocare tutta la nostra fiducia e sicurezza nelle cose di questo mondo.Soprattutto si fa Preghiera, Invocazione, Grido di Pietà: “Gesù, Maestro. Abbi pietà di me!
La vita non può che essere racchiusa in un grande Grazie perché tutto ciò che abbiamo lo abbiamo ricevuto.

Fino a quando, Signore? 06/10/2019

FINO A QUANDO, SIGNORE ?

6 Ottobre 2019

Nella prima lettura odierna incontriamo il profeta Abacuc che, scoraggiato, si rivolge al Signore dicendo: “Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti? Perché, Signore, non intervieni e cambi il corso degli eventi? Perché non risolvi i problemi che ci assillano?”
Il Signore risponde al profeta assicurando il suo intervento. Rincuorato, il Profeta Abacuc arriverà a dire: “Ciò che tarda, verrà”. (Ab 2,3).
Nella seconda lettura l’apostolo Paolo invita Timoteo a non lasciarsi prendere dalla timidezza, a non vergognarsi di dare testimonianza, ad avere forza nonostante le difficoltà, a soffrire insieme a lui, che ora è in carcere a causa del Vangelo.
Di fronte alle imperative parole di Gesù che invita a perdonare sempre, gli apostoli chiedono: “Accresci in noi la fede!”
Gesù li rimprovera dicendo loro: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: sradicati e vai a piantarti in mare ed esso vi obbedirebbe”. Gesù pare dire: La fede o c’è o non c’è. Non è una questione di quantità. Ma quando c’è, per piccola che sia, essa è potentissima.
Nel Vangelo di Luca, infine, Gesù ci presenta la parabola dell’agricoltore padrone che ama sedere a tavola ed essere servito dai suoi servi.
Gesù ci dice che Dio non si comporterà come questo padrone. Nel Regno dei cieli sarà Dio a cingersi i fianchi e a servirci a tavola: noi saremo commensali di Dio, non suoi servi.
Oggi Gesù incoraggia ogni uomo e ogni donna a chiedere una fede più forte e più grande, ma, in concreto ci dice: Basta la fede che avete, rendetela però più ferma ed operante. Siamo dunque invitati a tenerci stretta la fede ricevuta in famiglia e vissuta nella nostra comunità parrocchiale. La fede si ottiene aprendoci all’amore di Dio.
Noi ci fidiamo o ci affidiamo solo a quelli che amiamo.
Se amiamo Dio e ci fidiamo di Lui troveremo facile e gioioso credere e contagiare altri a fare lo stesso.
CHI NON CREDE non alza alcun grido verso l’alto, si limita a maledire la vita.
CHI CREDE non può non coinvolgere Dio negli interrogativi più tragici, nei momenti più drammatici e concreti della vita.

Lieto messaggio annunciato ai poveri 29/09/2019

LIETO MESSAGGIO ANNUNCIATO AI POVERI

29 Settembre 2019

La parabola di oggi è nota: il povero che chiede pane ed è scacciato dal ricco; la morte che dona al povero la consolazione e al ricco il tormento. A chi non ha offerto il pane in questa vita non sarà data neanche una goccia d’acqua nell’aldilà.
Il povero Lazzaro è un mendicante che conosce la polvere delle porte dei ricchi e aspetta di raccogliere ciò che cade dalle tavole dei banchetti.
Alla sua morte verrà accolto “Nel seno di Abramo” non come ricompensa per una vita sofferta ma per l’affermazione del primato dei poveri nel regno di Dio. Lazzaro, dalle piaghe leccate dai cani, è infatti chiamato per nome e raggiunge la consolazione.
Il ricco, abbagliato dal potere del denaro, impartisce ordini perfino ad Abramo e Lazzaro, come fossero suoi servi. La sua preoccupazione è unicamente per la propria salvezza o, al limite, per i parenti più stretti.
Che insegnamento riceviamo da questa pagina del Vangelo?
Le diseguaglianze distruggono le società e fanno precipitare il senso di umanità. Per chi racconta questa parabola Gesù? per quelli che vivono tranquilli e pensano che i poveri non esistano.
Chiudere le porte di casa rende più misero chi è già povero ma fa vivere nella paura chi è imprigionato nelle proprie sicurezze materiali.
La parabola di Gesù ci assicura che Dio è un giudice giusto, che a tempo debito, darà a ciascuno il suo. Ricco e povero sono vicinissimi, ma il ricco neanche si accorge di Lazzaro che giace alla sua porta.
Dio ama il povero non perché sia migliore del ricco, ma semplicemente perché è povero, cioè in una posizione di inferiorità, di bisogno, probabilmente di ingiustizia subita. E noi da che parte ci troviamo?
Sappiamo vedere Lazzaro che giace alla nostra porta (poveri, svantaggiati, esclusi..) o viviamo anche noi senza aprire gli occhi?
Il problema è vedere bene oggi perché oggi c’è ancora tempo!

Il tesoro più prezioso 22/09/2019

IL TESORO PIU’ PREZIOSO

22 Settembre 2019

Il Vangelo di questa domenica propone una parabola curiosa ed imbarazzante – quella dell’amministratore infedele, disonesto, ma furbo ed intraprendente – per invitare i suoi discepoli ad essere più dinamici e inventivi nella costruzione del Regno di Dio. I loschi affari dell’amministratore sono venuti alla luce e lui non esita a falsificare bilanci e fatture. E’ un uomo senza scrupoli che agisce per difendere se stesso e garantirsi un futuro.
Il padrone non lo loda per l’imbroglio ma per la scaltrezza.
Come ragiona questo uomo corrotto? “Sto per essere cacciato, perderò lavoro e guadagni. Che cosa farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare non ne ho la forza; mendicare mi vergogno”.
Chiama i debitori del padrone e fa modificare le ricevute regalando grossi sconti. Favori che un giorno qualcuno gli restituirà.
Gesù commenta: “I figli di questo mondo, infatti, sono più scaltri dei figli della luce”. Gesù vuole che i suoi discepoli mettano la stessa prontezza, la stessa lucidità, la stessa fantasia, a servizio del Regno di Dio.
Non vi è, in questa pagina del Vangelo, la condanna della ricchezza o del mettersi in affari. Ma quella di darsi a traffici illeciti e costruire per sé una ricchezza ingiusta magari a spese degli altri, soprattutto dei poveri.
Vi è spesso, nella considerazione delle persone che contano, un certo atteggiamento di sufficienza, per non dire di disprezzo, verso coloro che sono fedeli nel loro impegno quotidiano.
La Chiesa, per bocca di alcuni Papi, ha dichiarato che non è possibile dirsi cristiani ed essere dei corrotti, dei disonesti, dei mafiosi, dei camorristi.
Le ricchezze di questo mondo hanno un unico fine: portare dalla terra al cielo. Siamo tutti invitati ad usare la ricchezza per farci dei fratelli perché c’è un solo Padre e noi siamo tutti fratelli.
La vita terrena è un banco di prova. La nostra vera ricchezza è la vita eterna, che si acquista qui, su questa terra, donando.
Servirci del denaro SI’. Ma essere servi del denaro NO.

Bisogna davvero far festa 15/09/2019

BISOGNA DAVVERO FAR FESTA

15 Settembre 2019

Il tema principale di questa domenica è la festa per aver ritrovato ciò che era perduto. Ma è un crescendo: prima uno su cento, poi uno su dieci, infine uno su due! Se ritrovi una pecora su cento sei contento. Se ritrovi una moneta su dieci sei felice. E se il Padre ritrova un figlio perduto, non dovrebbe fare ancora più festa?
Ecco perché faccio festa coi peccatori – dice Gesù – perché così fa Dio.
Perché vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte; perché questo “vostri fratelli” erano perduti e sono stati ritrovati”.
Il cuore di Dio, che è Padre e ama tutti i suoi figli, buoni e cattivi, giusti e peccatori, non si dà pace se ne perde anche uno solo. Non si dà pace finché non lo ritrova. E fa festa per ogni ritorno a casa.
Non facciamo così anche noi quando perdiamo una cosa preziosa?
E non dovrebbe fare così un padre per suo figlio?
Nella parabola del “figlio spendaccione” colpisce la libertà del padre che non si lascia dominare dal merito e adotta un cuore misericordioso.
Il padre non chiede nulla al figlio che ritorna ma lo avvolge con un abbraccio paterno che sa di amore vero, di libertà autentica.
Lo ha atteso, lo considera ancora e sempre suo figlio.
Non lo rimprovera, non gli permette neanche di scusarsi.
La decisione del figlio di tornare a casa nasce anche dalla sofferenza di un’esperienza negativa, dalla delusione, dall’aver sbattuto il naso contro il muro. E’ uno sconfitto, ha capito la lezione. D’ora in poi sarà un uomo diverso, con un’esperienza alle spalle che lo ha fatto maturare.
E’ commovente vedere il padre che è in continuo movimento d’uscita per abbracciare, accogliere ed aiutare il figlio maggiore ad avere uno sguardo diverso nei confronti del fratello minore. La ricchezza talvolta divide e allontana. L’amore, al contrario, perdona, unisce, fa risorgere.
Questo è il Vangelo, la novità, il vino nuovo capace di rinnovare il mondo e le persone che lo accolgono.

Liberi di scegliere 08/09/2019

LIBERI DI SCEGLIERE

8 Settembre 2019

Il Vangelo è un cammino di libertà che Gesù è venuto ad aprire per rendere più bella la nostra vita. La vita è bella se scegli con decisione ciò che può renderla bella. Ogni scelta comporta la rinuncia a qualcos’altro.
Ci sono rinunce che fanno star male e rinunce che, pur costando, fanno stare bene. Ogni cosa bella, infatti, costa.
Gesù a tutti dice: “Se vuoi venire dietro a me, scegli con libertà e pensa bene a cosa sei disposto a perdere. Se nella tua libertà hai scelto di seguirmi, se hai capito che Io sono la vita… allora non anteporre altro all’amore per me. Non fare di qualcuno, di qualcosa, il tuo dio”.
Solo Gesù può chiedere la rinuncia a tutto, perché solo Lui può darci tutto.
Si è cristiani per scelta. Si è discepoli di Gesù per libera decisione. Sei convinto di seguire Gesù? Allora và diritto fino in fondo alla tua impresa.
Ci sono molte persone specialiste delle “cose a metà”. Quelle che abbandonano le amicizie, gli impegni, quelle che lasciano un progetto, un legame d’affetto o una responsabilità assunta.
Quando non scegliamo cadiamo spesso nell’illusione che ci sia un’altra possibilità, una porta secondaria, una via d’uscita alternativa…
A che serve la libertà se poi non scegliamo?
Il Vangelo è per tutti quelli che scelgono di amare.
Dolore, gratitudine, coraggio, lode: sono le quattro parole chiave della lettera che Papa Francesco ha scritto, nei giorni caldi di agosto, ai sacerdoti in occasione del 160° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars
(4 agosto 1859), patrono di tutti i parroci del mondo.
Il Pontefice si rivolge a ciascun sacerdote che in tante occasioni, “in maniera inosservata e sacrificata, nella stanchezza o nella fatica, nella malattia o nella desolazione” assume “la missione come un servizio a Dio col suo popolo”.
La prima parola Dolore è legata allo scandalo degli abusi. Di fronte al danno causato da qualche sacerdote sarebbe ingiusto non riconoscere tanti sacerdoti che, in maniera costante e integra, offrono tutto ciò che sono e hanno per il bene degli altri. Sanno piangere con coloro che piangono.
La seconda parola è Gratitudine. “Nei momenti di difficoltà, di fragilità, così come in quelli di debolezza e in cui emergono i limiti è importante non perdere la memoria piena di gratitudine per lo sguardo misericordioso del Signore per tutti i gesti di amore, generosità, solidarietà e fiducia, così come di perdono, pazienza, sopportazione e compassione quotidianamente dimostrati.
C’è poi il Coraggio. La missione del sacerdote non è immune dalla sofferenza, dal dolore e persino dall’incomprensione.
Lode è infine l’ultima parola che ci richiama Maria, donna dal cuore trafitto, capace di aprire lo sguardo al futuro e restituire speranza al presente.
Preghiamo per noi tutti, per i nostri cari, per gli ammalati ma … non dimentichiamo mai di pregare anche per i nostri sacerdoti.

L’umiltà 01/09/2019

L’UMILTA’

1 Settembre 2019

Oggi Gesù, grande maestro di spirito, osserva l’accalcarsi ambizioso dei farisei nello scegliere i primi posti al banchetto.
Gesù accetta spesso inviti a pranzo. E’ uno dei segni dell’essersi fatto uomo tra gli uomini. Questa volta è invitato da uno dei capi dei farisei e racconta una parabola sulle conseguenze dell’arrivismo e dell’ambizione.
Gesù dà un insegnamento:”Se ti metti al primo posto rischi di sentirti invitare a cederlo a un altro invitato di riguardo. Mettiti invece all’ultimo posto e lo sposo potrebbe invitarti a prendere un posto migliore!
Gesù prosegue il suo insegnamento consigliando al padrone di casa, che ha invitato a pranzo solo persone ragguardevoli, di invitare quelle persone scartate dalla società che nessuno invita.
L’umiltà e la mancanza di ambizione sono qualità rare nella nostra società. Sin da quando si è bambini la parola d’ordine è apparire, contare, vestirsi per farsi notare, vivere al di sopra degli altri, essere i primi in classe e nel campo di lavoro.
Oggi come si fa a chiedere a famiglie normali di invitare a pranzo e a cena poveri, storpi, zoppi e ciechi? E’ una cosa sicuramente difficile da fare.
L’esempio di Gesù ci insegni a vedere con occhi caritatevoli gli ultimi, i bisognosi, i vicini di casa, le persone sole, chi è nel dolore…..
Gesù ci dice che, così facendo, avremo “la ricompensa dei giusti nel giorno della risurrezione”.

La porta stretta 25/08/2019

LA PORTA STRETTA 

25 Agosto 2019

Qualcuno pone a Gesù la domanda: Sono pochi quelli che si salvano?”.
Gesù non risponde direttamente a questa questione, coinvolgente e curiosa, ma invita tutti a mettersi al sicuro scegliendo la strada della conversione.
La salvezza è offerta a tutti i popoli ma non è scontata. Dobbiamo sforzarci, tutti, di entrare per la porta stretta. Nessuno può presumere di salvarsi e ci si deve guardare dallo sbandierare le proprie opere, dal vantare diritti.
E’ d’obbligo allora togliersi la falsa sicurezza di poter entrare nella salvezza in modo automatico per appartenenza o in forza del proprio darsi da fare.
Entrare per la porta stretta vuol dire giocare la propria vita mettendosi nelle mani di Dio. Non basta essere stati battezzati o frequentare la messa, essere amici del parroco o della suora.
Il criterio di salvezza, che è l’amore vissuto, la disponibilità al bene, vale anche per chi non è cristiano.
Senza dubbio il cristiano è nella posizione più felice perché ha potuto conoscere, ascoltare, imparare, vivere a fianco di tanti fratelli nella fede.
Gesù dice: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio…
E’ d’obbligo e di conforto pensare alle nuove comunità cristiane che nascono in contesti difficili, in Africa, Asia, India, Cina e dimostrano una fede fresca e coraggiosa.

Fragilità 18/08/2019

FRAGILITA’ 

18 Agosto 2019

Capita a tante persone, per lavoro o per scelta o condizione di vita, di trovarsi a stare vicino a persone che sono fragili, malate, sofferenti e che hanno bisogno di assistenza anche nelle più normali attività quotidiane. Questo servizio, come ci ricorda Papa Francesco, quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante. E’ relativamente facile servire l’altro per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare.
Ci sono tante fragilità e spesso, di fronte alle fragilità altrui, ci troviamo impreparati, immobili.
Ci vuole coraggio! Non esistono “ricette che vanno bene per tutti” ma possiamo individuare tre passaggi per sollevarci dalla sofferenza:Sognare, Ripartire, Rischiare.
Sognare – Ognuno di noi nasconde una speranza per la propria vita, un sogno da realizzare.
Ripartire – Quando si sbaglia strada (e si sbaglia strada fortunatamente tante volte) si può ripartire da dove si è caduti e prendere la caduta come una sosta di riflessione e un punto di ristoro per darsi forza nel riprendere il cammino. Così gli errori possono essere visti non più come zavorre ma come aiuto per osservare meglio la direzione da prendere e individuare la rotta.
Rischiare – Per accogliere la chiamata di Dio – insegna papa Francesco – occorre mettersi in gioco con tutto se stessi e correre il rischio di affrontare una sfida inedita, nuova. C’è una grande saggezza, propria del rischio, che lo trasforma in un motore straordinario per andare alla scoperta della propria strada nella vita. Con questo spirito potremo essere di aiuto agli altri.
In questo cammino ci sono di aiuto le parole di S. Paolo: Quando sono debole è allora che sono forte” (2 Cor 12,10).