Tutti gli articoli di Flavio Dal Lago

IV Domenica di Pasqua 22/04/18

L’ UOMO E’ ASSETATO DI DIO

22 Aprile 2018

Oggi, quarta domenica di Pasqua, ci viene proposta la figura del Buon Pastore che conosce, ama e difende le sue pecore fino a dare la vita per esse. Non così agisce il pastore mercenario che, di fronte ai pericoli, non difende il suo gregge ma fugge.
A nessuno, tuttavia, fa piacere far parte di un gregge, o essere identificato con una pecora. Gesù, con questo paragone, intende sottolineare il rapporto fra il buon pastore ed il suo gregge.
A Gesù interessano tutte le pecore, quella che si è smarrita e le novantanove che sono nel recinto, E’ un pastore bravo, accorto e zelante.
Ma, come il pastore non può stare bene finchè non sta bene ogni sua pecora, così ogni uomo non può stare bene finchè non sta bene suo fratello.
Chiunque abbia un compito di governo, nella società e nella chiesa, nella scuola e all’interno della stessa famiglia non può non fare un esame di coscienza e chiedersi: Ho anch’io a cuore il bene degli altri, di coloro che mi circondano e mi cercano?
E’ di conforto sapere che Gesù è un pastore che vuole bene sempre, Non solo alle pecore che appartengono all’ovile, ma anche a quelle selvatiche, che hanno brancolato chissà dove e che non sono riuscite a trovare la strada che porta a casa. “Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita”.
Fintanto che gli uomini abiteranno questa terra avranno sempre, nel loro cuore, un’inquietudine che li porterà a cercare Dio. Può anche darsi che gli uomini, talora, facciano fatica a trovarlo: questo è un incidente che può capitare nel lungo vagabondare della vita. Ma la fede, o almeno il barlume di essa, è l’anima della nostra condizione umana.
Dio aspetta, ci aspetta sempre, misericordioso e paziente.
Noi, ancor oggi, abbiamo la gioia di avere fra noi sacerdoti che spendono la loro vita per condurci, guidarci ed accompagnarci al seguito di Gesù.
Ma, Gesù, il Buon Pastore, al suo ritorno su questa terra, troverà ancora la fede?
La nostra risposta, personale e collettiva è: “Certo che la troverà”. Perché? Perché Dio ci ama tutti, ci aspetta tutti.
“Ci hai fatti per te. E il nostro cuore rimane inquieto, finchè non riposa in te” (Sant’Agostino).
La Chiesa tutta, oggi, dedica la giornata detta del Buon Pastore, alla preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose.

III Domenica di Pasqua 15/04/18

COME E’ DIFFICILE CREDERE !

15 Aprile 2018

Gli apostoli, sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma.
La gioia parve eccessiva; troppo bello per essere vero!
Come comportarsi di fronte a Gesù che, dopo aver augurato “Pace a voi”, dice: “Guardate! Vedete! Toccate! Mangiamo insieme!.
Gli apostoli, i discepoli di Emmaus e noi tutti siamo alla continua ricerca di un Dio vestito di umanità, che pianga le nostre stesse lacrime, che cammini lungo le nostre stesse strade. E non abbiamo forse bisogno anche della Pace? Pace che non esclude momenti di sconforto, di dubbio, di rabbia e che va accolta come dono.
Potessimo anche noi, come i due discepoli di Emmaus, esclamare: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto?”.
Come sarebbe bello avere sempre un cuore che arde, che non si spegne, che non si piega al dolore e alla vecchiaia, capace di dare sempre nuova vita!
Avere Dio nel cuore per diventare ciò che dobbiamo e possiamo essere: persone amate che amano.
Gesù, con la sua presenza fisica, reale, costringe gli apostoli, dubbiosi e paurosi, a ritrovare la fede in Lui e li conferma nella missione di essere suoi testimoni.
E’ una missione semplice e nello stesso tempo più coinvolgente di ogni altra.
Perché non si tratta tanto di trasmettere notizie o cose scritte, quanto di presentare e testimoniare un’esperienza personale vissuta.
“Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono… di ciò diamo testimonianza e lo annunciamo anche a voi” (Gv 1,1-3).
Testimoniare è raccontare ciò che anima le nostre convinzioni e le nostre scelte.
Diventare testimoni: non tanto per convincere, quanto per essere segno.
Ogni cristiano che sia approdato alla fede, potrebbe raccontare che all’origine del suo incontro con il Cristo c’è stato un testimone che gli ha trasmesso un modello di vita.
Diventare testimoni è un impegno che coinvolge tutti, sacerdoti, consacrati e laici. Anzi, sono proprio i laici che possono offrire la testimonianza più convincente e credibile sapendo che ogni discepolo di Gesù deve sentire, in forma personale, il compito di portare a termine la missione di Gesù.
I momenti di angoscia, talvolta lunghi, ci sono, ma occorre avere la certezza di una Presenza che sta alla porta e bussa!

II Domenica di Pasqua 08/04/2018

Credere!

08 Aprile  2018

Sarebbe molto bello poter aderire ad una fede “facile”, senza rischi, credere “dopo aver visto”, non avere mai i dubbi, i ripensamenti, le crisi, la mancanza di certezze assolute dell’oscurità. Tommaso, nostro fratello… La Chiesa ha – ha sempre avuto – una paura ossessiva del dubbio. Per molti uomini e donne di Chiesa il cristiano dovrebbe avere solo certezze, mai dovrebbe lasciarsi sfiorare dal benché minimo tentennamento… Ne andrebbe della sua fede! Pensiamo alla vicenda umana di Santa Teresa di Gesù Bambino. Giovanissima, ma già alla fine della vita, questa fragile sorella che per noi resta uno dei modelli più luminosi ed inimitabili di vita cristiana, vive momenti di oscurità, di dubbio, di autentica perdita della fede. “…E se tutto ciò per cui prego e soffro non fosse vero? Che terribile inganno…”. Un dubbio atroce, che essa vive come una tentazione, ma che non le impedisce, esalando l’ultimo respiro di dire… “Non so se credo… ma… Jésus, je vous aime… Gesù, ti voglio bene. Sì, la fede non viene eliminata dal dubbio, ma cresce con esso, diventa adulta solo quando sa sopportare i dubbi e convivere con essi.Tommaso non c’era quel giorno e non crede. Non basta il ricordo a rendere viva una persona, ci vuole la presenza. Quante volte anche noi non ci siamo! Gesù è presente nel nostro cuore, ma noi chissà dove girovaghiamo, errabondi qua e là e non lo vediamo, non perché non ci sia lui, ma perché non ci siamo noi! Siamo altrove, chissà dove. Quando ritorneremo dal nostro vagabondare, Gesù dirà anche a noi: “Metti qua il dito nelle mie piaghe e non essere più incredulo ma credente.” E Gesù ciò che dice, fa! “Per le sue piaghe siete stati guariti”. Ecco che le sue piaghe guariranno le nostre, purché nel nostro cuore non ci sia più l’incredulità. Perché le piaghe del risorto, “non grondano più sangue, ma irradiano luce” (A. Louf).
Ma oggi è anche la festa della Divina Misericordia, quella che procede appunto dalle piaghe aperte di Gesù, e si riversa su di noi come un fiume che lava ogni colpa, ogni dolore e ogni pena.

Pasqua 01/04/18

Cristo è la Risurrezione e la vita

01 Aprile 2018

Maria di Magdala esce di casa quando è ancora notte, buio nel cielo e buio nel cuore. Non ha niente tra le mani, non porta aromi come le altre donne, ha soltanto il suo amore che si ribella all’assenza di Gesù: «amare è dire: tu non morirai!» (G. Marcel).
E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente, nel fresco dell’alba. E fuori è primavera. Il sepolcro è aperto come il guscio di un seme. Il segno è un corpo assente dalla tomba. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita.
Il Signore Gesù non è semplicemente il Risorto, l’attore di un evento che si è consumato una volta per tutte nel giardino fuori Gerusalemme, in quell’alba del primo giorno dopo il sabato. Un evento concluso? No. Se noi tutti insieme formiamo il corpo di Cristo, allora contemporanea a me è la croce e contemporanea a me è anche la Risurrezione. Chi vive in lui, chi è in lui compreso, è preso da lui nel suo risorgere.
Cristo è il Risorgente, adesso. Sorge in questo momento dal fondo del mio essere, dal fondo di ogni uomo, dal fondo della storia, continua a risorgere, a immettere con la mano viva del creatore germi di speranza e di fiducia, di coraggio e libertà. Cristo Gesù risorge oggi, energia che ascende, vita che germina, masso che rotola via dall’imboccatura del cuore. E mi indica la strada della pasqua, che vuol dire passaggio ininterrotto dall’odio all’amore, dalla paura alla libertà, dall’effimero all’eterno. Pasqua è la festa dei macigni rotolanti via, adesso, dalla bocca dell’anima. E ne usciamo pronti alla primavera di vita nuova, trascinati in alto dal Cristo Risorgente in eterno.

Palme 25/03/18

Sei tu il Cristo, il figlio del Benedetto?

25 Marzo 2018

Oggi la Chiesa legge e medita la Passione del Signore, così come essa è raccontata dal Vangelo secondo Marco. Noi di essa prendiamo solo un brano, il cuore e da esso trarremo fuori quelle verità che sono necessarie alla nostra natura, essenza, sostanza di discepoli di Gesù. Infatti il mondo potrà essere trasformato, rinnovato, elevato solo dalla nostra essenziale verità, vissuta però in Cristo, con Cristo, per Cristo.

Qual è l’essenziale verità di Cristo Gesù che rende unica la sua vita? Essa è questa: in ogni momento, circostanza, dinanzi ad ogni uomo, anche sotto sentenza sicura di morte, Gesù è il testimone della sua verità. È testimone non solo con la parola, ma anche con i frutti che sgorgano dalla sua Persona che è verità. Cristo Gesù è verità nella Persona e di conseguenza lo è anche nelle opere e nelle parole. La sua Persona è verità e i frutti che produce sono tutti verità, misericordia, carità, compassione, grande amore verso tutti, sempre. Gesù è verità nella sua natura divina ed umana.

Oggi Gesù è dinanzi al sommo sacerdote, nel sinedrio. Lo si vorrebbe accusare, servendosi di falsi testimoni. Dinanzi a Gesù nessuna falsa testimonianza potrà mai reggere, neanche se questa fosse il frutto della mente più perversa, cattiva, malvagia, maligna, perfida, diabolica. Le opere di Gesù sono così chiare, evidenti, sante, giuste, perfette che nessuna falsità potrebbe reggere dinanzi alla storia. Cristo Gesù potrà e dovrà essere condannato solo per la verità, ma questa dovrà uscire solo dalla sua bocca.

Qual è la nostra verità di cristiani? E tra i cristiani, qual è la verità del Papa, del Vescovo, del Presbitero, del Diacono, del Cresimato, del Battezzato, dello Sposato, del Catechista, del Professionista, di ogni altro uomo che è divenuto corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito Santo, figlio adottivo di Dio nel suo Figlio Gesù Cristo? Se tutti ed ognuno rendesse testimonianza alla sua verità, con le parole, le opere, l’intera sua vita, il mondo non sarebbe più illuminato da un unico sole, ma da milioni e milioni di soli dalla luce più radiosa e luminosa di galassie di stelle. Purtroppo oggi è proprio la testimonianza alla nostra verità che fa difetto.

Sei tu il Cristo, il figlio del Benedetto?

Triduo Pasquale

TRIDUO PASQUALE

GIOVEDÌ SANTO

Giovedì

29/03/18

Ore

20.30

San Michele e

Santo Stefano

Memoria ULTIMA CENA E ISTITUZIONE DELL’EUCARESTIA

VENERDÌ SANTO

Venerdì

30/03/18

Ore

15.00

Tutte le parrocchie

VIA CRUCIS

Ore

20.30

Madonna dei Prati e San Vito

Memoria PASSIONE DEL SIGNORE

SABATO SANTO

Sabato

31/03/18

Ore

21.00

San Michele

VEGLIA PASQUALE UNITARIA

DOMENICA di PASQUA

Domenica 1/04/18

Secondo l’usuale orario delle messe domenicali

SANTA MESSA DI PASQUA RESURREZIONE DI NOSTRO SIGNORE

LUNEDÌ dell’ANGELO

Lunedì

2/04/18

Ore

9.30

Santo Stefano

Celebrazione dell’Eucarestia

Quaresima V 18/03/2018

Il chicco di grano, icona di una vita che si fa feconda

18 Marzo 2018

Alcuni stranieri chiedono agli apostoli: Vogliamo vedere Gesù. Una richiesta dell’anima eterna dell’uomo che cerca, che arriva fino a noi, sulla bocca di molti, spesso senza parole e ci chiede: Mostrami il tuo Dio, fammi vedere in chi credi davvero. Perché Dio non si dimostra, con alte catechesi o ragionamenti, ma si mostra attraverso mani d’amore e occhi limpidi e attraverso una vita abitata da Lui. Gesù risponde portando gli interlocutori su di un altro piano, oltre il suo volto, proponendo una immagine indimenticabile: Volete capire qualcosa di me? Guardate un chicco di grano. Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. La verità del chicco consiste nella sua storia breve e splendida.
È bellissimo che Gesù adoperi il paragone del seme di frumento: non si tratta di un’allegoria esterna, lontana, separata, ma significa che ciò che Gesù sta dicendo, ciò che con la sua vita sta mostrando è inscritto nelle leggi più profonde della vita. La vita delle creature più semplici risponde alle stesse leggi della nostra vita spirituale: Vangelo e vita sono la stessa cosa, reale e spirituale coincidono. E come il chicco di grano è profezia di pane, così Gesù afferma: anch’io sono un pane per la fame del mondo. Se cerchiamo il centro della piccola parabola del seme, la nostra attenzione è subito attratta dal forte verbo «morire»: Se il chicco non muore… se invece muore… Ma l’accento logico e grammaticale della frase cade invece su due altri verbi, sono loro quelli principali: RIMANERE solo o PRODURRE molto frutto. Il senso della vita di Cristo e quindi di ogni uomo, si gioca sul frutto, sulla fecondità, sulla vita abbondante che lui è venuto a portare (Gv. 10,10). Non è il morire che dà gloria a Dio, ma la vita in pienezza. Fiorire non è un sacrificio. Il germe che spunta dal chicco altro non è che la parte più intima e vitale del seme; non uno che si sacrifica per l’altro, ma l’uno che si trasforma nell’altro; non perdita ma incremento. Seme e germe non sono due entità diverse, ma la tessa cosa: muore una forma ma per rinascere in una forma più piena ed evoluta. In una logica pasquale.

La seconda immagine che Gesù offre di sé, oltre al chicco, è la croce: Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me. Io sono cristiano per attrazione, sedotto dalla bellezza dell’amore di Cristo. La suprema bellezza del mondo è quella accaduta sulla collina fuori Gerusalemme, quando l’infinito amore si lascia inchiodare in quel niente di legno e di terra che basta per morire. E poi risorgere, germe di vita immortale. Perché ciò che si oppone alla morte non è la vita, è l’amore.

Lettera augurio Pasquale

PASQUA DI RISURREZIONE
“Cristo è risorto, sì è veramente risorto”


Anche quest’anno risuona l’annuncio di Pasqua: “Cristo è risorto”.
Questo annuncio ci raggiunge là dove siamo, in qualsiasi situazione ci troviamo. Non c’è realtà umana che non possa essere illuminata dalla luce che emana dalla risurrezione di Cristo.
La realtà che per eccellenza rappresenta il limite più grande dell’uomo, la morte, è stata vinta, Cristo è risorto.
Per questo il cristiano può camminare nella notte… della fatica, del dubbio, della sofferenza, del fallimento…, con la speranza nel cuore. La fede nella Risurrezione non risparmia il credente dalle fatiche che accomunano ogni uomo che vive sulla faccia della terra, ma offre la possibilità di dare senso, di sperare, nonostante ciò che siamo e ciò che viviamo.

“Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.” (Gv.20,1)

Come ogni uomo, il cristiano fa esperienza che la vita gli sfugge dalle mani, non può controllarla, né viverla sempre come vorrebbe e spesso si trova a vivere situazione che probabilmente non avrebbe mai scelto. Ma il cristiano sa, che la vita può sfuggirgli dalle mani come sabbia, o come semente. E ogni seme, a differenza della sabbia, ha in sé la potenzialità di una nuova vita.
Come i primi cristiani anche noi, augurandoci la buona Pasqua, confermiamoci a vicenda nella risurrezione di Gesù: “Cristo è risorto” diceva il primo augurante, “sì è veramente risorto” rispondeva il secondo. La Risurrezione ci interpella anche come comunità, non è solo una questione privata. Se l’indifferenza, la mancanza di fede diventano un ostacolo, la fede di ognuno invece, diventa un sostegno, un aiuto per l’altro e fa crescere la comunità.

Buona Pasqua di Risurrezione
d. Giampaolo e d. Sergio

 

 

Quaresima IV 11/03/2018

Ognuno di noi è il figlio prediletto del Padre

11 Marzo 2018

Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, punto sorgivo e perno attorno al quale danza la storia di Dio con l’uomo. Dio ha amato, un passato che perdura e fiorisce nell’oggi, verità che assorbe ogni cosa: tutta la storia biblica inizia con un “sei amato” e termina con un “amerai” (P. Beauchamp). È la lieta notizia da ripeterci ad ogni risveglio, ad ogni difficoltà, ad ogni sfiducia. Il nucleo incandescente del Vangelo è la bellezza dell’amore di Dio (E.G. 36) che Gesù ha mostrato, vissuto, donato. È questo il fuoco che deve entrare in noi, la cosa più bella, più grande, più attraente, più necessaria, più convincente e radiosa (E.G. 35). Tanto da dare suo Figlio.

Nel Vangelo “amare” si traduce sempre con un altro verbo, umile, breve, di mani e non di emozioni: “dare”. Dio altro non fa’ che eternamente considerare ogni uomo più importante di se stesso. «Il mondo sappia che li hai amati come hai amato me» (Gv 17,23), il Padre ama me come ha amato Cristo, con la stessa passione, la stessa fiducia, la stessa gioia, con in più tutte le delusioni che io so procurargli. Ognuno è il figlio prediletto di Dio. Cristo, venuto dal Padre come intenzione di bene, nella vita datore di vita, ci chiama ad escludere dall’immagine che abbiamo di Lui, a escludere per sempre, qualsiasi intenzione punitiva, qualsiasi paura.

L’amore non fa mai paura. E non solo l’uomo, è il mondo intero che è amato, dice Gesù, la creazione tutta. E se Egli ha amato il mondo e la sua bellezza fragile, allora anche tu amerai il creato come te stesso, lo amerai come il prossimo tuo. Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato. A Dio non interessa istruire processi contro di noi. La vita degli amati non è a misura di tribunale, ma a misura di fioritura e di abbraccio. Dio ha tanto amato e noi come lui: quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di Dio, spalanca una finestra sull’infinito. Dio ha tanto amato e noi come Lui: ci impegniamo non per salvare il mondo, l’ha già salvato Lui, ma per amarlo; non per convertire le persone, lo farà Lui, ma per amarle. Se non c’è amore, non c’è più il ponte che ricollega la terra al cielo, il motore che fa ripartire la storia, una storia con sapore di Dio.

Quaresima III 04/03/2018

L’AMORE BRUCIA E PURIFICA DENTRO E FUORI

4 Marzo 2018

L’uomo al massimo può trasmettere la vita, ma non dare la vita. Quando a Gesù chiedono di dove proviene la sua autorità, Egli risponde esattamente il contrario di come avrebbe risposto ogni altro essere creato. Nessuno per quanto imperatore e potente, ha mai benché minimamente avuto nemmeno per un secondo il potere di dare la vita a qualcun altro, ma solo il potere di dare la morte.

Gesù risponde come solo Dio può fare:” Voi distruggete il tempio, io lo rifarò risorgere”

Il tempio non è una costruzione, è il luogo sacro dell’incontro rigenerante del morire dell’uomo con il vivere di Dio.

La risurrezione di Gesù non libera solo dalla morte ma libera dalle peggiori delle morti, quella più subdola, invisibile, non conosciuta e non pianta: il morire dentro, il morire del cuore, la necrosi della fede e della gioia.

Gesù caccia a frustate il morire dell’anima, sfacciatamente perpetrato e commesso nel cuore del tempio. Ecco il perché della dura reazione di Gesù, solo Lui sapeva esattamente cosa stava cacciando con quella frusta, quel giorno, nel cuore del tempio.