SIGNORE, NOI SAPPIAMO CHE SEI AL NOSTRO FIANCO!
Dopo che Gesù ci ha parlato chiaramente – come a suoi discepoli – della croce, la liturgia torna a provocarci con la proposta della semplicità e del servizio.
Gesù parla di dare la vita, annuncia la sua resurrezione e i suoi discepoli che fanno? Si preoccupano di chi sia il più grande fra loro. Gesù, ascolta, pazienta, li chiama vicini, si siede e spiega loro il suo progetto: “Se uno vuol essere primo sia il servitore di tutti”.
Il verbo servire contiene l’idea di non sentirsi mai arrivati, di darsi da fare per imparare, per ascoltare, apprendere e crescere.
La nostra inclinazione è comandare, accumulare, possedere, non certo essere servi, senza condizioni, senza limiti di famiglia, di gruppo, di chi lo meriti o non lo meriti.
Gesù va oltre, prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e svela il segreto della felicità: diventare come bambini che vivono solo perché sono amati.
Nella scala sociale del tempo di Gesù i bambini erano gli ultimi, i senza diritti civili e religiosi. Nella logica del Vangelo il più grande è chi sa accogliere gli ultimi.
“Chi accoglie uno solo di questi bambini accoglie me; chi accoglie me non accoglie me ma Colui che mi ha mandato!”. Gesù sembra dire ai suoi: al centro mettete sempre l’amore, sapendo convertire la propria vita dalla logica del successo, della potenza e della ricchezza, alla “sapienza” del dono gratuito e disinteressato.
“Signore Gesù… i nostri cuori sono vuoti; riempili con la tua presenza divina e saranno tuoi per sempre”. (Sant’Agostino)