L’ODORE DELLE PECORE

25 Aprile 2021

Nel vangelo di questa domenica spicca l’immagine del pastore.
E’ un’immagine che appartiene più al passato e ad altre culture.
Oggi, sempre più raramente, ci si incontra con un gregge di pecore guidato dal pastore; rimane però un’immagine suggestiva, di ordine, di ascolto.
Oggi Gesù afferma: “Io sono il buon pastore e le mie pecore conoscono me” (Gv 10,14).
Non è sufficiente, anche se è cosa buona, che un parroco conosca i suoi fedeli. Conoscere una persona implica soprattutto una dimensione affettiva. Vi è amore quando il sacerdote ha una relazione d’amore con le persone, quando si mette in ascolto dei fedeli, quando si lascia nutrire da quanti è chiamato a guidare.
I credenti sono ricchi di esperienze, di intuizioni, di desideri spesso non valorizzati. Tante persone ( tra cui Oscar Romero e Tonino Bello) sono cresciuti dentro e a contatto con il popolo, con le loro difficoltà, emarginazioni sociali, esperienze di vita.
Anche Gesù è cresciuto ascoltando voci umane, necessità, difficoltà della gente. Compito del sacerdote è lasciarsi stimolare, arricchire dalle “voci che vengono dal basso”. Sono tante le circostanze che piombano addosso ad ogni uomo. Sono circostanze conflittuali, dolorose, che fanno vacillare i legami umani dell’amicizia e dell’affetto.
Gesù, il Buon Pastore, non fugge di fronte a tali avversità perché qualcosa vale più della vita: il suo legame con Dio e quello con i fratelli. E’ dunque importante coltivare un legame affettivo con il gregge. Questo è il senso dell’invito di Papa Francesco ad avere “L’odore delle pecore”.
Un pastore è autorevole quando cammina davanti, quando guida il popolo verso il futuro.
Noi, popolo di Dio, abbiamo bisogno di un pastore? Lo vogliamo? Lo desideriamo o preferiamo farne a meno? In fondo tutti siamo chiamati ad essere pastori: dei coniugi, dei figli, degli amici.