IO SONO LA VITE, VOI I TRALCI” (Gv. 15,5)

2 Maggio 2021

Dalla Pasqua che abbiamo vissuto nasce la Chiesa, la comunità di Gesù. Come sempre Gesù è preoccupato che gli ascoltatori della sua Parola comprendano quello che vuol comunicare.
Così, dopo essersi servito di un gesto come la lavanda dei piedi, torna a parlare in parabole dicendo: “io sono la vite, voi i tralci”.
Il Padre è il principale attore protagonista e quello che avviene è opera sua. Tra le operazioni dei vignaioli una delle principali è potare le viti, tagliando i tralci infruttuosi.
Il Padre, l’agricoltore, brucia i tralci che non servono più a nulla e “pota” il tralcio che rimane attaccato alla vite “ perché porti più frutto”.
Solo quando un tralcio è ben inserito nella vite può ricevere la linfa e può fruttificare. Già nel profeta Isaia leggiamo dell’”amore e della curache Dio ha per la sua vigna “Io ne sono il guardiano, a ogni istante la irrigo…, ne ho cura notte e giorno” (Is 27,2-3).
Rimanere in Gesù, essere suoi tralci, vuol dire fargli spazio nella nostra vita, dargli tempo, vivere per lui.
Stiamo vivendo questo periodo di pandemia come qualcosa di faticoso, di imprevisto e poco gradevole. E’ la nostra fatica di vivere.
Gesù, per primo, è passato per la dura strada della croce. Se vogliamo rimanere uniti a Gesù possiamo utilizzare degli strumenti privilegiati: L’Eucaristia, la Parola di Dio, accolta e meditata, l’incontro con la Comunità.
Lo scrittore Pontiggia, in un suo libro, racconta del rapporto di un padre con il figlio portatore di handicap, relazione costellata da gioie e grandi tormenti. Il padre confessa: “sulla preghiera ho cambiato idea, come sulla guarigione. Forse preghiera e guarigione convergono, la preghiera è guarigione: non dal male ma dalla disperazione”.
Altrettanto potrebbero dirlo le mamme preoccupate per i figli, papà senza lavoro, anziani che temono la solitudine e la vecchiaia.
Dio rimane sempre la grande speranza dell’uomo, qualsiasi cosa capiti nella sua vita.